I capitoli di
questa sezione:
UN GIORNO DA PRINCIPE
GLI ALLIEVI SCRIVONO DEL MAESTRO
RECITA OTTAVIO...
TEATRODAMARE... SI RECITA IN COSTUME
UN GIORNO DA PRINCIPE
Il 20 giugno 2011 al Teatro dell'Istituto Suore "San Giuseppe" di Acerra (Na) debutta "Un giorno da principe, ovvero... 'E principe sò piezze 'e core", farsa in un atto scritta e diretta da Ottavio per il saggio finale del Laboratorio Teatrale a Menti Unificate (15 novembre - 18 giugno 2011).
Ad un giorno dal debutto Ottavio scrive una lettera pubblica ai suoi allievi:
Carissimi Ragazzi del Laboratorio Teatrale a Menti Unificate, quest’anno abbiamo lavorato veramente tanto. Siamo riusciti in solo sette mesi a fare un “riassunto” del mondo del Teatro, un mondo ancora tutto da scoprire per molti di voi, fatto di sacrifici, di amore, di passione e di completa dedizione. Siamo partiti conoscendoci, parlando della nostra vita, interrogandoci. Ho messo a vostra disposizione la mia esperienza e ciò che in tanti anni maestri (ed anche allievi) mi hanno insegnato, a volte con dolcezza, altre volte con metodi molto duri e severi. Alcune volte sono stato io bravo a rubare. Anzi, in teatro più si ruba dai “grandi” e dai nostri colleghi e più si riesce ad essere dei buoni attori, disponibili al gioco teatrale che il pubblico percepisce con facilità, anche il pubblico non abituato ed educato alla cultura teatrale.
Ho voluto dedicare questi mesi di lezioni e di prove ad Edmund Kean. Molti che conoscono la sua storia trovano delle affinità con la mia. Penso di avere una sola cosa realmente in comune con Kean: l’amore e il rispetto per il Teatro, un amore ai limiti della follia. Spesso ho ripetuto le sue parole durante il corso.
In questi sette mesi abbiamo prodotto un album di poesie. Sicuramente non tutte le scuole di Teatro, le Accademie, i Laboratori, oltre alla realizzazione di un saggio finale, pongono tra gli obbiettivi la produzione di un disco. Io invece ho insistito tanto per questo lavoro, lo amo. Ancora non è pronto, manca qualche “voce” ancora da registrare negli studi del maestro Pietro Lanza Peluso e alcune composizioni musicali che si potranno ascoltare tra un verso e l’altro. Il tutto sarà pronto per le prossime settimane. Sarà mia premura consegnarvi il cd. Abbiamo quasi tutto: i libretti interni in cui sono citati i vostri nomi, i Bollini della Siae, etc. Molto probabilmente del cd faremo anche una presentazione in una scuola della Campania. Siete invitati.
L’album di poesie è stato un “regalo” che ho voluto fare a tutti voi, ma che è “servito” soprattutto a me. Ho fatto diventare tutti voi poeti e durante i corsi, abbiamo analizzato ogni opera, verso per verso, riuscendo a colorare di sentimenti tutte le parole…
Durante il corso abbiamo citato Cechov, Gassman, De Filippo, Fo e Shakespeare. Ci siamo divertiti con alcuni degli esercizi tipici degli attori. Il tempo è sempre poco. Non bastano due ore a settimana in sette mesi per formare un attore. Ci vuole tanto. E a recitare si impara recitando. Ho idee per prossimi corsi che saranno ancora diversi. Partiremo leggendo il copione, quasi da un “saggio” e finiremo conoscendoci e facendo gli esercizi di tecnica vocale e respirazione e studiando quella “storia del teatro” che all’attore serve sempre perché la cultura è fondamentale. Oggi come da sempre, tutti possono diventare attori… L’attore è un mestiere troppo sottovalutato e la colpa, come un collega mi scrisse, è anche degli stessi attori. Forse è vero… ma qui si entra in discorsi che per ora non vi interessano… prossimamente poi, se volete e per conoscenza, ne parleremo!
Per “Un giorno da principe” vi ripeto che ognuno è responsabile di se stesso. Io, quest’anno, ho fatto il “maestro” e non il regista. Chi ha già recitato con me e mi ha visto alle prove generali della commedia, si sarà sicuramente accorto che tenevo più a spiegarvi il “perché” di un movimento che dittatorialmente imporlo perché “in teatro si fa così e basta!”. Io lo so perché un movimento si fa così e non in un altro modo, ma lo devo spiegare. Ecco l’utilità della scuola di Teatro, cose che molti ancora non hanno capito. Un corso di recitazione formato da allievi di varie età non è una compagnia teatrale e il regista di una compagnia teatrale non può trattare gli allievi come degli attori e se sbagliano dare consigli senza fondamento come “Urla e fai sentire la voce” oppure “Se parli con lui non ti girare”. Il maestro deve spiegare, deve alimentare anche la curiosità dei suoi allievi. Io ho fatto questo e sento di aver dato qualcosa ad ognuno di voi… adesso, resta da condividere il palcoscenico… per pochi minuti sarò un attore, allievo di me stesso… saprò, volendo, essere severo! Soprattutto con me! … Vi voglio bene ragazzi!
E' la prima volta che Ottavio scrive una farsa ed è la prima volta che scrive un testo esclusivamente per gli allievi di un suo laboratorio o corso di recitazione. La storia è semplice ma affronta la differenza delle classi sociali.
Un giovane narratore (Luca Mozzillo) introduce la storia: "Questa potrebbe essere una storia vera, ma non lo è ... è più bello restare nel dubbio ... è una storia che parla di un principe, anzi di due principi, ma non è la solita favoletta, il paese non è immaginario ma sicuramente è fantastico". Il paese "fantastico" è Napoli e i due principi sono due persone completamente diverse. Abbiamo Emanuele De Cofis (Francesco Quintile), giovane rampollo di una grande casata e Antonio Esposito (Ottavio Buonomo), giovane ragazzo di pasticceria con moglie e sei figli.
Un giorno, Domenico De Cofis (Salvatore Esposito), l'anziano padre di Emanuele, confida al figlio che in gioventù ha tradito sua madre, la principessa dalla quale ha divorziato, con Brigida, una giovane sartina dei teatri napoletani. Dalla relazione clandestina nasce Antonio. Domenico ha sempre rinnegato la paternità del piccolo, ma dopo trent'anni, in occasione di una festa ufficiale della famiglia De Cofis (il fidanzamento del giovane Emanuele), è pronto a riparare e riconoscere Antonio, suo figlio naturale e quindi eleggerlo effettivamente a principe qual è. Domenico incarica Emanuele di ricevere il giovane Antonio e di spiegargli tutta la storia. Antonio viene ricevuto in casa per una "consegna", infatti gli sono stati ordinati dieci chili di sfogliatelle.
Antonio però non è il "principe" che Emanuele si aspetta. E' un "uomo del popolo", apparentemente rozzo e volgare, ma che poi si scoprirà essere pieno di umanità, intelligente e a modo suo dolcissimo. Antonio, venuto a conoscenza di tutto, subito si insedia e fa da padrone in casa De Cofis e assicura i "nuovi parenti" della sua presenza al fidanzamento ufficiale di Emanuele con Valerina (Chiara Di Nardo). Antonio però ha anche una famiglia formata da Antonella (Noemi Pirone), la primogenita Ritella (Carla Puzone), Sisinella (Claudia Volpe), Pasqualino (Alessio Colombrino), Maittiello (Andrea Bianco), Gigino (Luca Farucci) e Teresina (Lucia Ragusa). Tutta la famiglia si autoinviterà alla festa.
I nuovi parenti non sono ben accolti da Valerina e dalla sua famiglia, compresa la stramba sorella Valentina (Candida Quintile) e con i loro modi e le loro parole riusciranno a far saltare il fidanzamento di Emanuele e ad allontanare tutti gli amici di Casa De Cofis come le duchessine De Casilli (Rosanna Ventura e Felicia Di Buono) e le signore Zocchini (Maria Aprile e Carmela Esposito).
La vicenda che sembra solo un pretesto per far ridere il pubblico, in realtà è una grande metafora che si snoda di scena in scena. Un accusa di Ottavio al mondo dell' apparenza, alle persone con la classica "puzza sotto il naso", agli snob, alle persone che vivono una vita di formalità e di incontri ufficiali. I sentimenti più nobili sono quelli che prova la "gente semplice". Anche i nobili hanno un cuore, ma prima di arrivare al cuore, ci son tanti costosissimi vestiti da togliere.
Abbiamo diversi spunti molti interessanti in una commedia nata per essere il "riassunto del laboratorio teatrale", ma che non va intesa come un'opera minore dell'Ottavio autore, ma tutt'altro. Il testo non è facile, si passa da lunghissime battute pronunciate nelle prime scene a battute brevissime e molto divertenti. Il copione è scritto per metà in italiano e per metà in napoletano ed Ottavio è bravo a far sembrare le due "lingue" una sola e a farne di questa unica lingua tante lingue, una per ogni personaggio.
Analizzando diversi momenti dell'opera potremo comprendere meglio la freschezza di una bella storia raccontata con stile, approfondendo alcune azioni e battute dei protagonisti:
Molti personaggi sono caricature feroci di figure degli "alti ceti". La duchessina Ludovica De Casilli, per esempio, non fa altro che ripetere la stesse parole di Rosina, la sua sorella maggiore. Ottavio in questo lavoro gioca molto con l'estetica: Ludovica indossa un vestito lungo e stretto da farla sembrare un tubo, in netta contrapposizione con la sorella maggiore, che quasi tutto lo spettacolo starà seduta in una posizione scomodissima; le signore Zocchini, una mamma ed una figlia interessate solo al denaro di Emanuele e che cercano a tutti i costi di imparentarsi con i De Cofis sono abbigliate in verde, perché il termine "Zocchini" viene spesso confuso in "Zucchini" e le zucchine sono verdi; la cameriera Margherita, tonta e impicciona, non fa altro che ripetere sempre "Che chic!"; quasi come se stesse assistendo ad un film; Margherita per ben quattro volte viene scaraventata in faccia al muro dagli invitati della festa di Casa De Cofis, un'altra metafora molto fine: chi ha i soldi, il potere o un titolo del "povero" può farne ciò che vuole.
Nel finale, Emanuele mette fuori casa Antonio diplomaticamente, accennando anche ad un "sussidio mensile", a cui però Antonio, mettendo da parte l'orgoglio, non rinuncia. Ecco forse il punto più alto e più amaro della commedia. Si poteva pensare ad un Antonio eroe, un vero signore che per mortificare di più l'azione del fratello ricco, riusciva a rifiutare l'offerta. Antonio però conosce la fame e la miseria e le condizioni finanziare non gli permettono di "fare il signore". Antonio non si sente offeso dall'offerta di Emanuele che comunque crede giusta. La sua logica gli impone di pensare "Lui ha i soldi. Io non ho i soldi. Me li offre. Me li prendo".
Emanuele specifica ad Antonio che avere lo stesso sangue non significa avere le stesse idee, parlare la stessa lingua o vedere nella stessa direzione. Ed in effetti i due sono legati da un rapporto di sangue, ma sono diversissimi. Emanuele, volutamente, ride pochissimo nella storia, mentre Antonio, quasi dimenticando i problemi che vive, si perde nella fatalità e si diverte nei panni di un principe. Antonio sa di non poter competere con Emanuele ed invece che sentirsi inferiore, glielo fa pesare. E' Emanuele che non riesce a stare dietro ad Antonio che subito si abitua alla nuova "vita nobiliare".
Un caso a parte è il personaggio di Don Pietruccio, il datore di lavoro di Antonio, interpretato da Espedito Piscopo. Si presenta alla festa di fidanzamento di Emanuele e Valerina con la canottiera (rigorosamente sporca di cioccolata), coperta da una giacca e una cravatta (senza il nodo) perché, secondo la sua logica, quando si va ad una festa l'importante è arrivare in giacca a cravatta. Un'altra grande metafora. Sotto indumenti eleganti, la sporcizia, una visibile sporcizia. In questo caso, la sporcizia è paragonabile ad un razzismo che ancora oggi vive tra diverse classi sociali. E per Don Pietruccio, Ottavio scrive battute mischiando dialetti di vari paesi della provincia napoletana. Quasi tutte le parole sono caratterizzate dall'uso spropositato della vocale "O", ed in molti casi assumono un altro significato, talvolta dispregiativo nei confronti del personaggio al quale viene rivolta la battuta. Per esempio il termine "Cioccolata" diventa "Ciucculota". Sembra una parola composta che termina in "lota". La "lota" a Napoli è il fango, termine indicato per offendere aspramente una persona.
Ambrogio è il maggiordomo di Casa De Cofis (interpretato da Andrea Di Nardo). E' il personaggio-chiave dell'opera. E' la persona della quale tutti i De Cofis si fidano, sia per la discrezione che per la serietà che mostra nel lavoro e nei rapporti. Parla poco e lavora tanto. In casa De Cofis si dice "lavora sempre perché è milanese e a Milano c'è un'altra idea del lavoro". Si gioca sul luogo comune che vuole i milanesi grandi lavoratori, al contrario dei napoletani. Ottavio ci gioca con classe. Ambrogio sembra essere l'unica vera certezza di Casa De Cofis fino a quando si scopre che Ambrogio è napoletano, e non solo, ma conosce benissimo le sceneggiate tanto amate da Antonio Esposito che spesso ne cita canzoni e battute. Quindi si gioca su un altro luogo comune: il Napoletano vive di canzoni e sceneggiate.
Ma la più grande sceneggiata, in questa opera, è quella messa in piedi proprio dalla famiglia De Cofis e soprattutto da Emanuele che prima accoglie il fratello come principe, poi alla festa di fidanzamento lo fa passare per poeta spagnolo e poi, nel finale, lo abbandona facendogli la carità. Anche Domenico De Cofis, all'apparenza un uomo buono ed un simpatico nonno, quando si accorge di aver creato scompiglio nella vita sentimentale di Emanuele e Valerina con l'arrivo di Antonio, invece che interessarsi alla cosa ed assumersi le responsabilità del caso, lascia tutto in mano ad Emanuele al quale spetta il compito, comunque difficile, di mettere alla porta Antonio.
Ci sono diverse "citazioni" nell'opera. La più forte e comprensibile è "Antonio m'è padre a me" (invece che "Vincenzo m'è padre a me") pronunciata dal giovane Pasqualino, figlio di Antonio Esposito. E' una citazione di "Miseria e nobiltà" e Ottavio impone ad Alessio Colombrino, il bambino che interpreta Pasqualino, di recitarla con la stessa cadenza usata da Giovanni Melidoni, l'attore che interpretava Peppeniello nel film di Mario Mattoli del 1954 tratto dalla commedia di Eduardo Scarpetta.
GLI ALLIEVI SCRIVONO DEL MAESTRO
Salvatore Esposito ci racconta l'esperienza vissuta con Ottavio durante il "Laboratorio Teatrale a Menti Unificate" e il debutto de "Un giorno da Principe" (in cui interpreta Domenico De Cofis):
Ho cominciato a fare teatro sei anni fa, mi è sempre piaciuto è una passione condivisa in famiglia, e non so perché non l’ho fatto prima, forse per mancanza di tempo o per la convinzione di non esserne capace. A un certo punto però pensi che ogni esperienza non fatta è un’esperienza persa e la cosa più drammatica che mi poteva capitare era che qualcuno mi dicesse che non ero idoneo, pazienza sarei tornato a giocare a calcetto.
La prima esperienza in una neonata compagnia riguardava una particina di una commedia di Peppino De Filippo, io neoattore aprivo la scena e l’emozione provata fu veramente indescrivibile. Pochi istanti prima di entrare ti batte forte il cuore, la salivazione è completamente azzerata e sei li li per rinunciare, poi fai un bel respiro e ti butti, cominci a tremare, a balbettare fino a quando la magia del teatro prende vita e non vorresti più scendere per saziare fino in fondo il tuo sano egocentrismo. Dall’anno dopo mi affidano subito parti da protagonista, chissà se per una mia reale capacità o per mancanza di meglio, ma a parte gli scherzi e una falsa modestia mal celata credo di avere una certa predisposizione e da buon napoletano dei tempi comici connaturati.
Ero chiaramente felice e soddisfatto. Gli anni passano e noto un miglioramento costante sia mio che del gruppo. Sento però che mi manca qualcosa. In effetti sono un’autodidatta e come me tutti i componenti della compagnia, sono però curioso ed ambizioso anche se riguarda solo una passione e per crescere devo per forza confrontarmi con altre realtà.
Arriviamo cosi all’estate del 2010 ed un mio caro amico appassionato e critico teatrale mi dice che ad Acerra, città in cui vivo, c’è un giovane attore che sta per cominciare un corso di teatro. Ora, siccome io credo che il destino per metà è scritto e per metà te lo scrivi, penso sia l’occasione che aspettavo, prendo le informazioni che mi servono e mi preparo per il primo incontro.
Me lo ricordo benissimo, era un sabato di novembre e come nel più classico dei racconti pioveva e faceva freddo. Uscii di casa non sapendo bene dove andare, anche perché ad Acerra ci abito ma non l’ho mai vissuta veramente. Cominciai a vagare nei pressi dell’indirizzo che mi avevano dato. Dopo un quarto d’ora di avanti e indietro stavo per rinunciare, quando, come se qualcuno volesse indicarmi la strada: vedo un coppia che parcheggia l’auto e si avvia verso un vicoletto buio, potevano andare in qualsiasi posto ma io sentivo che condividevano la mia stessa meta.
Entrai nel vicoletto e parcheggio, c’avevo visto giusto. Ad aspettarmi c’era Ottavio con un gruppo di ragazzi. Mi resi subito conto che fra di loro si conoscevano bene o male tutti ed io ero l’unica vera new entry. Inizialmente provi una strana sensazione, ti senti di troppo, fuori luogo e non sai come il gruppo ti accoglierà. Ma da subito fui messo a mio agio come solo chi condivide con purezza una forma d’arte sa fare.
Da quel giorno cominciò la mia avventura nel Laboratorio Teatrale a Menti Unificate diretto da Ottavio Buonomo e dedicato ad Edmund Kean. Avevamo appuntamento tutti i lunedì ed inizialmente confesso che feci non pochi sacrifici per non mancare, avendo comunque ancora l’impegno con la mia compagnia.
Sentir parlare Ottavio è però un piacere, si vede che vive di teatro ma nel senso più aulico del termine, ha una cultura che spazia dalla macchietta napoletana, passando per Shakespeare e la tragedia greca. Troppi s’improvvisano senza una preparazione culturale adeguata convinti che fare teatro significhi salire su un palco e provare, magari ridicolizzando, a ripetere le battute di un copione del quale probabilmente non ne capiscono neanche il senso. Ottavio è anche autore e si vede che nei suoi lavori, persino quelli più leggeri, ci sono tutti i crismi di chi ha studiato con passione e dedizione il teatro e tutte le sue varianti.
Le settimane passano e gli appuntamenti diventano sempre più interessanti, anche perché comincio a conoscere tutti i componenti del gruppo: persone straordinarie, e come in tutti i rapporti a qualcuno ti leghi di più. Tutti i giorni della settimana diventavano un countdown verso il lunedì, giorno in cui tutti i partecipanti del laboratorio decidono di abbandonare la quotidianità per spogliarsi delle loro emozioni e condividerle con gli altri, perché alla fine questo ho capito essere un corso di teatro, o meglio il corso di teatro fatto con Ottavio, dove sì la tecnica vocale, i movimenti e le posizioni sono importanti, ma lo è di più il percorso umano che ognuno di noi riesce a fare. Non a caso legata al corso c’è stata l’incisione di un disco di poesie, alcune di Ottavio e recitate da noi, altre scritte da noi e recitate da Ottavio, che ha acceso dentro di me un’altra scintilla, la passione per la scrittura, cosa che fino a qualche mese fa non pensavo di avere.
A conclusione del corso c’è stata la rappresentazione della farsa “Un giorno da principe” in cui mi sono confrontato con un personaggio differente da quelli interpretati fino a quel momento. E' stato più faticoso ma più divertente e soddisfacente provare a modificare voce e postura per rendere credibile il personaggio.
Anche in questo Ottavio è stato coraggioso: per il saggio finale del Laboratorio poteva dare “monologhetti” o sketch di due o massimo tre interpreti e invece no, abbiamo messo su una commedia vera e propria con scene che comprendevano l’intero cast compresi cinque bambini sotto i dieci anni. ... Credo di aver imparato più di quanto mi aspettassi e di aver ricevuto più di quanto abbia dato. (scritto raccolto il 1 luglio 2011).
RECITA OTTAVIO...
Il 21 giugno 2011, all'Hotel Delle Terme di Napoli (zona Agnano), Ottavio è presentatore e attore per la settima edizione del Concorso Letterario "Calliope, Prosa e poesia - Le isole si accendono", iniziativa organizzata dal Coordinamento CRAL Campania in collaborazione con il Comune di Pozzuoli, l'Associazione Novartis, la Napoletanagas, e la RAI di Napoli. Ospite Claudio Serao e Agata. Ottavio legge alcune delle opere premiate.
Dal 9 luglio 2011 torna in teatro con le repliche di "Mettiteve a 'ffà l'ammore 'cu 'mme" di Scarpetta, partendo dal Teatro San Francesco di Scafati (Sa).
Per tutta l'estate gira le piazze con Manuela Lettieri portando in giro "I divorziati". Il divertente spettacolo riscuote molto successo soprattutto per le cerimonie private come matrimoni, prime comunioni e compleanni. Tra la partecipazione di luglio e agosto si ricorda anche quella per la XXIII Edizione della Sagra degli Gnocchi a San Felice a Cancello (viene organizzata una rassegna di comici con spettacolo finale di Simone Schettino).
Il 15 agosto è protagonista al Villaggio Santo Stefano di San Mango sul Calore (Avellino) di "Ferragosto con Ottavio Buonomo", un one man show che raduna moltissimi villeggianti. Accanto ad Ottavio troviamo in alcuni sketch l'amico e collega Angelo Imperatore.
TEATRODAMARE... SI RECITA IN COSTUME!
A pochi giorni dallo stage, Ottavio in una intervista pubblicata sul suo sito web e su Facebook spiega: “E’ un viaggio nel Teatro Comico Italiano, in particolar modo andremo “alla scoperta” di sketch di rivista e avanspettacolo. Per esempio parleremo di attori noti e meno noti, di miti come Totò e studieremo i testi che furono portati in scena negli anni Trenta e Quaranta dal grande comico. Cercheremo di portare in scena una versione riadattata de “La visita” che ho scritto io e due sketch abbastanza famosi. Capiremo anche cosa significa “recitare a soggetto”, come molte volte indicato sui copioni del teatro di rivista. Studieremo monologhi, le macchiette classiche napoletane e cercheremo anche di toccare vari argomenti che riguardano il mondo del teatro. Ricordo però che far ridere è un’arte che va oltre la recitazione. Noi cercheremo di fare un bel riassunto sperando di regalare nozioni interessanti. Il posto scelto poi è meraviglioso… faremo teatro in spiaggia, poi ci buttiamo in palestra e ci divertiremo in piazza”.
Ottavio già dal primo giorno comincia a leggere i copioni sotto gli ombrelloni della "Chiaia di Forio". Tra un caffè e l'altro, con i piedi e i polpacci in acqua e con corpi sporchi di sabbia bagnata parla di Totò, delle macchiette classiche napoletane, fa leggere sketch. Molti turisti incuriositi scattano fotografie e realizzano brevi filmati, spesso si fermano a parlare con Ottavio. Fa uno strano effetto vedere l'artista con un costume che arriva al ginocchio (bagnato dal mare) interpretare il dottor Occhiodifalco de "La visita" oppure ripercorrere le tappe più importanti del varietà italiano, ricreando attraverso aneddoti, voci, ricordi e testi atmosfere che appartengono ad un passato che ha molto da insegnare ai giovani d'oggi.
Allo stage partecipano persone di tutte le età e culmina il 24 agosto con un grande spettacolo in una gremita Piazza Municio a Forio d'Ischia. Ottavio in quasi quattro ore alterna "lezioni pubbliche di teatro" (dilata quasi di un'ora uno sketch di varietà interrompendolo spesso ma senza mai annoiare) a momenti di spettacolo proposti attraverso monologhi divertentissimi e macchiette. Il pubblico applaude, si entusiasma e loda la bellissima iniziativa che solo ad artisti come Ottavio Buonomo, sempre pronti all'innovazione e a giocare con grande e vera professionalità con un mestiere straordinario, è permesso.