VENEZIA

A CURA DI OTTAVIO BUONOMO & PAOLO DRIUSSI

Ottavio e "Cocco" giocano sulla spiaggia di Lido di Venezia

 

L'escursione alle isole della laguna nord Murano, Burano e Torcello è uno straordinario momento per riscoprire la storia, le bellezze e l'atmosfera della laguna. Murano, la più grande delle isole - poco distante da Venezia, era abitata fin dall'epoca romana. Chiamata "Ammuranium", fuggiaschi da Altino e dalla terraferma trovarono qui rifugio durante l'epoca delle invasioni barbariche costruendo mulini e coltivando saline. Murano è diventata oggi sinonimo di arte vetraria e fabbriche del vetro.
Già lo sviluppo medievale dell'isola era strettamente connesso al vetro.
Alla fine del XIII secolo il governo veneziano decise di spostare tutte le vetrerie esistenti a Venezia su un'isola allo scopo di ovviare al frequentissimo problema degli incendi in una città costruita allora principalmente in legno. Murano venne prescelta. Della decina di chiese esistenti oggi solo 3 possono essere visitate; la più imponente è la chiesa di S. Maria e Donato con un'eccezionale abside rivolta verso l'acqua.

 

 

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... a parte modestia ...

 

Burano

Collocata a Sud-est di Mazzorbo, con i suoi 5.000 abitanti è il più importante centro della laguna nord.
Densamente urbanizzata, l'isola conserva poco del suo aspetto naturale.
Burano, o la Boreana, deve il nome ad una delle porte di Altino, da cui venne fondata. Quando Torcello era una città, Burano ne era un vicus, ovvero una borgata.
Una visita a Burano offre spunti di assoluto interesse per i cromatismi delle sue abitazioni popolari, dipinte con colori vivaci e contrastanti e per le sue attività economiche, la produzione di merletti e la pesca.
La leggenda narra che proprio grazie ad un pescatore sia nata la tradizionale produzione tessile artigiana. Costui infatti, avendo resistito al canto delle sirene in nome della sua bella, che lo attendeva a Burano, avrebbe ricevuto dalla regina dei flutti una corona di schiuma per ornare il capo della sua sposa. Le amiche della diletta, invidiose e conquistate dalla bellezza del velo, avrebbero cercato di imitarlo, dando così inizio ad una scuola di tradizione centenaria.
La lavorazione del merletto con l'ago da cucire, non appoggiato ad alcun tessuto sottostante, si sviluppò nell'isola all'inizio del '500.
Sono tipici del luogo il punto in aria, il punto a rosette e il punto controtagliato, più pesante e solenne nelle ampie volute a rilievo.
La lavorazione subì un periodo di declino in seguito alla guerra commerciale voluta dalla Francia e stava quasi per scomparire quando, alla fine dell'800, per merito della popolana Cencia Scarpariola, i segreti della lavorazione del merletto di Burano furono tramandati.


 

Torcello

Irreale  sull'orizzonte piatto di acqua e barene, individuata dal campanile a torre e dalla mole della cattedrale, Torcello galleggia nella memoria, carica di miti, di storia e di reminiscenze letterarie che condizionano l'impatto emotivo con la realta'.Di tutte le isole, abbandonate e non, e' la piu' viva dentro l'anima, simbolo delle origini, ed e' anche la piu' amata dagli anglosassoni che, primi nell'Ottocento, hanno riscoperto la laguna. 
 
Sogno e reale si mescolano in  un'atmosfera unica fin dall'arrivo: un lindo sentiero in mattoni a spinapesce costeggia il canale, lambito da tamerici e , snodandosi tra campi incolti, viti e pruni inselvatichiti, porta al cuore dell'isola; qui una locanda discreta, il grande prato della piazza con le architetture monumentali, silenziose, incomprensibili.Il piccolo museo archeologico ci aiuta a dare un volto ai fantasmi che popolano il luogo.
 
Di Torcello rimane solo questa piazza, tra le più suggestive d'Italia per gli edifici che la cingono e per la presenza, appena intravista tra case ed orti, dello specchio verdeazzurro  della laguna.
E' tra le mete turistiche più frequentate da Venezia e luogo celebrato da letterati e viaggiatori romantici di ogni tempo, qui richiamati dalla magia di un ambiente naturale unico e dalla presenza di monumenti d' arte d' eccezione.
Il piano erboso della piazza, di forma irregolare e disseminato di resti marmorei, è limitato da palazzetti tra cui spiccano quello del Consiglio, dall'esile campaniletto, e l'altro dell'Archivio, sedi di un museo; sul lato Sud-Est, formanti quasi un unico complesso, sorgono la Cattedrale, con il quadrato campanile, asse verticale del piatto paesaggio lagunare, e Santa Fosca.
La Cattedrale, risalente al sec. VII e rifatta nel XI, è il maggior monumento di architettura ravennate esistente in laguna. Un lungo portico corre sulla sua fronte e la collega alla chiesa di Santa Fosca, eretta nel sec.XI-XII, a pianta centrale, dall'elegante portico perimetrale e dalla movimentata volumetria.

 

 

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Il Lido di Venezia è un'isola stretta (al massimo 700m) e lunga (più di 10km) che separa la laguna dal Mare Adriatico; pressochè disabitato fino agli inizi del Novecento, solo nell'ultimo secolo si è trasformato in un quartiere residenziale di Venezia. L'isola più grande ma forse anche più "anonima" tra i satelliti di Venezia. Vive d'estate, con le "capanne" sulla sua spiaggia (un'usanza tutta lidense: cabine extralarge dove le famiglie veneziane a mezzogiorno consumano veri e propri banchetti che le massaie veneziane preparano a casa e portano in spiaggia, con ingegnosi sistemi per mantenere i piatti caldi. Baccalà, pasta e fasioi, tagliatelle in quantità industriali, profumi da trattoria a due passi dal mare...E poi c'è la Mostra del Cinema, apoteosi dell'estate del Lido ma anche suo canto del cigno: dopo la chiusura, il Lido torna nel dimenticatoio, si tuffa in un inverno umido, tra alberghi e negozi chiusi sul litorale e sul Gran Viale, e la calma di giardini e ville che si affacciano sulla laguna. Un bagno a capodanno per gli ibernisti, poi ancora un pisolo. Sarà il sole di aprile a svegliare il Lido, con i primi avventurosi sulla spiaggia a raccogliere frammenti di conchiglie.

 

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Basilica della Salute

 

"Com’è triste Venezia…": Il campanile sembra un faro bretone avvolto dal mare, la latitudine è diversa, ma il freddo e l’umidità sono simili. Tutto è contraddizione a Venezia: i caffè più fotografati al mondo si contrappongono a gruppi di visitatori dell’Est seduti attorno ai monumenti a consumare un frugale pasto, i vaporetti in là con gli anni ai panfili da conti in banca a nove zeri (in dollari s’intende), la gente del posto, i pochi veneziani doc rimasti, sempre più disincantati ai milioni di visitatori che parlano ogni linguaggio immaginabile e diversi in tutto, dal colore alle abitudini.

 

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Ottavio in taxi a Venezia (venerdì 16 aprile)

 

Tutte le mattine attraverso il Ponte della Libertà migliaia di persone la invadono, raggiungono ogni suo angolo, anche i più remoti, la fotografano, la vivono, la invidiano, la maledicono quando non ce la fanno più per i tanti chilometri percorsi a piedi salendo e scendendo. E’ cara Venezia: una passeggiata in gondola, un souvenir comprato nelle botteghe, il pasto in un ristorante, una notte in albergo, la sosta al Tronchetto, un caffè seduti da Cipriani.

Tappe obbligate, mete sognate progettando il viaggio.

Che tipi, i veneziani!

 

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Ottavio all' Hotel Nazionale di Venezia (ma cosa starà pensando ...)

 

Se la tirano per essere nati al centro del Mondo, ma maledicono chi li governa (qualsiasi sia il colore, i sindaci passano, i moccoli restano e si ripetono…) per il degrado, i prezzi alle stelle, le abitazioni diventate tutte uffici di rappresentanza, con la gente fuggita a Mestre o Marghera, le mille chiese continua meta di furti. Ma la amano, la loro Venezia: l’acqua alta ed il suono delle campane, le sirene dei vaporetti e le voci della gente, le grida dei gabbiani ed il battere delle ore. Nascono, si sposano, muoiono, compiendo l’ultimo viaggio in battello, tra questi rumori che ormai fanno parte di una vita trascorsa in un tempo innaturale, che non muta, che sembra essersi fermata tra dame in costume e gentiluomini con la parrucca bianca in testa. I più celebri musicisti, cantanti di grido e cantautori di valore, pittori acclamati e poeti da Premio Nobel: Venezia ha sempre dato spazio al meglio delle intelligenze, le ha coccolate, difese, foraggiate.

 

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Sedie verdi e tavolini blu su tramonto veneziano

 

Allora come oggi: non vi è più il doge, né abitano i signorotti nei palazzi che si specchiano sul Canal Grande, vi sono la Biennale e mille iniziative culturali tutti i giorni dell’anno. Tutte le culture trovano spazio in Laguna: nelle calli si parla ancora veneto, ma si ragiona in inglese, in cinese, in pachistano…

Si prega col rito cattolico o con quello ortodosso, si frequentano le sinagoghe, ma all’alba ed al tramonto sempre di più si genuflettono verso La Mecca.

 

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Ottavio a Murano con il "gruppo turistico"

 

"Com’è triste Venezia…" eppure giungono dal Giappone per pronunciare il fatidico "sì" e la domenica stormi di spose posano in bianco tra i colombi di Piazza San Marco.

In ogni casa vi è almeno, come ricordo del viaggio, una gondola e quando la gola si secca è facile trovare un bar nel quale dissetarsi con un’ombretta.

 

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Una tristezza così non la sentivo da mai ... ma poi la banda arrivò !

 

Quando parti, dopo l’ultimo struggente sguardo, ti trovi subito in Mestre e vedi i fumi di Marghera ed allora capisci che il tempo ha ripreso a correre: le automobili sostituiscono le gondole, panchine sporche di smog i tavolini candidi di Piazza San Marco e non si odono più i rintocchi delle campane, ma i clacson delle auto ferme al semaforo con gli albanesi che lavano i vetri.

 

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C'era una volta una gatta ...

 

LA MIA VENEZIA
(testo di Ottavio Buonomo scritto il 24 febbraio 2004)



Tanto è armoniosa e soave,
la musica che alcuno sente
navigando con la mente
come la gondola all'orizzonte.

Forte è l'amore e,
indescrivibile a parole,
il sentimento che Venezia,
di sera, nell'anima suscita.

Misteriosa la Laguna,
che giace sotto i ponti,
disturbata dalle urla
dei turisti affannati.

Dolce e fragrante l'odore,
che dalle osterie dei vicoli
invita la gola a destarsi
e dell'appetito saziarsi.

Capolavori sono le maschere,
i palazzi, le calli, i ponti,
leggeri e ritmici sono i passi
della gente in corsa al vapore.

Mortale è il silenzio,
nella notte di ghiaccio,
lontano s'ode
un innamorato piangere.

 

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