Il sonetto: recitando Guido Gallozzi

 

Una voce dietro le quinte dice “Testo di…Guido Gallozzi”, a bassa voce, quasi come se stesse interrompendo un discorso. Un annuncio naturale, come il protagonista della scena: un anziano signore, che con il nipote, cammina per le vie strette di una città, forse deserta, ed inciampa in un fosso di parole.
Fogli. E sui fogli, parole. E nelle parole, la vita. E nella vita, il cuore dell’autore. E nell’autore le facce, i personaggi, il sacro ed il profano, la vita e la morte, le fate e le streghe, i signori e le signore, i proprietari ed i proletari, i rossi ed i neri, le parole e i fatti, le mani e i piedi, il sesso e la castità, la pace e la guerra, la terra ed il cielo, l’ignoranza acuta che reclama macchie di cultura dettate con semplicità.
Recitare Guido Gallozzi è stato per me un onore. Ho recitato due suoi sonetti in uno spettacolo di qualche mese fa. I due testi erano “Er teatro d’Eduardo” (scritto nel suo dialetto) dedicato al grande Eduardo De Filippo, e “Sonetto in blu”, che fa parte della produzione in italiano. Testi difficili e felici. Inenarrabili immagini che soltanto lui, è riuscito a descrivere nei suoi testi, nei suoi sonetti.
Guido è un poeta. Riesce a cogliere su di un muro il punto più giusto per aggiungerci un nuovo quadro!
Mi ricordo, che gli telefonai la mattina dello spettacolo. Speravo che ricordasse la mia voce, non ci riuscì, e si giustificò nel suo dialetto “E per forza che nun t’ho riconosciuto! Me dici Signor Guido Gallozzi? Io ho pensato “e mo chi è?”. Gli dissi che avevo scelto di recitare alcuni suoi testi nel mio nuovo spettacolo, ma sbadatamente non avevo chiesto se potevo farlo, e se mi avesse concesso la libertà di declamarli. Mi disse di si… ed io mi sentì ancora più caricato, più forte. Ci sentimmo due-tre volte quella mattina, e mi assicurai che se avessi avuto bisogno di un aiuto per la pronuncia corretta in romanesco, potevo tranquillamente contattarlo in qualsiasi ora della giornata. Quindi, si mise a disposizione dei vari orari, che io dovevo comunque seguire!
In scena con me c’erano un gruppo di bambini, uno di loro interpretava mio nipote, ed io ero suo nonno (a vent’anni...). Gli parlo di Eduardo, e gli leggo il testo di Guido Gallozzi in romanesco, e dico “Questo sonetto l’ha scritto un grande poeta”, ed il bambino: Nonno… ma quando “ha” vissuto questo poeta?... Io gli rispondo sorridendo, ma sottosotto incollerito “Eh, a nonno tuo. Tu mi chiedi quando è vissuto questo poeta?... Vedi, questo poeta non è vissuto. Vive, e sta bene. Io l’ho sentito proprio stamattina al telefono! Gli italiani specialmente, hanno un brutto vizio a nonno, quello di ricordare gli artisti sempre dopo che sò morti! Ma ricordiamoli adesso scrittori, attori, registi, cantanti… mò che sò vivi!”…
E che il Signore tenga gli artisti in buonissima salute più di cento anni!
Di questo spettacolo ne ho una registrazione, anche se la qualità non è ottima, ma comunque spero presto di presentarvi in video questo documento!

 

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