UDINE

Il 19 novembre 2004 ho lasciato il mio paese, Acerra, per dirigermi a Udine, grazie al treno, dopo dieci ore ho raggiunto la tanto sospirata città friulana. Cosa mia spettavo da questa città ?! ... Non di certo il vento che c'era quando alle cinque e mezza scesi alla stazione, un vento che cominciò ad alzarsi dal basso Veneto. Partivo dal mio paese, quasi fuggivo, e non sapevo ancora cosa facessi su quel treno, cosa facessi in quella stazione, cosa ne potevo fare e ne faccio dei miei sentimenti e della mia vita. Ad aspettarmi alla stazione c'era Paolo, che insieme con una sola altra persona, è il mio affetto più stretto e intimo, per raccontare la mia vita ad esempio, avrei bisogno di Paolo, forse lui conosce più di me perchè ogni giorno mi chiede quello che faccio, dove vado, cosa studio e cosa vorrei studiare. Paolo mi aspettava alla Stazione, e io con i miei pesanti bagagli scesi nel vento e nella sera, quasi come un emigrante che lascia definitivamente la sua terra, stacca le radici e va ovunque, oltre, dove non c'è niente che gli ricordi il suo passato. L'incontro con Paolo fu degno di un film comico, un incontro che a Totò sarebbe servito per uno sketch, neanche a dirlo, la prima cosa che mi disse Paolo fu "Questa faccia non mi è nuova". Quella faccia, c'è poco da immaginare o da scoprire, era la mia. Molto più dimagrita dall'ultima volta che ci siamo visti (era maggio, in occasione di un raduno di ammiratori e fans di Mina).

 

Ottavio al Castello di Udine

 

Ci incamminammo verso lo spiazzale dove abbiamo preso un taxi, e ci siamo diretti verso la casa di Paolo, sita in una delle tante fogliate e frastagliate traverse di Viale Venezia, quel corso tanto lungo eppure breve, neanche per camminarci e già ti ritrovavi alle prese con il centro della città. Arriviamo a casa di Paolo. Io ancora non sapevo orientarmi, dopo due giorni conoscevo magari tutta Udine, il cinema Odeon, Piazza della Libertà, la Galleria, le librerie, i negozi, i palazzi, le traverse e i bar, ma non conoscevo la casa di Paolo. Eppure sembrava che in quella casa io c'abitassi da sempre, ogni cosa era come la volevo, la mia stanzetta era molto accogliente. La prima cosa che feci, posai il mio cappotto verde su di una sedia che dormiva vicino alla finestra della mia stanza, e sul comodino posai la fotografia di quella che era la mia ragazza (poi, tutto è finito, e forse è meglio così), una mia fotografia con l'attore napoletano Mario Scarpetta, e un piccolo mezzobusto di Totò, poi le mie pastiglie e poi ancora dei dischi che ascoltavo in viaggio ... un pò di Mina, un pò di Adriano Celentano e un pò di Claudio Villa (il re, unico ed incontrastato re della canzone italiana). Dalle sei alle sette presi confidenza un pò con il luogo che mi avrebbe ospitato per più di due settimane (e dove conto di ritornarci con la mente tranquilla), poi di sera una cena al ristorante "Ai frati". Io dalla sera prima avevo mangiato solo una pizza con pasta brisè fatta da mia madre e due caffè presi sul treno (caffè ristretti ma comunque lunghi ...), quindi la fame c'era, per primo io ordinai "Gnocchi di zucca con scaglie di ricotta affumicata" e Paolo invece una "Zuppa orzo e fagioli", per secondo invece entrambi una "Tagliata", io ne mangiati tanta, Paolo aveva sì appetito, ma mai quanto me, almeno a giudicare dalle porzioni che abbiamo consumato. Così torniamo a casa, telefonate ai nostri amici, e poi dopo, un mucchio di parole buttate lì da un affettuoso abbraccio e da vari sorrisi, e dopo ancora ... il sonno.

 

Ottavio alla salita del Castello di Udine (20 marzo 2004, giorno di Sant' Ottavio)

 

Per me ora sarebbe impossibile raccontare tutti i giorni trascorsi a Udine, certo la memoria non mi aiuta più di tanto, è tiranna in questo. Ma di certo non posso scordare le lunghe passeggiate fatte con Paolo, il "numero 4" (autobus transitante per Viale Venezia, che arriva ai confini della città), scrivo e mi tornano in mente i nostri discorsi, Paolo per Udine mi faceva da Cicerone e mi ha mostrato i posti più belli, i vicoli nascosti, il suo barbiere, la sua vecchia cosa dove abitava con i genitori, l'Istituto Zanon e il Castello. Ogni tanto gli chiedevo scherzando "Papy, ma tu mi vuoi bene", e lui "Certo, ma che domande ?!". E così si andava avanti, ridendo e scherzando, addirittura una sera abbiam fatto la parodia di "Anonimo veneziano" mentre cenavamo a casa sua ... mi ricordo ancora ... ! Intanto la mia cinepresa non smetteva mai di essere presente, a casa, per le strade, di sera, di notte, al Castello o in Piazza Primo Maggio, alla Fiera d i Santa Caterina o alla presentazione del libro "I cavalieri dell'Apocalisse" scritto da Stanislao Nievo. Una persona colta e simpatica, spiritosa e molto aperta, mi ha fatto gli auguri per una carriera di scrittore e di studioso. Grazie professò !

 

Ottavio al Castello di Udine

 

Quindi, vista l'impossibilità di ricordare (ma non perchè i ricordi siano stati messi da parte, anzi sono ancora vivi in me come non mai, ricordo ancora tutto e chiaro come se avessi visto un film più di una volta), mia aiuterò con le immagini a raccontarvi dei frammenti, commentando ove è necessario quanto mostrato. Tengo a ricordarvi che di questo viaggio esiste anche un filmato di 300 minuti, che mi aiuterà anche in alcuni particolari. Nel filmato compare anche Tullio Solenghi (va detto giusto per la cronaca e per far sapere che Tullio Solenghi a novembre era a Udine). Detto ciò, non mi resta che augurarvi buon proseguimento di sezione ... grazie per l'attenzione !

 

Ottavio scherza tra gli alberi del cortile del Castello di Udine

 

Udine mi è apparsa una città particolare. Vedevo che durante la settimana dopo le sei/sette della sera le strade erano quasi tutte deserte, il centro forse contava qualcuno. Mi sembrava strano di come quella città si fermasse all'arrivo del buio, quasi come se fosse un paesino incantato dove gli abitanti vivono ad energia solare, con la luce del giorno, poi di sera man mano rallentano il loro passo fino a ritirarsi nelle case per evitare di essere bloccati per strada dalla fine della loro carica naturale. E' stata una mia impressione, ma mi ha dato spunto per molte riflessioni e per alcune mie opere in versi. Il Castello di Udine è al centro della città, e mentre salivo parlavo parlavo parlavo parlavo ...
Il Castello è stato costruito all'inizio del Cinquecento su resti di una fortezza la sui esistenza accertata e documentata già prima dell'anno Mille. Il Castello è adornato di alberi. E tra gli alberi si perde il canto di qualche uccellino, che dolcemente aiuta la passeggiata, che è sì lunga ma piacevole.

 

 Chiesa di San Giacomo della piazza omonima

 

VENTO E FOGLIE


Oggi a Udine
c’è una pioggia di foglie
violenta e
le strade sembrano
fiumi di morte.
Dov’è la pace?

Il vento mi avvolge
nelle ondate di giovani.
Mi ricordo di quando bigiavo
la mia scuola di collina
per andare a far l’amore
con i treni deserti.

C’è un’aria feroce
che tira sassate alle piazze,
è dicembre, quasi Natale,
e sul mio viso non c’è
quell’espressione felice d’attesa,
ma un malinconico sorriso
che si nasconde,
senza volto,
tra le porte di una corriera.

Ma al mondo, del resto,
cosa importa delle guerre
civili tra me ed io.

 

(tratta dalla raccolta "8CENTO20, 6", PAMABU', dicembre 2004, © Tutti i diritti riservati)
 

 

Particolare della Chiesa di San Giacomo

 

I primi due giorni quindi sono trascorsi velocemente nel capoluogo friulano. Ma anche se la casa di Paolo era a Udine, ogni giorno o quasi (spettacoli a parte, pranzi in casa a parte e giostre a parte) Paolo mi presentava posti che non conoscevo. Il primo, dopo il capoluogo friulano, è stata la bella Cividale (Cividat). Ma ora lascio la "penna" a Paolo che vi racconterà altre impressioni del viaggio. Il suo scritto sarà evidente nelle prossime righe perchè sarà "colorato" in giallo, mentre il mio resterà comunque bianco.

 

Ottavio alla stazione ferroviaria di Cividale (Domenica, 21 novembre 2004, giornata di sole)


All’alba mi ha svegliato un inaspettato gocciolio di pioggia; ieri c’era il sole, ma nella notte il libeccio deve aver spinto il suo pesante esercito di nubi alla conquista del cielo ed ora, quietamente piove sulla strada deserta. Le gocce battono sull'impalcatura eretta sul fronte del condominio per la manutenzione e la ritinteggiatura dei terrazzi. La luce è scarsa e fatica a penetrare dalle persiane chiuse, la stanza è avvolta da quella diffusa penombra dove le cose assumono l’aspetto di altre cose. Su tutto frange il brusio della pioggia rotto soltanto dal rumoroso tubare di un colombo che, ebbro d’amore, non si accorge di essere bagnato.

 

Cividale (Ponte del Diavolo)

 

Ottavio nella sua camera ha desiderio di pigrizia, di letto, di ascoltare il silenzio, di compagnie inesistenti, di domande oziose, di chiedersi dove si cela il buio quando la luce avanza e dove va la luce quando è invece il buio ad avanzare. Ottavio resta alzato fino a tardi per scrivere poesie. La scrittura è un'occupazione riservata che, al contrario della musica, non violenta il silenzio. Però sono sicuro che anche nel sonno, la mente non riposa e immagini su immagini si srotolano dal film della memoria per scomparire rapide, come polvere che fugge avanti al vento; si arresteranno soltanto contro i luminosi argini del giorno. Il mondo evanescente e silenzioso che occupa lo spazio esiguo della memoria, si dilata, si agita, riprende la sua forma; tornano i volti noti confusi con una moltitudine di altri assolutamente ignoti, dimenticati come gli attimi trascorsi senza storia che si sono saldati alla sua esistenza. Si scompongono e ricompongono a brandelli perché ogni uomo ha, alle sue spalle, il buio del passato, ma quei frammenti di storie sono trascorsi, per casuali giochi del destino, insieme alla mia storia.

 

 

Ottavio ma c'è sempre un motivo per cosa ?!?

 

DOMENICA A CIVIDALE

Uno dietro l'altro
scendemmo i gradini
che dal ponte portavano al Natisone.

I germogli smagliavano nella luce,
muti e trionfali,
solitari come piccole stelle diurne.

Ci fermammo sul greto e restammo immobili,
imbarazzati nel silenzio radioso del sole alto.

Le case dall'intonaco sbiadito
si specchiavano nel fiume verde
ed il giorno cominciò
ad avere un aspetto pratico, concreto.

Fu solo dopo esserci spogliati,
che diventammo apertamente esitanti.

Entrambi ci accorgemmo
di come l'aria fosse ancora rigida,
di come l'acqua fosse ostile
e ci passò la voglia di tuffarci.

Le campane suonavano in lontananza.
"Che ore saranno?"
"Che importa? E' domenica!"
 

(Aprile 1999 - Paolo Driussi, poesia pubblicata per gentile concessione di PAMABU' e dell'autore)

  

Paolo Driussi e Guido Saverio nella casa natia di Pier Paolo Pasolini (alla spalle dipinti dello scrittore, poeta, attore e regista italiano scomparso ad Ostia il 2 novembre 1975)

 

Un viaggio di piacere può essere allo stesso momento anche un viaggio culturale, anzi, già quando si decide di andare in una città che non si conosce si va con il desiderio dell'appresa, della scoperta, si ha la voglia del sapere e del conoscere, si ha dunque anche voglia di nuovo, che può essere una nuova cucina, una tradizione della quale se ne ignorava l'esistenza, di un dialetto, di costumi, di usanze e di stradine da percorrere con le persone che abbiamo scelto per questo nuovo capitolo della nostra vita, a meno che non si sceglie di viaggiare da soli, forse per meglio rendersi conto di quanti sono alti i palazzi, di quante vite ci sono nelle case più disperse del pianeta, di quante strade, vie, vicoli, negozi e chiese può avere un paese. Già d'accordo io e Paolo, decidemmo prima della mia partenza, un itinerario che ci portasse alla scoperta dei "luoghi di Pasolini", una gita a Casarsa organizzata dalla "Biblioteca Pier Paolo Pasolini".

 

Manoscritto di Pier Paolo Pasolini

 

In questo "Itinerario Pasoliniano" ci accompagnò l'espero Guido Saverio (foto sopra). Una delle cose più sensazionali è stato vedere per la prima volta, dopo tantissimi anni la stanza personale di Pier Paolo Pasolini (pensate che emozione, ero il primo visitatore a entrare in quella stanza dopo tantissimi anni), ma la cosa più clamorosa e che mi poteva lasciar secco dall'emozione, è stato lo "scrittoio di Pasolini", toccare quel tavolo dove sono nate le sue prime grandi opere, accennare a sedermi alla "sua sedia" dove di sera scriveva è stata una azione che mi ha messo addosso alcuni brividi di freddo, se ero solo con Paolo sarei forse scoppiato in lacrime, ma forse per soggezione di Guido (che comunque ci mise a proprio agio e ci trattò come vecchi amici) cominciai a inghiottire la lingua e a parlare solo se interrogato.

 

Ottavio allo scrittoio di Pier Paolo Pasolini

 

ITINERARIO PASOLINIANO

 

Casarsa Centro
Piazza Italia: Casa Materna di Pier Paolo Pasolini e sede della "Academiuta di lenga furlana". L'edificio ora ospita il Centro Studi P.P. Pasolini.
Via XI Febbraio: Chiesetta di S. Croce (Glisiuta di Santa Crous) all'interno con lapide dei Turchi (i Turcs tal Friùl).
Cimitero: tomba di Pier Paolo Pasolini.

San Giovanni
Loggia Comunale: dove Pasolini esponeva i manifesti murali.

Versuta
Chiesetta di S.Antonio Abate
Piazzetta della fontana: "Fontana d'aga dal me paìs".
Via Versuta: Casèl prima sede dell' "Academiuta di lenga furlana"

Non si può, quando si parla del territorio comunale di Casarsa della Delizia, non ricordare Pier Paolo Pasolini, come del resto non si può parlare e conoscere Pier Paolo Pasolini dimenticando o senza conoscere Casarsa della Delizia. Quest'ultima è esaltata quindi, in particolar modo, da un personaggio che ha influenzato l'intera società italiana fino alla sua tragica scomparsa. Pier Paolo Pasolini, che a Casarsa (paese natale della madre) visse a lungo nel periodo della guerra e del dopoguerra e dove iniziò la propria attività di insegnante e di intellettuale, dando vita a quella "Academiuta di Lenga furlana" che tanta importanza doveva avere nella rinascita della letteratura friulana. Lo stesso Pasolini scrisse nel friulano di Casarsa. P.P. Pasolini, nato a Bologna nel 1922, fin dall'infanzia ha dimestichezza e familiarità con il Friuli e con Casarsa, paese materno. Nel 1942 il padre è prigioniero in Africa e la famiglia sfolla a Casarsa della Delizia. E' un periodo culturalmente fertile per Pier Paolo: dal 1942 infatti, iniziano le sue produzioni poetiche, come le famose Poesie a Casarsa e le corrispondenze epistolari su suoi progressi letterari con critici di fama nazionale. Qui cantò con stupendi versi le limpide acque,la roggia Versa, Versuta, i campi, il Glisiùt, il Tilimint, le sue genti e lo fece nella parlata locale, elevandola a lingua.
Partendo dalla casa materna è possibile percorrere un itinerario storico e culturale nei luoghi della memoria; visitando poi Versuta incontreremo accanto alla Chiesetta di S.Antonio la fontana di "aga", il Casello; a S. Giovanni sarà la volta della Loggia e si concluderà con una visita alla tomba. La casa materna è sita in via Guidalberto Pasolini, fu la sede dell'Academiuta di Lenga Furlana (fondata da Pier Paolo con Bruno Bruni, Nico Naldini, Ermes e Ovidio Colussi, Fedele Girardo, Rico de Rocco, Virgilio Tramontin e Pina Kalz).
In detto centro si conservano le opere letterarie, gli originali delle poesie, dell'epistolario, degli scritti e delle opere figurative (quadri e disegni) dell'artista. L'edificio, restaurato dalla Provincia di Pordenone, è sede del Centro Studi Pier Paolo Pasolini. Una passeggiata percorrendo via Menotti, arteria che si snoda serpeggiando attraverso il vecchio abitato da piazza Cavour a piazza A. De Gasperi, ci permette di vedere i caratteristici edifici dei Colussi. Via Menotti era soprannominata anche la "via dei Colùs" e sulla strada si affacciavano numerosi ed ampi portoni (ancor oggi riconoscibili), tutti uguali, con lo stemma di famiglia in pietra consistente in uno scudo con all'interno una ruota di carro e la data romana MDCV (milleseicentocinque) a testimonianza della propria natura agricola.

 

Casa di Pier Paolo Pasolini

 

La Glisiùta di Santa Crous (la chiesetta di Santa Croce)
Nei primi giorni di novembre dei 1975 qui fu portata la salma del poeta tragicamente scomparso, accolta pietosamente da Padre David Maria Turoldo. In questa chiesetta Pier Paolo Pasolini prese lo spunto dalla lapide votiva per lo scampato pericolo dell'invasione turca del 1499 per scrivere il dramma teatrale "I Turcs tal Friùl".

Versuta
Nel 1944, per il pericolo dei bombardamenti aerei, P.P. Pasolini sfollava da Casarsa a Versuta ospite della famiglia di Ernesta Bazzana. A Versuta oltre la Chiesetta di S. Antonio abate tra i luoghi pasoliniani vi è il "Ciasèl". In questo casello, adibito a ricovero attrezzi, in mezzo al prato degli Spagnol non lontano dalle acque fresche e correnti della roggia Versa, Pier Paolo Pasolini era solito, durante la bella stagione, ritrovarsi con i suoi allievi. Attualmente il casello, che è proprietà privata, è visitabile ma in uno stato precario e diruto. E' prevista una valorizzazione e recupero del manufatto nell'ottica di un percorso pasoliniano.
Al centro della piazza di Versuta, vicino alla Chiesetta di S.Antonio si può notare una pompa d'acqua che simboleggia la "fontana d'aga" della lirica pasoliniana.

San Giovanni
Nella loggia a fianco il Duomo, Pier Paolo appendeva i suoi manifesti murali e dialogava con le armi della poesia. Era il periodo di aspri contrasti tra interessi diversi che rendevano contrapposte le gerarchie ecclesiastiche e democristiane a comunisti e socialisti. Era il periodo della sua militanza politica nel PCI locale.

Cimitero di Casarsa
Con una visita al cimitero di Casarsa della Delizia, in via Valvasone a un Km. circa a nord dell'abitato, si conclude "il viaggio pasoliniano". Varcato il cancello d'ingresso a sinistra c'è la sua tomba: una semplice lastra marmorea con l'iscrizione "Pier Paolo Pasolini (1922- 1975)" con alle spalle un albero di alloro. Riposa accanto alla mamma, Susanna Colussi.
La tomba progettata dall'arch. G. Valle è caratterizzata, oltre che dalla essenzialità, da una traccia marmorea simbolica che taglia il vialetto di ghiaia. Nello stesso cimitero riposano anche il fratello Guido e il padre Carlo Alberto.

 

Tomba di Pier Paolo Pasolini (Cimitero di Casarsa, nei pressi di Valvasone)

 

Nei pranzi di parole,
presidiati da gente
col malaffetto in cuore,
nascono i mostri profani,
i mostri sacri
sono morti
e giacciono in cimiteri solitari.

(Finale dell'opera in versa "A Pier Paolo Pasolini, tratta dalla raccolta "8CENTO20, 6", PAMABU', dicembre 2004, © Tutti i diritti riservati)

 

 

SECONDA PARTE

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