Le domande le faccio io!
Penso di essere giovane, ho ventuno anni. Ed
ancora a quando ero più giovane risale la mia prima regia.
Infatti ho diretto il mio primo spettacolo che forse non ero nemmeno
maggiorenne, o meglio, ho cominciato a prepararlo che non avevo ancora diciotto
anni.
Ottà e mò perchè ci dici questo? Vuoi far capire agli altri quanto sei stato
bravo e prematuro? No, non è mia intenzione. Ma vi dico delle cose, che poi
arriveranno a farmi dire altre cose ancora. Prima di mangiare il dessert, c'è il
pranzo, e ti conviene non saltare niente, perchè poi, va a finire, che dopo due
ore che hai finito di mangiare, ti viene un'altra volta fame. Invece meglio
finire un pranzo "abbuffati".
Io curai la mia prima regia, non perchè volevo curarla, ma perchè non trovavo
nessuno che curasse uno spettacolo che mi vedeva protagonista come io volevo. Ed
allora, già cominciando ad avere delle "pretese", alcuni miei collaboratori
presero le distanze, e dissero "Mò questo si monta la testa". Non volevo
montarmi la testa, volevo nel disordine cercare quella goccia d'ordine che mette
a posto le cose, cercavo una collaborazione attiva, e cercavo qualcuno che mi
poteva sostenere, anche nei momenti in cui avrei sbattuto un copione a terra
(che poi non è mai successo, ho sbattuto altro a terra), nei momenti in cui
avrei detto "Non si fa niente più" e nei momenti in cui parlavo solo per
parlare, e le mie parole non erano da prendere in considerazione.
Quindi, non trovando nessuno che mi potesse dirigere come io volevo, mi sono
messo a dare io gli ordini. Ed ho capito che tante volte, l'uomo è più contento
quando riceve gli ordini che quando li dà! Lasciate stare quello che potete
pensare, ma le cose, oggi come oggi, stanno così. Avere ordini ed essere
retribuiti è molto meglio che dare ordini e cercare di retribuire!
Non è che io pensavo di essere l'ultimo divo, e che a Cinecittà stessero
aspettando proprio me, altrimenti Julia Roberts se tuccava 'e nierve. Io non
pensavo di essere nessuno, e questo mi aiutava. Se per un momento solo, avessi
pensato di essere qualcuno, avrei perso quel poco che avevo costruito negli anni
in cui facevo da spalla ai nomi più disperati del teatro italiano, ma napoletano
in particolar modo. Disperati nel vero senso della parola, perchè tante volte,
non si vedevano lire (all'epoca l'euro non c'era ancora, e io quando vedevo la
diecimila lire, facevo i salti di gioia, oggi quando un ragazzo vede dieci euro,
ti fa pure la faccia schifata).
Dicevo che non pensavo di essere nessuno, e comunque le mie non erano pretese,
ma semplici richieste. Qualcuno addirittura pensava che io pensassi che non
c'era nessuno "all'altezza di dirigermi". Ma quando mai? E se io avessi pensato
una cosa del genere, mi sarei guardato nello specchio e messo a piangere, perchè
mi avrei fatto pena da solo.
Io non cercavo che qualcuno mi lodasse, non cercavo i complimenti di nessuno,
tenevo alla mia passione, credevo in quelle cose che sapevo fare, e quindi mi
dissi "Visto che nessuno mi vuole seguire, e vuol curare la regia del mio
prossimo spettacolo, il regista lo farò io. Almeno, con il protagonista ho un
rapporto particolare, e se sbaglia, lo posso anche prendere a calci in culo".
Ecco, il regista e il protagonista a confronto: quello che piaceva a uno non
piaceva all'altro. Se il regista voleva stare il silenzio, il protagonista
voleva parlare, se il regista voleva leggere un testo di filosofia il
protagonista voleva leggere la classifica dei dischi più venduti della
settimana, se il regista voleva cantare, lo voleva fare anche il protagonista, e
nessuno dei due voleva suonare perchè nessuno dei due lo sapeva fare.
Dopo una convivenza fatta di sigarette non fumate, libri letti a metà, cene in
pizzeria e urla che arrivavano in cielo, si firmò l'armistizio. Pace fatta, ma
quando lo spettacolo era già stato realizzato ed era andato tutto abbastanza
bene. Se fosse andato qualcosa storto, sicuramente il regista avrebbe criticato
il protagonista, e quest'ultimo, al regista, avrebbe detto di tutto, e non
avrebbe sicuramente citato qualcosa che riguardava l'operato effettivo.
Poi, pian piano, il regista e il protagonista si sono messi d'accordo, e si sono
ritrovati in una strada da soli ed hanno parlato "E' inutile che continuiamo a
litigare, tanto tu hai bisogno di me ed io ho bisogno di te. Tu mi dirigi perchè
non c'è nessuno che voleva dirigermi, e io interpreto perchè vuoi che interpreti
quello che tu vuoi. Se non mi scrivessi o spiegassi come mi devo muovere, stai
sicuro che io non andrei avanti. Se tu qualche volta mi ascoltassi di più,
possiamo andare ancora più avanti". E su discorsi di questo genere, i due fecero
pace.
Avete capito perchè adesso, con "pianetaottavio.ok" le domande le faccio io? Non
perchè mi piace dirigere, ma perchè pochissime volte leggo o ascolto, domande
del genere, come le faccio io. A tante domande che professionisti fanno, la
gente è per garbo che non risponde "Ma fatti i fatti tuoi, che son fatti che non
ti riguardano i fatti miei". Che bel gioco di parole, che scioglilingua, è tutto
una poesia!
Mi piace far domande a chiunque mi prometta di rispondere. E le mie domande non
si basano tanto sul privato, quanto sull'io interiore. Certo, potrei farvi
alcuni esempi di domande, sguazzando benissimo nell'idealismo tedesco, nella
filosofia più bella... mi stanno venendo altre idee mentre scrivo.
Il regolamento per partecipare al progetto "Permette una domanda" lo trovate
nella sezione apposita, e spero che partecipate numerosi.
Si mettono un pò la curiosità, un pò la mia voglia di conoscenza, un pò alcune
ricerche che sto facendo... e sapete com'è no?