Eccomi alla società

Mi guardo allo specchio e vedo un uomo che si specchia nella società, in sé stesso.
E la società ci coinvolge mettendoci in barattolini, pronti per essere sperimentati, poi se qualcuno ci rischia la pelle, poco importa, molti vivono nel rispetto del “microcosmo nel macrocosmo”, e quindi, uno in più, uno in meno, che importanza ha? La società ci ha insegnato, e ci sta insegnando, che noi non siamo nessuno, però c’è un signor nessuno che dice di essere qualcuno, con la voce del denaro, riesce a parlare ovunque ed a conquistare i mass-media. Le pagine dei giornali si riempiono di inutilità, e nei telegiornali, i giornalisti, sono contenti se fanno audience. E’ successo nel TG della rete ammiraglia. E l’Ammiraglio Pamabù? Ormai, nemmeno un binocolo oppure un cannocchiale, fanno vedere al di là del mare, al di là di ogni orizzonte. L’orizzonte nessuno lo vuole raggiunge, non perché non si può, ma perché nessuno sa che esiste, purtroppo. E molti bambini stanno crescendo consapevoli che non ci sarà una terra promessa pronti ad ospitarli e a dare loro una vita agiata, e quindi si rifugiano in una realtà virtuale, che permette di estraniarsi da tutto, anche dai genitori, che risparmieranno di cucinare, ma li manderanno lo stesso a scuola per alimentare in loro, la voglia di una realtà ancora più virtuale!
Uno dei problemi che vedo in questo specchio (che non si romperà mai, se non con la pioggia di indifferenze che un giorno si leverà dalla terra verso il cielo, un processo inverso), è la mancanza di calma, la mancanza di un caffè bevuto mentre si ascolta una brutta canzone che comunque facciamo passare per bella, c’è la mancanza di correre per i prati e fare l’amore dietro ad un cespuglio, tenendo tra i denti un filo d’erba, magari meno bello di una rosa, ma sicuramente senza spine. Quindi, nessuno si farà male, e i corpi di due amanti, come scrisse anche D’Annunzio nella sua “pioggia nel pineto” saranno una sola cosa con la natura. Del resto, gli uomini farebbero parte della natura, anche se, avendolo dimenticato, è la natura proprio che hanno distrutto. Quindi, loro stessi. Non so gli uomini della nostra società, se se ne sono accorti, ma penso proprio di no!
La rovina della nostra società è imputabile anche al conformismo, che dilaga, dilaga troppo. La gente ormai non perde più il tempo per pensare. Mi sento assalito sempre più dalla superficialità, dal fumo passivo dell’intolleranza, dal cattivo odore della delinquenza, dall’orrore nel vedere quei giovani che camminano stanchi, senza speranze. La speranza è l’ultima a morire, quindi, dico a tutti i giovani: non morite prima voi della speranza, lasciate che sia lei a dire l’ultima parola, e voi, poi vi mettete in coda, ma già quando la speranza non c’è più, ma almeno, datele il tempo di esistere.
Siamo malati di arroganza e di presunzione, e grazie a queste due “belle” virtù, qualità di uomini ricchi di odio, siamo arrivati all’incomunicabilità. Non sappiamo con chi comunicare se non con la nostra mente, che non ci risponde perché non sa chi siamo e non sa che risposta vogliamo. Ci vorrebbe un amico (lo cantava pure Venditti), ma oggi è difficile anche stringere una mano senza scopi; l’arrivismo e il doppio fine, sono all’ordine del giorno. Chi ha un amico ringrazi Dio. Chi è felice quando passeggia in una sera d’autunno con la propria donna o con il proprio uomo in una città semideserta e poco illuminata, ringrazi Dio. Chi riesce a trovare il buono anche nella persona che fa di tutto per mostrare il peggio di se stessa, ringrazi Dio. E se non si vuol ringraziare Dio (parlo per gli atei, che stanno aumentando), si ringrazi qualcun altro che è stato capace di creare qualcosa di bello. Perché in origine, tutto era più bello, i semafori mostravano solo la luce verde, anzi, i semafori non esistevano proprio, non c’erano i parcheggi a pagamento, perché non si sapeva cosa parcheggiare, non c’era una politica che ci contava i giorni di ricchezza e ci dimenticava in quelli di povertà, non eravamo schiavi di noi stessi, e l’amore era la cosa più bella e più straordinaria che potesse capitare. E prima ci si innamorava anche perché ci si guardava negli occhi, ci si stringeva, ci si baciava. Oggi molti ragazzi si fidanzano e si lasciano con un SMS… ci si da appuntamento in posti che prendono in giro il romanticismo e l’amore stesso. Anche l’amore ha bisogno dei suoi luoghi, il sesso, poi si vede… Ci rovina la dipendenza, ci rovina l’assolutismo!
Bisognerebbe essere un po’ folli per capire meglio come gira il nostro pianeta, come è giusto abbracciare la società, come non prostituirsi al male, ed essere ripagati con i baci di Giuda che fanno più male degli schiaffi.
Per ora, la follia più grande che mi concedo è vivere!

 

Indietro