PARTE
UNICA
“In
viaggio per il monte di San Michele”
In quell’agosto tiepidamente accolto dalla mia famiglia me ne fuggii su d’un monte, scalando e osservando, odorando le erbe.
In
quell’agosto, ogni notte un rumore di un auto che partiva per le vacanze. Noi
un dì eravamo vogliosi di mare, ora poveri murati in palazzi di marmo
altissimi, restiamo scossi a ogni rumore notturno, a ogni urlo. Immobili e
impotenti. Mia madre muta. Mio padre addormentato. Io sognatore affranto dalla
realtà.
In
quell’agosto, salì quella montagna, dal tortuoso sentiero, pietre e cunette
mi ostacolavano il passo veloce, io confuso e attento a capir la natura, me ne
fregavo dei sassi, tanto, immobili e privi di vita, anzi, mai vissuti, non mi avrebbero inghiottito. E salivo piano,
indisturbato, fino alla cima; provai un senso di disgusto nel vedere altre
persone giacere sulla mia erba, da lì a poco c’era un bar, persone morte
sulle scale della chiesa, il sole penetrava nei grossi pini distesi lungo il
viale che portava al retro di una chiesetta così bella, quasi fantastica, dove, da lontano, si ammirava il panorama
artificiale, l’impressione era quella di una New York costruita su castelli
diroccati, acquedotti, caserme di militari e cimiteri di auto. Col mio passo
lento camminavo nel viale accompagnato dal canto stanco del grillo.
Scesi
una scalinata che portava al luogo della Via Crucis, c’era una croce di ferro,
il patibolo era avvolto da una busta di cellofan, la stradina che portava ai
piedi della montagna era lateralmente composta dal filo spinato e dalla mortale
plastica, c’erano pianti di madonne vergini su pietre, spine e croci.
Risalendo
la scala, cantai.
In “Via San Michele”, vi sorgeva il Santuario, il volto di San Michele vittorioso, era stato immortalato nel momento in cui sconfisse il male, tra le mani vi teneva una bilancia, sembrava il giudice del diavolo, il giudice che condanna chi già condannato per la sua fama di spregevole angelo. Bisogna nascere ciechi per riuscire a sentire. Mostruoso è chi nasce ricco, avvolto nel sangue impuro, nel momento più dolce vi muore cadendo alla tentazione dell’essere nato. Chi mai si sarebbe permesso di uccidere il figlio di una donna vergine, eppure non hanno fatto distinzioni, ora capisco perché San Michele fu scolpito nel momento in cui sconfisse il serpente, simbolo del male, del diavolo.
La
sacrestia di lato, formata da archi, ospitava celle di monaci, balconate
instabili, cani randagi che cercavano di cavar acqua dai muri. Io vi camminavo.
Tra i gesti che stanno accompagnato la mia passeggiata, non c’è stato alcun
segno della croce.
Se
il rifiuto del gesto è segno di peccato, sono un emerito peccatore, condannato
per sempre al girone inesistente, a una parte destinata al rifiuto dei gesti.
Cominciavo
a stancarmi della libertà di camminare, della libertà di respirare
quell’aria afosa, cominciavo a sdoppiarmi, bene e male.
Vendendo
per terra la mia ombra, quelle edicole di santi lontane, il bar che si vedeva in
lontananza, la madonna con Cristo, le bare invisibili, pensavo.
Di
qui ne sono passate di persone, saranno venute tutte per pregare, per chiedere
l’assoluzione del dubbio, per rivendicare il loro passato, per prendere in
giro i santi e parlar bene dei preti.
Stanco,
disgustato da persone immobili, maiali mangiasoldi, cafoni con addosso oro e
croce, vecchi perversi che violentavano le loro nipoti adolescenti, le pie
timorate di Dio e amanti del pettegolezzo, pregavano e si davano il tempo sulla
panchina esterna della chiesa, un gatto frugava nella mondezza e un giovane
dietro un muro, impugnava uno strumento del male e faceva scorrere nel suo
sangue il sudore di chi ha lavorato, e beandosi del suo atto si rannicchiava al
muro e cadeva, vi pisciava, e non distante da lì sarebbe morto, internamente.
Se penso che dietro a un gesto, vi si nascondeva il dolore di una madre, la
felicità comprata di un paradiso che non esiste, anche io internamente mi
laceravo, mi vergognavo di appartenere al mondo.
Grilli
nella mente, mi dicevano che tra non molto questo monto, avrebbe fatto a meno di
alcune persone, mai viste ma che avevo involontariamente amato, e che prima o
poi avrei conosciute, già fisicamente morte.
Me
ne tornavo nella città, e lentamente sparivo nella discesa tra lo scarico di
una potente cilindrata, nello smog scomparivo, quasi come un fantasma che se ne
ritorna da dove “diavolo” è venuto.
Particolare del "Crocifisso" di Giovanni Bellini (1505 ca.)
"L'idea è quella di Cristo crocifisso ai piedi del monte di San Michele, non dissimile dal paese rappresentato dal Bellini"