... Io vado Avanti !

 

INTRODUZIONE DELL'AUTORE

E' difficile raccontare cosa possono vedere i miei occhi, cosa possono scorgere, e cosa possono far finta di non vedere. E' un lavoraccio inutile contare ogni giorno quante cose si possono vedere, ancora più inutile è contare quante cose si possono immaginare. Io amo vedere poco per immaginare tanto, amo guardarmi attorno per trasformare una piccola azione reale in una grande storia immaginaria, mi piace dare sfogo alla fantasia, mi piace far correre i pensieri nella mente come fossero fiumi in pieno letto. E' per questo, che nei prossimi paragrafi, racconterò ciò che la mia mente immagina di vedere con i miei occhi. Quindi, chiudo questa prefazione con lo strano interrogativo di uno strano uomo che si divertiva a fare della sua ermetica sapienza un tipo di filosofia assoluta : Sarà mai possibile vedere un cane e raccontare a tutti di aver visto un cavallo ? ... Sarà mai possibile avere una moglie fedele e dire a tutti di averla con la speranza che questa fedeltà si protragga in eterno ? ... In entrambi i casi, la bugia è sovrana, ma nel primo caso si tratta di una bugia che viene da un fatto realmente accaduto, modificando il nome comune dell'animale, nel secondo caso c'è la bugia di sana pianta, senza spunti dalla realtà. E' mai possibile ? ... Rifletteteci per capire, e per scoprire che in realtà è meglio dire a tutti di aver visto un cavallo invece di un cane. Non oso commentare il suo interrogativo, anche perchè la mia interpretazione sarebbe del tutto personale ... anche se, la filosofia è valida, solo se si riesce ad interpretarla, e trarre da essa diverse conclusioni che inducono allo scontro di idee.

Questa nuova raccolta è divisa in tre parti. In una vi è un racconto che introduce un monologo. Nella seconda parte vi sono le opere in versi. Nella terza "pagine di diario". 

Sinceramente vostro Ottavio


I : Dialogo di un povero Casanova con la sua parrucca bianca

Era l'8 febbraio 2004, e io soggiornavo all' Hotel "Alle Guglie" di Venezia, non tanto distante dalla Basilica degli Scalzi e quindi dalla Stazione (Venezia, Santa Lucia). Mi trovavo nella mia stanza, tra abiti di scena (un grembiule con l'immagine di Benito Mussolini, un boa rosa, una camicia trasparente blu con gi scintillanti brillantini che illuminavano la stanza anche di notte, a luci spente, poi una parrucca bionda, e qualche camicione), televisione spenta, e un panorama bellissimo. Dalla mia finestra si vedeva il corso principale che lega la Stazione con il cuore di Venezia, era notte, credo dopo l'una, c'era poca illuminazione, ma abbastanza per farmi ammirare i negozi chiusi, quelli che di giorno erano affollati dai turisti in cerca di magliette, collanine, grembiuli, valigie e ventagli. Nel silenzio della notte, riuscivo a sentire i sospiri degli innamorati, una musica che nessuno poteva udire, in quello stesso silenzio sentivo profondamente l'amarezza della solitudine. Mi sentivo perduto in un letto matrimoniale, mi sentivo solo in quella stanza. Sul letto disfatto c'era la parrucca bianca di Casanova, il famoso conquistatore veneziano, guardandola, pensandola ai miei insuccessi in amore, mi lasciava un profondo senso di amarezza, ma allo stesso momento una strana felicità. Cos'era quella felicità ? Da dove proveniva ?! ... Era il pensiero che stava correndo, era la mente che si stava allargando per creare qualche cosa di nuovo che poteva, anzi doveva restare nel tempo. Così, chiuse le finestre, sbattendo i vetri in faccia alla notte, unendo le estremità delle tende verdi e arancione chiaro, ricamate nei minimi particolari, accesi la luce e mi sedetti all'indiana sul letto, quasi al centro. Mi misi in testa la parrucca bianca di Casanova e il mio volto declinò nella tristezza, gli occhi si ritirarono. La sera prima ero stato per le strade di Venezia in abiti femminili, come un pagliaccio, facendo finta di essere felice, credendomi il padrone di chissà quale regno ... chissà ... il regno della vigliaccheria, il regno di quelli che come me sanno parlare solo nascondendosi dietro a un trucco marcato e una parrucca. Cominciò così un monologo, anzi un duetto ... tra me e la parrucca :

- Ecco qua. Siamo alla fine del viaggio veneziano. Eh bè, infatti sono stati quattro giorni belli, un pò faticosi ... le camminate. Credo che la mia più grande fortuna sia essere un perfetto trasformista di umore e di parole, infatti sul teatro, sulla scena, mi sento catapultare in un'altra realtà, io nella vita non ho tanta fortuna, mentre sul palco posso anche diventare un Gastone disneyano. Con le donne non ho fortuna, non ce l' ho mai avuta, eppure basta una parrucca, un tricorno, e divento il mito del sesso, il collezionista di donne, quello che si scopava pure le monache, basta pensare a Sordi, ti vesti da gondoliere. Il silenzio di questa stanza mi mette addosso una certa tristezza, poi c'è "Aznavour" che canta "Quanto è triste Venezia", perchè non pensa a cantare "Com'è triste slacciarsi i lacci delle scarpe di sera prima di una partenza ...", quando a Venezia ti trovi così bene, e quando ti trovi ad attaccare bottone con i veneziani, che sono simpatici, i veneziano urlano ... ma pure noi a Napoli urliamo "Cummà scennite !", non tutti però c'è chi lo fa. Magari era più indicato dirlo negli anni Sessanta, ma l'Italia è un popolo di santi, di poeti, di navigatori e di urlatori. E' a chi mi ha seguito in questo viaggio che io dedico questo saluto, questo messaggio vitellonesco, felliniano ... basta una parrucca, che mi fa pure schifo mi fa, che si hanno due personalità a confronto, io rimprovero lui, lui rimprovera me, e me dice pure stronzo. Del resto c' ha ragione, lui ha sempre avuto fortuna in tutto ! Domani si parte, e come si dice ?! Ogni cosa finisce, cambiano le mode, cambiando i tempi, cambiano le stagioni, cambia il modo di viaggiare. In questo periodo mi stanno accadendo cose nuove, e ringrazio persone che mi stanno aiutando nei momenti difficili, stanno ridendo e vivendo i momenti facili, e altri che passano davanti a me, io non mi accorgo di loro, ma sono importanti ... il pubblico, i viaggiatori che vanno ... Ciao, ci salutiamo, ora è mezzanotte, anzi lo era. E' un discorso molto triste, monocorde, non discuto, ma non è che posso essere allegro, domani ho una partenza. E se sai che dove sei stato, sei stato bene, dove hai goduto di gioie e dolori che ti hanno aiutato a vivere, allora è difficile lasciare questo posto. E' difficile separarsi dai ponti, dalle calli, dalle piccole osterie da dove fuoriesce l'odore dei pranzi, delle cene ... E pensare che ieri sera, a quest'ora, ero a Piazza San Marco che intrattenevo le persone in vesti femminili. E' un gioco, la vita è un gioco, anche questo viaggio è stato un gioco. Gira e rigira e poi si ritorna sempre alla propria vita, che ci fa schifo perchè la conosciamo troppo bene, è come rivedere un film già visto. Magari, come proiettare sempre la stessa pellicola, il giorno di chiusura del locale ti rilassi perchè non la vedi quella pellicola, ma poi il giorno dopo di nuovo la stessa pellicola, la stessa trama, gli stessi attori, la stessa durata, la diversa disponibilità nell'affrontare di nuovo la solita visione. Sempre lo stesso dialetto, io amo tantissimo sentire persone che non parlano il mio dialetto, amo tantissimo sentire ogni tanto una parola che non è napoletana. Stando tanto tempo in un luogo vengono fuori i difetti del posto. Stando una settimana a Venezia io ho notato solo pregi. O meglio, una passeggiata a piedi può essere un pregio per un turista, che ammira Venezia, e un difetto per un anziano signore che non ha la forza di camminare per metri e metri. Sono stanchissimo, domani c'è la partenza alle 10.30, colazione in sala ... e mi fa piacere perchè ho l'occasione di rivedere una cameriera così simpatica che ogni mattina mi fa un sorrisino, mi piace quel sorriso dolce e delicato, come il suo sguardo, mi piace il sorriso della cameriera ! ... Casanò, hai sentito ? Ho detto che mi piace il sorriso della cameriera ... ma una maschera, anzi una parrucca non parla. Però se sotto la parrucca gli metti un volto triste, Casanova diventa uno sfigato, Casanova non è più nessuno, Casanova si demitizza e diventa napoletano, romano ... a Casanova dai la voce di Alberto Sordi, di Manfredi, di Totò ... un Totò Casanova ?! Con la potenza della recitazione, di un pò di trucco, è possibile. Ma è inutile che stia qui a parlare a ruota libera, tanto non voglio annoiare il mondo per un problema personale, che proviene dal profondo. Ma sento di dover lasciare qualche cosa, e scusate per le chiacchiere. Ho capito che è ora di andare, e me ne vado. Gò capio che domani parto, tanto ritorno ... Venezia non me pò lascià così ... Giacomì ce vedimme n'ata vota ? E jà nun fà 'sta faccia ... Bella Casanò !" - .

All'indomani di tale monologo, sono partito per Napoli. E come prevedevo, rivedere Napoli non è stata tanto una gioia, anche perchè, per quelli come me, che hanno sempre qualcosa da fare anche quando non ce l' hanno, Napoli va stretta.

 


II : Riflessioni in versi

 

ESTATE

Ultimo giorno di giugno,
senza idee,
senza ambizioni,
suoni fiochi
e d'artificio 
solo i fuochi.

Feste in lontananza,
senza rumore
con i vaghi colori
dello scoppio del cielo,
fuochi che muoiono
prima di baciare terra.

Non c'è mare o spiaggia, 
ma l'estate si fa sentire
con il suo calore,
e l'arsura
delle sue giornate
lente ed accese.

Estate, sento la tua essenza
cercandoti nell'assenza.
Disteso nell'erba,
inseguo il volo d'un gabbiano.
Estate, sento ancora la tua voce,
e intorno tutto tace.

Il gabbiamo ha mutato il suo canto,
perde il suo volo
per annidarsi nel tramonto
lontano da me.

 

A GABRIELE D'ANNUNZIO

E' nel piacer,
grande predecessore
e collega della parola,
che t'immagino
e ti lodo,
in quegli attimi
in cui il corpo
incontrava l'arte
del mistero,
la vera natura.

Mai hai rinunciato
a difender l'onore
della Patria tua
e di chi l'avea creata,
mai, seppur ferito,
ritirasti il coraggio
dal tuo cuore
e'l desiderio di vittoria
dal tuo pensiero,
grande uomo.

Abile giocoliere
delle ricercate parole,
ti trovo rifugiato
in ogni sospiro,
in ogni attimo
dell'animal respiro
che all'amore dona
il suono del piacere,
e di questo il senso
del gusto estremo.

 

HO BISOGNO DI TE

Ho bisogno di te, amore mio,
ho bisogno di capire,
sentendoti tra le braccia,
il bene che ti voglio
e la passione che mi lega
da ormai due mesi a te !
Ho bisogno di sapere,
quanto mi vuoi bene,
e non mi importa niente
del tuo passato amaro,
con te voglio vivere 
senza malinconia,
dando lustro alle pagine
più raffinate della vita,
alle note più eleganti
di un pianoforte chiuso in noi
che suona stasera
per noi !

Ho bisogno di te, amore mio,
di averti per tutta la vita
accanto a me,
con il volto disteso
dalla gioia che mi dai
io canto la mia felicità.
Amore ho bisogno di vederti,
amore ho bisogno di parlarti,
la paura che un giorno
non posso più averti
mi fa gelare il sangue
ma la tua presenza qui
mi fa tornare a credere
che fino a che vivrò
t'amerò !
Amore si, io t'amerò,
stretta stretta ti terrò,
e faremo l'amore
dieci, cento, mille volte,
ricordando i baci che 
nella tenera tua età
hai dato a me !

 

LIBERO ARBITRIO

Scivolando con le scarpe
sui pedali,
le mani nei capelli
con il vento
che me li portava via
e li spandeva
alle mie spalle
gridavo l'amore,
nessun nome,
nessuna figura,
nessuna parrucca.

Camminando stanco
per il viale che 
mi apre la strada al corso,
pensavo alla libertà
d'amare,
pensavo a come mi era facile
muovere le mani 
senza chiedere aiuto,
e parlare senza che 
l'aria calda
evaporizzasse le mie parole !

Pensieri corrono
e si avvolgono
per le strade,
si intrecciano
tra le mie gambe,
che si posano sui miei piedi
che scalcio via
sulla mia città,
lontano dal mio odore,
lontano dai miei vestiti,
lontano dalla mia mente.

 

SE TU FOSSI L'AMORE

Quale tradimento
vuoi che ti perdoni
anima errante
nata dal fiore nero
che ha generato in te
il frutto del male.
Quale bene
posso donarti
senza il risentimento
di aver sprecato
un sentimento vero
e puro.
Quale miseria
vuoi che colmi
con il caro prezzo
dell'amore,
sentimento avaro,
prezioso e straziante.
Quale musica
può render soave
la solita scena
dei nostri sguardi
persi nel rancore
e nella subornazione.
Quale colore
può dipingere
le mie mani che
non sfioreranno mai più
i tuoi capelli
e il tuo corpo.
Ma se tu,
eterno amore,
fossi una stella giuro
non dormirei mai per guardarti,
guardarti brillare fino alla fine,
fino a quando la tua lucentezza
svanirebbe piano piano,
io sarei lì ad aspettare una nuova notte
per rivederti.
Se tu fossi il mare
ti rivedrei ogni giorno nei miei occhi
e sfiderei ogni tempesta,
ogni vento pur di toccarti.
Se tu fossi il cielo
morirei pur di raggiungerti.
Se tu fossi l'amore
credo nel dolore
che saresti già qui
accanto a me,
persa nel calore
del mio corpo nudo.

 

ISABELLE

Isabelle
colori sparsi,
Isabelle
sui tramonti,
l'acqua va ...
Isabelle,
una frangia
che copre gli occhi,
Isabelle !

Il tempo segnerà
l'amore,
perdonerò
le tue scelte
maliziose,
Isabelle !

"Iam moriam mi filii",
guardo, ascolto distratto,
la luna è piena
tu mi guardi piangere
Isabelle !

(Febbraio 2004)

 

CAMPAGNE CAMPANE


Covone che dorme
al sole,
spande il suo colore
compatto ed
astratto
nella campagna verde
che s'apre agli occhi
in giri di marcia
or veloci,
ora lenti.

E la zanzara di notte
cerca nido e riparo
nell'acqua sporca
di un fosso che morto
è tornato in vita
in seguito a una pioggia
che ha bagnato i sassi
che neanche il vento
animava più.

E l'aria fresca dell'alba,
risveglia i fiori
che di omogenei colori
si inginocchiano
sino a toccare 
la terra bagnata
dalla notte,
che verrà asciugata
dal giorno che batterà
su d'un covone che dorme.

 

GUERRA

Rumore.
Strati di sangue
nell'oblio
della mente umana.
Polvere.
Profondo senso
d'amore
per la vita che
impaurita
dalla crudeltà
d'un'arma
cessa d'esistere.
Non c'è più vita.
Muoiono vite,
nascono armi.
Si perdono le speranze
di appropriarsi del corpo
venduto alla guerra
e dato in pasto
alla morte
per difendere
amici,
di cui il volto
rimarrà sconosciuto
in eterno.

 

'O CAFETTIERE

Ogni ghiuorno doppo 'a croce,
vene 'o rito d'o "ccafè,
ormaje è comme a 'n'abbitudine,
'na cosa 'ca 'pe forza s'adda fa.
Gira e vota, vota e gira,
mò 'a povere, e mò 'o zucchero,
due cucchiaine, 'na giratella,
'nu piattiello e "ddoje tazzulelle.

Quanto è "ddoce l'addore 'e cafè,
"cchiù 'a sente e "cchiù 'ne voglio.
E me scolo una, "ddoje, tre
machinette 'e "cafè,
largo, astritto, doce o amaro
nun me 'mporta e comm'è,
basta 'ca sape 'nu poco 'e cafè
'ca 'da roje tazze passano a "ttrè.

 

IO VADO AVANTI

Io vado avanti
con stima dei miei pari,
convinzione delle mie doti
e con un esuberante desiderio di scoperta.
Vado avanti
perchè a fermarmi
ci penserà il tempo
con le sue tappe obbligatorie.
Vado avanti,
mi lascio alle spalle
discorsi incompiuti,
luoghi comuni e frasi fatte.
Vado avanti,
dimenticando tradimenti,
situazioni imbarazzanti
e parole dette con istinto.
Vado avanti,
cercando di pensare,
facendo si che questo corpo
di pelle, ossa e rughe,
possa essere sempre in sintonia
con questa mente
di idee, ragioni e follie varie.
Io vado avanti
perchè è giusto che gli occhi
possano ammirare l'orizzonte
senza alcuna immaginazione.
Io, e non da solo,
vado avanti con il mondo,
che schierato sul fronte opposto
mi sfida a vivere di stenti,
di lavoro, fatiche e amori.
Vado avanti
portando con me la solitudine,
il sole delle giornate chiare
e le nubi delle lunghi notti scure.
Io, vado avanti,
senza saper se con sorriso o pianto,
ma con la pretesa di cercare
un' espressione o maschera
adatta ai miei pensieri.
E vado avanti,
con in gola il digiuno notturno,
e sulla pelle l'abbronzatura
del sole d'estate,
forse unico legamento
ad un passato
che non è tanto remoto.
Io vado avanti,
non mi fermo,
tra cammino e corsa,
le mie gambe vorranno crollare,
ma sul corpo regna il morale acceso
e la voglia di scrutare,
di capire, di vivere,
di andare avanti.
Io, vado avanti,
gli altri,
facciano di conto proprio.

 

LA MIA VENEZIA

Tanto è armoniosa e soave,
la musica che alcuno sente
navigando con la mente
come la gondola all'orizzonte.

Forte è l'amore e,
indescrivibile a parole,
il sentimento che Venezia,
di sera, nell'anima suscita.

Misteriosa la Laguna,
che giace sotto i ponti,
disturbata dalle urla
dei turisti affannati.

Dolce e fragrante l'odore,
che dalle osterie dei vicoli
invita la gola a destarsi
e dell'appetito saziarsi.

Capolavori sono le maschere,
i palazzi, le calli, i ponti,
leggeri e ritmici sono i passi
della gente in corsa al vapore.

Mortale è il silenzio,
nella notte di ghiaccio,
lontano s'ode
un innamorato piangere.

(febbraio 2004)

C'ERA TROPPA FAVOLA ...

Tutto cominciò
nel più dolce dei modi,
da un complimento
più o meno raffinato,
seguito da un magnetico sguardo
e da frasi che sembravano 
uscire dalla bocca di chissà
quale poeta o scrittore d'amore.

Ci frequentammo
uniti nel calore
dei nostri esperimenti sessuali,
io con la mia forza e le mie voglie
tu con l'esperienza da donna vissuta.
Ci unimmo nella passione
e ci sentimmo vicini
nella perdita dei sensi
e di ogni pudore umano.

Ma in tempo non tanto avanzato,
cominciai a stancarmi
delle tue pretese di donna esperta.
Tu cominciasti a sentire la noia
delle mie frasi costruite
e della mia intensità d'animo.
Sciogliesti allora la tua bocca,
che voracemente mi aveva baciato,
per lanciare l'urlo estremo della fine.

 

18 GIUGNO

La notte trascorre
e l'aria calda
appanna gli occhi.

L'alba è chiara,
costruita su un silenzio
che muore alle sette del mattino,
rumori lievi e forti,
tac tì,
zaino chiuso, rampa di scale,
corsa alla fermata dell'autobus,
tutto sembra seguire un copione.

Copione che
si rinnova ogni anno,
mai lo stesso giorno,
ma quasi sempre 
alla stessa ora.

 

DALMA

Esiste una creatura
che della sofferenza
ne fa un canto
insistente e amaro,
ma che l'udito
non rifiuta,
anzi l' ammira.

Chi l'ascolta vi rimane muto,
straziato, e affascinato
dalla purezza della voce,
dal delicato modo
di regalare amore
a chi estasiato
non sa trovar parole.

Ho accanto a me,
chi si fa amare
con il solo sguardo,
tenero e impaurito,
da donna e bambina,
occhi intrisi
di espressioni e lacrime.

Esiste una creatura,
dal volto furbo
ma sincero,
dai lunghi capelli lisci
e dalle capricciose labbra
tenere e rosse
come frutti maturi.

Esiste una creatura
che io amo,
che i miei occhi
adorano guardare,
che le mie mani ruvide
bramano di toccare,
che la mia bocca
attende di baciare.

 

'NA STORICA VINCIUTA

Scusate 'a "gnuranza
'ca è comme 'a 'na malatia,
'ca si 'a tiene
nun è colpa toja,
però ve vulesse cuntà
'nu fatto, c'ha cagnato 'a storia,
'e sta Naziona 'e tanta libertà :

'Nu grande artista,
'ca sapeva fà l'ammore,
muorto povero
e senza 'na lira,
vulette "Sciummo"
e "ssà pigliaje,
teneva 'a capa tosta
e chelle 'ca vuleva, faceva !
Teneve 'nu curaggio de lione,
era cumpagno 'e chi cummannava,
traseve dint'o lietto e tanta "ggente,
e nun 'mpurtava
si erano femmene o uommene.
Era 'o vinte 'e settembre d'o Diciannove,
quanno st'artista se dichiaraje 'o cape
'e tutte 'e pisce e chillu sciummo,
'ca cu 'nu patto fatto
dint'a chella c'a mò è 'a terra d'a riggina,
nun era distinata a "gghì all'Italia.
Granne omme, granne surdato,
"nnammurato d'a Patria e dignituso,
alluccava sempe a "cchiù 'e mille perzune :
O Fiume, o morte.
Avette 'o sciummo,
e doppo avette 'a morte.

 

AMORI D'ESTATE

Mi ricordo quell'estate
che ci vide in riva al mare,
mano nella mano
facendo l'amore
sotto l'ombra di un lampione
tra i remi di una vecchia barca
abbandonata sulla spiaggia
che di sera, deserta,
era il nido
di chi si vuol bene.

La radio suonava un ritmo latino,
e per i pochi soldi
compravamo un panino
e lo spezzavamo in due.
Poi le lunghe passeggiate
sulla battigia bianca
e sull'erba fresca
dei bei giardini in fiore.
E felici in quelle giornate
ci scambiammo il nostro cuore.

 

CREATO MUTO

Spazio immenso
intorno,
ore che trascorrono
senza avvertire
il tempo,
voci rubate al silenzio.
Ecco il creato
che muto m'appare,
senza colori 
incorporati,
senza odori
nauseabondi,
come la brezza
del mare all'alba.
Fingo la distrazione
del corpo e del pensiero,
e l'anima già si unisce
alla natura che si offre nuda.

 

DESIDERIO

Ho tanta voglia di ritornare bambino,
per prendere in giro me stesso,
e farne della vita un gioco.

Ho tanta voglia di ritornare bambino,
con la forza di riuscire a vincere
per comandare un esercito di soldatini.

Ma perchè il mondo mi considera sciocco ?
Non è colpa mia se il colonnello Brown
è stato venduto dai suoi uomini.

Perchè la gente non crede
che sono l'unica persona che 
ha potuto nascondere un soldato
nella tasca dei pantaloni ?

Perchè la gente non crede
che gli apache possono combattere
contro i marines e appropriarsi
delle loro navi di carta ...

 


Domenica 2 maggio

Stanotte ho avuto una grande voglia di morte,
una insistente voglia di suicidio.
Lasciando così ai posteri quanto fatto finora di buono
nella mia vita breve,
lasciando il male ricevuto a quelli che me ne hanno fatto dono,
lo lascio a loro, 
sperando capiscano i loro errori,
e piangano di fronte a tale crudeltà.
Stanotte ho una grande voglia di precipitare dal balcone,
un gesto fermato da chissà quale forza superiore,
forse lo spettacolo, che domani sera
mi rivedrà protagonista di un mondo irreale :
quello vero è quello di stanotte,
dove al limite della malinconia e ai confini della pazzia,
cessa il pianto e si comincia a pensare !

(Domenica 2 maggio 2004)

 

Lunedì 7 giugno

Questa mattina mi sono svegliato con la paura di vivere.
L'aria mi mancava. Sono rotolato giù dal letto
trascinando tra le mie gambe il lenzuolo azzurro,
mi sono avviato verso il corridoio deserto della mia casa.
Non sono stati certo una visione gli occhi di mia madre,
che con uno sguardo di estrema tenerezza e compassione
mi ha offerto la rituale tazza di caffè,
che ogni mattina prepara appositamente per questo suo figlio
che non conosce il senso di una nuova giornata,
visto che tra ieri, domani e oggi stesso non c'è cambiamento,
non c'è scossa in queste interminabili giornate d'estate.
Tradito, offeso, perduto, scostumato
eppure voluto tanto bene, acclamato ed applaudito :
forse il senso della vita è questo,
non arrendersi mai,
nè alla miseria,
nè a persuadere un figlio dalle follie,
nè a un tradimento d'amore,
nè alla vita stessa, che tiranna cerca di litigare
con chi l' ha generata.

(Lunedì 7 giugno 2004)

 

IO CHE AMO IL CREATORE (martedì 22 giugno)

Stanotte, ero da solo all'ombra della mia casa,
ero in terrazza con una sigaretta morta, in un posacenere rosso vivo.
Ero quanto più amareggiato dalle tante immagini
che ricordavo, e che senza vederle
mi passavano, velocemente, davanti agli occhi.
In quel quadro triste e senza movimenti
spezzò il silenzio un piccolo lamento,
e si mosse sul mio viso una lacrima tenera
come fosse una goccia di rugiada
da una fogliolina verde appena nata.
Quel pianto, sordo e solo come la notte,
era stato generato dall'ascolto di una voce soave,
che ripeteva "Voi ch'amate lo criatore, ponete mente a lo meu dolore".
Ascoltavo quelle note tanto struggenti e amare,
e nella mente si mescolavano le follie estreme,
tante muse m' apparirono sul tavolo, danzanti !
M'apparve nelle mani il mondo di terreno e mare,
e l'acqua che lo costituiva
che si scioglieva come il ghiaccio di fronte al fuoco,
cadeva sulle mie gambe
e rotolando diventava rossa.
Cristo è colui che piange,
quando l'ignoranza della gente
arriva al culmine della pazienza,
Cristo è colui che muore
lasciando un testamento di parole
unito al grande gesto dell'aspra morte.

(Martedì 22 giugno 2004)

 


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© Copyright by Ottavio Buonomo - luglio 2004