La nuova raccolta di opere in versi di Ottavio Buonomo
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MUTAZIONI SILENZIOSE
(Raccolta di opere in versi di Ottavio Buonomo)
BREVE E "DOVEROSA" PREMESSA DELL'AUTORE
Carissimi Amici,
le mutazioni di Ottavio Buonomo sono avvenute in silenzio. E' maturato un pensiero. E dal pensiero all'azione ci passa poco. Scrissi in una intervista a me stesso che tormenta un pensiero che può diventare azione, e infatti, da quando nella mia mente è entrato un grillo, è cominciato il mio dolce tormento. Tornare a pubblicare una raccolta di opere in versi! Ma perchè, proprio a me doveva capitare questo assillante pensiero? In "8cento20,6" del dicembre 2004, avevo scritto nell'introduzione che sarebbe stata l'ultima mia raccolta di poesie, che dopo non ne avrei più fatte, ma che avrei scritto pensieri solo per me stesso. L'ho ribadito in diverse interviste, anche in alcuni miei spettacoli teatrali, e ho specificato alcune ragioni a chi mi ha chiesto il perchè di quella decisione. Nessuno si aspettava quella "interruzione", nessuno immaginava questo "ritorno", che poi ritorno non è. Mi spiego meglio, ed è una spiegazione che Vi devo: Fino al mese di luglio 2007 non pensavo minimamente a questa nuova raccolta di poesie, o meglio, in questi tre anni (quasi) ho più volte sperato che un giorno avrei cambiato idea, anche se però, questo pensiero, questa speranza, non andava oltre il momento. Come pensavo questa cosa, subito pensavo ad un'altra, senza il minimo sforzo di capire perchè poi, nella mia mente si costruivano questi pensieri. Evidentemente, c'era il bisogno di comunicare, di riappropriarmi di quel rapporto con chi mi seguiva, di continuare quel dialogo interrotto bruscamente per mia volontà. Tornare a pubblicare qualcosa? Dovevo sentirmelo nel profondo dell'anima e doveva diventare quasi una ossessione. Non sono un poeta, lo dico sempre, però disegno parole. Non tutte le mie opere sono di carattere autobiografico (come anche e forse soprattutto questa), sicuramente alcune raccontano momenti felici e tristi della mia vita, ma oltre la metà, sono opere di una fantasia estrema fondata però dalla conoscenza di caratteri, momenti, disagi e disordini. Mi fa piacere quando i lettori si riconoscono in alcune storie che racconto, in alcuni versi che vorrebbero aver scritto loro. Io scrivo per amore, per fare pace con la mia coscienza, e per lasciare un ricordo non convenzionale e non volgare di quanto di meglio, o forse di peggio, dipende dai punti di vista, ho potuto fare nella mia vita. Certo, non dico che la cosa migliore che so fare nella vita è scrivere poesie, perchè magari per alcuni, le mie opere sono solo periodi imbastiti di banalità, per altri magari no. Io scrivo, poi delle reazioni mi importa relativamente. Certo, non mi dispiace se una mia produzione piace, così come i miei spettacoli: la gente si muove da casa, esce solo per venire a vedermi, paga il biglietto e si siede, a volte nemmeno tanto comodamente visto che le poltroncine di alcuni teatri sono scomodissime, così come quelle sedie che a volte mi trovo nei camerini. La gente fa tutto questo per me, e quello che io posso fare è ricambiare con il mio talento, con il mio valore. Non so quanto valgo, ma so di valere qualcosa. L'applauso spontaneo e caloroso del pubblico teatrale equivale al piacere che il lettore proverà leggendo queste poesie. Lo stesso vale anche per il contrario: provo un profondo dispiacere quando deludo le aspettative del pubblico, ma per fortuna, è successo poche volte nelle mia carriera. Non mi sto vantando, ma penso che se la gente viene a vedermi, per una forma di rispetto, devo cercare di mettere tutti d'accordo, di fare felici gli altri come posso e di mettermi a disposizione con anima e corpo. Detto ciò, aggiungo un'altra cosa. Questa non è la prima di una lunga serie di raccolte di opere in versi. In questo 2007 abbiamo "Mutazioni silenziose", poi chissà, nel futuro si vedrà, certo non prometto di pubblicare altre raccolte, altri frammenti di vita, come non prometto nemmeno di non pubblicare niente più di nuovo. Stavolta, sull'argomento e le scelte future preferisco il silenzio, è un suggerimento che mi do da solo! E' servito tante volte nella vita, non solo nella mia carriera, ed è giusto non cambiare la strada vecchia per la nuova. Così sia: "Mutazioni silenziose", e poi?... E poi, si vedrà. Meglio pensare ogni raccolta di poesie come un capitolo singolare, e non una serie, perchè non è mai stato così, ogni raccolta ha avuto il suo momento, i suoi versi, il suo seguito, le sue critiche negative come gli apprezzamenti. E sono contento così, scrivo per stare bene, racconto storie che anche se non mi appartengono completamente, le sento vicine, e le attacco sulla mia pelle perchè riesco, e qui salta fuori l'essere attore teatrale, ad immedesimarmi nei personaggi che vivono in queste opere. C'è da dire che dopo "8cento20,6" ho scritto diverse opere in versi, non racchiuse in nessuna raccolta, ho partecipato a diversi progetti di poesia, in teatro ho recitato poesie di autori noti o sconosciuti, del passato o contemporanei, ho collaborato ai testi per alcune canzoni, e sul mio sito ufficiale, di tanto in tanto è comparso un inedito, preso, quasi a caso, dal cassetto delle cose che prima o poi, come accade più o meno sempre, vedranno la luce. Le opere in versi di questa raccolta sono state scritte in periodi diversi, anche se la maggior parte di esse sono state composte quest'anno. E pensare che conservo ancora alcune poesie non incluse in "8cento20,6". La destinazione originale era quella "ultima raccolta", che ora diventa la penultima (sto sorridendo mentre scrivo), e invece non sono mai state trascritte da un quadernetto di carta riciclata che nel novembre 2004 mi regalò il mio caro amico Paolo. Vi lascio alla lettura di "Mutazioni silenziose". Inutile dire se credo in questi versi e se sento quello che ho scritto... se ora, alla mia produzione, si aggiunge questa raccolta, c'è un motivo. E riguardo al silenzio in questo campo (durato quasi tre anni, lo ricordo), dico che non è mai stato completamente tale... quindi...! Spero di essere stato abbastanza chiaro, e mi fa piacere che anche stavolta, posso firmarmi con sincerità, Ottavio Buonomo.
‘A STORIA MIA
‘A storia mia
nun è na storia,
pecchè te conto
tutte buscie,
si stongo allere
si stongo triste
ma ‘che ‘te ‘mporta
‘po’ moro ‘o stesso!
‘A storia mia
nun è poesia,
nun parl' ‘e mare,
‘e musica e "ccanzone,
ogge parte
ma dimane torno,
e si me perdo
nun me cercà!
‘A storia mia
è n’ata storia,
chella c’a “ggente
nun sape ancora,
mille parole
ditte ‘co core,
e sì ‘sto zitto
famme parlà!
‘A storia mia
è ‘na rivolta,
so Masaniello
ma nun tengo ‘a rezza,
e si fosse ‘nu “Rre
me futtessero ‘a curona,
e si m’arrobbano
nun ce penzà!
‘A storia mia
ch’a cont’a “ffà,
si saje quaccosa
va “bbuono “ggià,
po’ ce vedimme
addò se vede chi vede
‘ca ‘o munno cagna
‘e d’à storia se scorda.
MI FANNO MALE LE MANI
Mi fanno male le mani,
e non so se potrò scrivere...
e poi, un dolore dal cuore
mi chiama per nome
e ogni volta che lo pronuncia
mi sento morire. Si, morire.
Cadono nel silenzio gli assurdi pensieri,
e nel buio di una notte che notte non è
tra le braccia di un fantasma chiamato “tempo”,
riposano contrastati tra l’irrazionalità
del vivere, mi tengono le mani fra i capelli
per cercare momenti di follia
e trasportarli nello schermo dei ricordi,
attraverso popoli sconosciuti e rimasti tali.
Le virtù dell’uomo possono essere tante,
e ci alleniamo a conquistarle tutte con la sofferenza,
censurandoci le idee uniche, incredibili!
Le mani mi fanno male,
ed io non so, se al dovere
metterò, soffocandomi, un segno di sconfitta
con i limiti del mio potere.
AMORE, TU, AMORE
… E se il chiamarti troppo
lo fai passare per invadenza…
… e se il cercarti disperatamente
lo intendi come rifugio dalla solitudine…
… e se la voglia di toccare i tuoi seni
è per te, il bisogno di un piacere…
… io forse sono sbagliato,
una figura sicuramente cancellabile…
… ma tu non sai amare…
e non sarò il solo a scagliarti questo sasso
su quelle labbra, tenere e rosa.
L’uomo ha permesso ai suoi simili troppe cose…
… e l’amore, è tenero e rosa,
come le tue labbra,
come un fiore unico
in un campo irraggiungibile.
TROPPO FACILE CHIAMARLA LIBERTA’…
Sono un pazzo.
Meglio così.
Affastellato e solo in mezzo ai corpi
inermi e anch’essi soli al sole.
Solo ma con un pensiero:
in continua ricerca della fisica,
assurda, forse impossibile libertà
in uno stato critico di assenza
perso nelle mutazioni silenziose
dell’anima.
Questa voglia di essere,
sperando che convinto, poi, sarò
e, di riappropriami di me stesso…
troppo facile chiamarla libertà!
Bramosia, e dannazione, aiuto…
ed ancora, aiuto!
Sarò, forse,
quando capito d’esistere.
CERCO
Cerco
chi mi comprenda e mi risponda,
cerco
il sole splendente dietro le colline,
cerco
un luogo comune dove vivere felice,
cerco
un messaggio chiuso in una bottiglia,
cerco
una angelo vestito da gabbiano,
cerco
un sorriso dopo un lungo pianto,
cerco
la storia omessa nei libri,
cerco
Cristo in una preghiera,
cerco
le mani più lisce delle mie,
cerco
prati senza l’erba dell’ipocrisia,
cerco…
una lacrima caduta nel fondo
di una grande anima.
VIENE A MARGELLINA
Si 'a vita te stressa,
si t'ammosciano 'e "ttasse,
si 'o munno và 'a pressa
si 'nu turmiento ‘ntè lassa,
tu può truvà int'a 'na goccia 'e mare
e int'a 'nu ventagliello 'e terra,
'n'isola felice 'ca te vaco a presentà:
Viene a Margellina,
addò 'o mare se sposa 'cu 'a rena,
addò 'e "nnammurate ce fanno l'ammore;
viene a Margellina,
a mangià 'nu spaghett'a "vvongole
e 'na frittura add"a Zì Teresa;
viene a Margellina,
addò ogne poeta s'è fermato
'pe scrivere 'na bella canzone;
viene a Margellina
addò vide 'cu "ll'uocchie
chella 'ch'a 'na vita te suonne!
"Dduje passe 'pa Caracciolo,
e 'na cuntrora dint'a Villa cumunale,
'nu pittore ca và cercanno culure
solo a Margellina 'e "ppò truvà,
e tu può truvà int'a 'na goccia 'e mare
e int'a 'nu ventagliello 'e terra,
n'isola felice 'ca te vaco a presentà...
Viene a Margellina,
addò 'e "ffemmene vanno a spasse
sottovraccio ridenne e pazzianno;
viene a Margellina
addò 'e vase coceno comme 'o sole
'ca forte s'appoja 'ncopp'a scugliera;
viene a Margellina
addò 'e "vvarchetelle me parene
nuvole 'ntra cielo e "mmare;
viene a Margellina
addò 'o tiempo s'è fermato
a quanno Napule era Napule!
PAROLE IN LIBERTA’ DI UN RAGAZZO GIOVANE
Sono stanco
di sentirmi in colpa verso chi
invece, dovrebbe chiedermi scusa.
Non potrei più sopportare
un’altra innocua ma negativa critica
sul mio fisico, sui miei pensieri,
sui miei dolori che esprimo con il silenzio.
Ho visto, una sera, in una strada di campagna
lo sguardo di una ragazza che vendeva il suo corpo,
la luce di speranza nei suoi occhi
che ho più immaginato che visto
mi hanno fatto scoprire la vera purezza!
Il cammino più dolce è quello realizzato
in compagnia di un perfetto sconosciuto,
tra le braccia del buio, con la paura
di inciampare su sassi snervati e
morti senza aver mai vissuto.
Sono un ragazzo giovane
e di giovane forse ho la pelle,
che mi ha regalato mia madre…
chissà se la mia anima è pur giovane…
contando le tante ferite,
e i tanti segni di pneumatici vecchi
che l’hanno attraversata,
penso, rassegnatamente,
e con un dolore ancora più forte,
di no!
NUN SACCIO C’AGGIA FA…
Cammino p’a casa,
me pare ‘na visione,
arepe e chiud’e “pporte,
sempe venarrà ‘sta sciorta,
m’appiccio ‘a sigaretta
‘o fummo po’ “ffò male,
sta scritto bello e chiaro
‘ca fa murì “cchiù ambresse,
e me guardo dint’o specchio,
dint’o scuro ‘e ‘na stanzetta,
“dduje passe int’a cucina…
primma o “ppoi m’aggia fermà!
E’ notte e nun saccio c’aggia fa,
m’assetto e po’ m’aizzo
‘e na manera ‘o tiempo
‘pe “fforza adda passà!
Nun tengo cumpagnia,
‘nu raggio d’allerìa,
mette dische ‘ncopp’a “ddische
ma nun me sento ‘na canzone,
fore ‘o balcone penso… ‘o mare,
ma rimpette a “mme ce sta ‘o silenzio,
penso… comme è amaro ‘o surriso
d’a “ggente ‘ca nun ride maje,
e corrono comme fosseno criature
‘sti penziere e s’alluntanano da me,
ricorde ‘ca nun ricordo “cchiù:
so ricorde ‘ca t’arrubbaste tu!
Diceva Eduardo: “Adda passà ‘a nuttata”,
è passata ‘sta nuttata
ma è scena n’è cagnata…
E’ ghiuorno, e nun saccio c’aggia fa!
POMERIGGIO D’ESTATE
In questo pomeriggio
d’estate,
tutto dorme sotto il sole,
le auto riposano ai bordi
dei marciapiedi distrutti dal tempo,
una foglia sembra si disseti
con l’aria calda e umida...
volano nell’aria uccelli bianchi
in cerca di ombrati spazi neri,
il parco sembra un grande circo:
la gente però non ride e i cani sono stanchi.
Io, seduto al balcone,
immagino il cielo:
potrei mirarlo,
lasciandomi abbagliare
nel pensiero
dall’immenso chiarore.
AMO
Amo la montagna,
e la stradina che sopporta il peso dei miei piedi.
Sono così belli i raggi del sole
che si attorcigliano a maestose querce,
e abbracciano quei rami così forti,
su uno di quelli canta un uccellino,
ne odo il cinguettio, solamente,
e lo immagino nel suo nido di libertà.
Amo passeggiare
fra questi campi arati da poco.
La terra dissodata e ferma giace
sotto il sole che la riscalda e sotto
le mie scarpe che si fanno sempre più pesanti,
e mi sento così felice che quasi ho paura:
la solita angoscia che germina dal fiore
della sensibilità estrema di un’anima
tormentata e dolce, martoriata e distratta.
Amo la gente semplice,
la ricotta bianca come un pensiero vergine…
le gallinelle che pizzicano il grano,
le pagliette dimenticate sul muretto,
i cucchiai di legno che fanno rumore,
dolci brusii e ruscelli brevi e limpidi,
erbetta soffice piegata da sofferenze atroci,
nuvole che giocano a chi scompare per prima…
E amo… quelle nuvole che scompaiono, amo.
Amo, tutto ciò che sta scomparendo, amo.
DISAGIO SEMICOSMICO
La prepotenza mi ha invaso il cuore,
e non riesco più a pensare d’amore
e sento morirmi internamente, senza
lo scampo di quella serenità invocata
dall’urlo soffocato del bisogno.
Voglio l’anima sì tormentata,
ma priva di qualsiasi forza per violentare,
con il solo mezzo del verbo,
esseri umani che per amarmi
non amerebbero più loro stessi,
cosa crudele, ma che fa così piacere.
E non voglio perdere i sensi della ragione,
così come non ambisco a perdere me stesso
nel mare di superficialità che mi circonda.
E poi, se ci fosse la morte?
Meglio che sia "io stesso" a causarmi "la morte",
che "io stesso" a causare "la morte" a chi
ha dimostrato di saper amare anche l’orrido
e l’impossibile.
GENERAZIONE X
Generazione attaccata
a quei gruppi sempre uguali
che parlavano di libertà!
Memoria persa in una piazza
col sole che tramonta al sud
dove la notte è la più nera che c’è!
La politica spaventa,
temporale che tormenta
sfrenato qualunquismo kitsch!
Suoni che non sono di moda,
Giovannino esce con rosa
che la verginità l’ha persa già!
In un centro commerciale,
un filosofo orientale
presenta un libro nel web!
La cartolina mai arrivata,
si è persa in un posto
dove non esiste più la posta!
Girasoli appassiti all’ombra
di una casa nuova con pareti
gialle, bianche, un po’ seppiate!
Microfoni che parlano da soli,
ventriloqui impazziti nel blu
vivono, ignorandosi di più!
La candela si sta spegnendo,
una vita che va a rilento
e nascono gessati conformisti!
Viva l’amore, viva la pace,
i muri piangono vernice rossa
poveri mattoni: rotte ossa!
Cadono lentamente le stelle,
e succede anche di giorno,
sotto gli occhi di milioni di persone!
Generazione X,
che vuoi di più?
L’hai cercata tu… Generazione X!
ELVIS
Immagine incredibile,
un corpo colorato dai silenzi
di pomeriggi semplici e unici,
negli angoli di una notte
che comincia quando il sole
sorride alla prima finestra aperta.
La realtà, così bella da
sperare di non sognare mai,
e poi così atroce da invocare
un sogno eterno: la vita!
Quella voce penetra e lacera,
stringe creature nel mare del disordine
e le allinea vezzeggiandole,
e nella delicatezza
di un momento straordinario e raro...
l’amore matura nei cuori dei popoli
che pensano, si distraggono, muoiono.
Elvis, amore, passione, speranze.
Elvis, sovranità, sudditanza, morte.
Elvis, dolce tormento di chi ama.
Da sempre sogno,
il nostro concerto.
SI MURESSE MO’ STESSO…
Si muresse mò stesso,
chi “mme truvasse vicino?
Muresse int’o scuro,
senza ‘addore ‘e nisciuno…
Me so scurdate ‘e ridere,
e nun saccio “cchiù
ched’è ‘o dimane:
‘nu suonno,
‘nu mumento ‘e “cchiù,
‘nu ghiuorno ‘e famme,
senza sole, senza luce.
Zittu zittu me ne jesse,
si muresse mò stesse…
COGLIMI ANCORA VIVO (UN FIORE)
Sarò per te un fiore,
se mi coglierai vivo,
caro cuore arrugginito
dalla pioggia che c’era ieri!
Coglimi, nel campo immenso
non chiedermi il consenso,
dico ancora, sotto il sole
“Sono tuo, povero cuore”,
coi miei petali mia cara
fatti pure una collana.
Ed anche se io morirò
in un vaso, dimenticato,
sarò felice di essere buttato via
dalle tue mani…
E sarò felice di morire,
quando non sarò più un fiore!
NAPOLI E' SEMPRE AL NORD DI UN PAESE DEL NORD
Una donna con
suo figlio
avvolto in uno straccio,
le vie eran di ghiaccio
profumavano d'orgoglio.
Ed in piazza c'è un letto
quelle persone ridono
poi d'improvviso piangono
con desideri repressi d'affetto.
Ma tutto sommato
Napoli è sempre
al nord ...
di un pese
del nord!
Una musica senza tempo
ogni muro sembra un tamburo
e ogni angolo scuro
sembra un grande campo.
E si spostano i colori
vanno incontro ai pescatori
ragazze contro i professori
e mille silenziosi rumori.
Ma tutto sommato
Napoli è sempre
al nord ...
di un paese
del nord!
'NU GRANDE
AMICO
Tengo 'nu grande amico
'pe "mme comm'a 'nu pato,
isso "mme dà cunsiglie
me mette 'pà "bbona via.
Quanno 'na vota "mme vedette 'e chiagnere
nun teneve 'o curaggio 'e "mme guardà,
'a chist'uocchie mieje và truvanno sempe
'o sole... e "nnò lacreme lucente e amare.
N'avimme visto 'e tutte culure,
ma niente c'ha maje vuttate 'nterra,
avimme viste tante scene 'e guerra
ma niente c'ha 'mbressiunato "cchiù 'e tanto.
Quanta vote nun tenevo "ggenio 'e ridere,
quanta vote vulevo stà 'o scuro a chiagnere,
quanta vote cantavo 'pe me sullevà 'o core
quanta vote aggia ditto "Io mò more"...
e isso sempre vicino a me, grande amico mio,
sempe 'cu 'na mano allungata 'pe "mm'aiutà,
sempe 'cu 'na parola "bbona 'pe nun penzà,
'na resata 'pe famme continuà a campà.
MENU’ CON MORALE
Maccarune pummarola e vasinicola,
pennette piscatrice e mulignane,
cucuzzielle alla scapece,
purpetielle all’acqua e mare.
Past’e “ffasule ‘cu ‘e “ccozzeche,
sasiccie e friarielle sfritte,
muzzarella fresca ‘e “bbufala,
pasta e cavulasciore ‘cu ‘a provola.
‘Nzalata ‘e mare ‘cu ‘o limone,
fettina 'e carne 'a pezzaiuola,
gnocche ‘a surrentina,
pacchere ‘cu ‘o “bbaccalà.
Zuppetella ‘e fave e cicere,
frittura ‘e paranza fresca fresca,
spigola viva all’acqua pazza,
custatella aglio e tiella.
Vino ‘e Ischia, vino ‘e Proceda,
cafè stritto, doce, amaro, forte,
nucillo, limoncello, cunsevera ‘e amarene,
cuncierto amalfitano, fravulillo…
Pastiera ‘e rano, struffulille,
sfugliatelle, babbà a “rrumma,
delizia ‘cu ‘e limone ‘da custiera,
taralle ‘e zucchero, ‘a caprese!
Chesta sì… che è ‘na poesia!
POESIE
Nella poesia ritrovo
i pensieri di un bambino,
anime vissute in epoche perdute
all’ombra dei grandi cambiamenti.
Nelle pagine di versi,
trovo amori di ragazzi
troppo belli per essere felici
innamorati come non accade più.
Nelle emozioni scritte,
stampate sulla carta,
rivivono momenti unici
storie impossibili, immagini.
Da una poesia può nascere un bacio,
uno sguardo che invita a rinascere,
un punto così vicino eppure impervio,
un mondo che non teme la fine.
VITA ‘E PALCUSCENICO
Pure si nun c’avimme maje vasato
è “ddà sempe ‘ca te chiamme ammore,
‘cu “tte aggia passato e passe
tanta mumente ‘da vita mia!
Quanta buscie me faje dicere,
quanta chiacchiere me faje vennere
‘cu ‘a speranza ‘ca quaccuno m’è “ppavasse…
quanta parole jettate ‘o viento!
Te cammino, te sento dint’e “vvene,
m’arap’e “bbraccia e io me scioglie,
‘na lacrema s’annasconne tremmula,
me giro e nun so “cchiù io. Chi songo?
E ‘ncopp ‘a ‘sti “ttavule ‘e lignamme
sò “nnate uommene ‘ca nun so state mai criature,
so “nnate pure femmene, figlie ‘e chisà,
ammore scanusciute, storie ‘e gelusia!
Zì Sufia, ‘a mamma ‘e tuttu quante,
Crispino, ‘o sinnaco tirato ‘e mano,
Turillo, ‘o cammariere cacaglio,
Totonno, ‘o ‘mbriacone filosofo…
… Carmelo, ‘o “ggiovane rattuso,
Ziccuccio, ‘o servitore cafone,
Donna Gina, l’artista ghiut’a cita,
Totò, Charlot, MarioPio e Zazà!
Quanta vote aggia suppurtato,
sufferto ciente pene e tanta strille,
‘e speranza ‘e chi saglie chella muntagna
fatta ‘e sische, resate, applausi e ‘nfamità!
Chisà, si muraraggio ‘mbraccio a “ttè
o ‘mbraccio a n’ato,
pecchè io te voglio bene overamente
spero ch’a tant’anne “llè capito!
CHAT
(Ogni nick è puramente casuale)
Scugu: Ciao
Fedora89: Ciao
Scugu: Da dove dgt?
Fedora89: Rm
Scugu: Città o prov?
Fedora89: Città
Scugu: Ah ok!
Fedora89: Tu?
Scugu: Na
Fedora89: Anni?
Scugu: 20 tu?
Fedora89: 18
Scugu: ...
Scugu: Dv 6?
Fedora89: Sn qui
Scugu: Ma con quanti sei in chat?
Fedora89: Con 4
Scugu: Ah...
Scugu: Ke fai nella vita?
Fedora89: Studio
Scugu: Cosa?
Fedora89: Liceo scientifico!
Scugu: Ok!
Scugu: Io invece faccio l’università!
Fedora89: Ok
Scugu: Sei fid.?
Fedora89: Si e no!
Scugu: Hai tue foto?
Fedora 89: No
Scugu: Ok…
Scugu: Ti va di vedermi in cam
Fedora89: Io cmq tra un pò stacco!
Scugu: Ma quanto stai?
Fedora89: Poco, mia madre rompe le palle!!!
Scugu: Ok…
Fedora89: Io stacco!
Scugu: Ok
Fedora89: Ciao!
Scugu: Ciao! Alla prox!
Fedora89: Ok! Ciao!
Riuscite a credere che oggi
le persone si incontrano così ?! ...
QUASI MI VENDEREI
Se uno di chiesa mi dicesse
che vendere l’anima
non è peccato, io la venderei.
Metterei all’asta le opinioni,
gli sguardi e le emozioni
senza tante esitazioni.
Svenderei parole dette,
e poi ancora quelle scritte
e quelle morte, quelle brutte.
Darei a rate la mia mente,
venduta a scatola chiusa
ingegnosa o deficiente.
Venderei tutti i miei sogni,
bianchi, neri ed a colori,
ben sigillati nel cellofan!
Organizzerei una colletta,
per vendermi le idee
come fette di torta.
Quasi mi venderei,
senza passaggio di proprietà:
nuvola in cerca di libertà!
Se avessi titoli, anche quelli
venderei, a poco prezzo però
se no acquirenti non troverò.
Regalerei però al mondo
la saggezza di un ignorante
con incluso assaggio di follia!
Allegherei ad un giornale
il mio istinto primordiale,
il mio modo di parlare.
Non venderei mai il corpo…
è già stato prenotato
da tempo dalla morte.
COME SE FOSSE LA NOIA...
E’ qualcosa che mi sento addosso,
come fosse la noia,
a cavallo di una tentazione
c’è una minima intuizione,
del male non conosco la radice
mi va bene tutto quello che si dice,
voglio parlare con diverse voci
cantando sentimenti più che atroci.
Mille parole perse in un libro,
le anagrammerei per fingere
di aver creato termini nuovi,
farei della notte una ricreazione
in cui dare sfogo alle emozioni
quelle più strane e perverse,
nuoterei controcorrente senza
paura di morire tra le onde.
Allarme che scuote le anime!
Vite che nascono nei barattoli!
Sorrisi sforzati in una lacrima!
Movimenti deboli in crescita!
Mi sento male al pensiero
di essere vittima di un momento
che mi lasci la libertà di credere
di essere ossequiato dalla noia.,
Eccola! Arriva già, vive in me…
Capita di sentirsi inutili,
senza sbocchi, senza pietà,
di morire in un attimo
e risuscitare dimenticando
un passato, tanto recente
che riesce ancora a fare male…
come se, fosse la noia!
PAMABU’
(Più volte la parola “Libertà”)
Pamabù, libertà,
non morirà!
E’ un incrocio di diverse menti,
di pensieri concordanti,
vittime di una poesia invadente
che pesca nei cuori della gente
le parole di una industria permanente.
Saremo in tanti,
a gridare di voler volare,
planeremo sul San Michele
mangeremo un po’ d’uva e due mele.
Odio la rima, ma a volte l’uso.
E le canzoni, sentiremo insieme,
canteremo fino a quando la gola
si sarà disintegrata totalmente,
chi ci ascolterà avrà la libertà
di giudicarci amaramente, come di godere
di voci così sincere, veraci, crudeli.
Angeli che cantano i pianti degli uomini,
poeti ammazzati per la troppa libertà,
e l’ignoranza premiata con un coniglio
uscito da un cilindro di un automobile.
Pamabù, mira lontano, corre senza sosta,
si ferma solo per riprender fiato:
snodato, ferito, amato, calpestato,
odiato, cantato, sbraitato, maledetto,
colpito, pregato, invidiato, parlato,
sfregiato, malato, suonato, pagato,
massacrato, picchiato, adorato, vissuto,
sessuato, asessuato, arricchito, impoverito,
desiderato, depauperato, usato, giocato,
raggirato, pronunciato, studiato, valutato,
celebrato, recitato, ricordato, pensato,
onorato, lodato, citato, disprezzato,
umiliato, vantato, ripetuto, visitato,
imitato, plagiato, sospirato, abbattuto,
enunciato, denunciato, illustrato, martirizzato,
santificato, copiato, perduto, graffiato…
Pamabù, libertà,
non morirà!
GIUVANNE E NICOLA
(Un racconto in versi)
“Dduje guagliune maltrattate...
e pecchè?... Pecchè facevano 'ammore,
ommo ‘cu ommo, e ‘pe “cchesto
‘e sfuttevano sempe “E’ ricchiune!”.
Ma chest’è “nniente, quanno trasevano
‘a ‘na parte, sentive ‘a “ggente ‘e dicere:
“Evvìlloco! So arrevate ‘e zuzzuse”.
E cummigliavano “ll’uocchie ‘e “ccriature.
A ‘na signora “lle facevano schifo,
forse se scurdave ‘ca essa 'pe "mmarito
teneva ‘nu mariuolo ‘ca ‘pe nu scippo
mannaje ‘o cammusanto ‘na vicchiariella.
‘Sti “ddue guagliune, Giovanne e Nicola,
nun facevano niente ‘e male,
‘e primme erano “lloro a "sse mettere scuorno
quanno “mmiezz’a via passiavano abbracciate.
Ma ‘nu ghiuorno se facettene curaggio,
se dettene ‘nu vaso dint’a chiazza,
“nnanz’a “cchiesa ‘da Madonna Assunta,
sotto “ll’uocchie meravigliate ‘da “ggente.
‘Nu chiattone, brutto comme ‘a morte,
jette vicino a “lloro e ‘e “rrichiamaje:
"Eh... Embè? E che so ‘sti cose? Ma dich’io?
Nun ‘o “vvedite ‘ca s’è fatta ‘a folla!?
Si vuje site viziuse, jatevenne luntano!"
E tanta gente accummencaje ‘a sbaglià c'a vocca:
“Ma guarda guà ‘sti rutte ‘e mazzo”
“’A n’atu ppoco se fanno pure ‘o fatto “mmano”.
‘Na mamma alluccaje: E’ sacrileggio!
‘Sti “ccose ‘a “cchiesa nun è “ppò vedè!
‘Pe sti spurcarie jatevenne luntano,
fujtevenne addò nisciuno ve po’ ‘ncuntrà!
Nicola e Giuvanne, s’astrignetteno ‘e “mmane,
aunite forse putevano vincere ‘sta guerra,
pure ‘e “ffamiglie “lloro l’avevano abbandunate,
erano sulo ‘o munno, ma cu tanta dignità!
Se ne jetteno ‘da chiazza, accumpagnate
‘de “pparole ‘e chella gente ‘ca nun se sparagnava
a “ccumplimente; continuava a sfruculià:
Femmenielle, fenucchie, pigliate ‘e recchia!
‘A sera stessa, ‘e “ggiuvane se guardajene fisse,
nun tenevano ‘o curaggio ‘e se parlà:
Si st’ammore nun è “llibbero, c’ajmma fa?
Meglio ‘ca ce lassamme, ognuno và addò vò!
Cheste fosseno state ‘e “pparole ‘e chi
nun se vò “bbene, ma Giuvanne e Nicola,
erano nate ‘pe ‘sta ‘nzieme,
‘pe stà mane int’e “mmane tutt’a vita.
Allora, senza parlà, se capetteno ‘o stesso.
Ascetteno assieme ‘pà “ll’urdema vota,
e s’abbracciajne forte forte, ma
‘pe “ssempe, e se vasajene senza se staccà.
‘O ghiuorno doppo, ‘ncopp’ o laghetto ‘do paese,
durmevano “ddoje anime sfurtunate,
‘a “ggente currette subbeto a vedè
e l’uommene s’avasciajne ‘o cappiello.
E se sentette subbeto: “Poveri “ggiune!
Pecchè ‘sta sciorta ‘ngrata? Ma pecchè?”
E ‘nu signore: Ma comme hanno fatte ‘sta penzata?
Che facevano ‘e male? Niente proprio!
‘E "ffamiglie "lloro mò s’è “cchiagneno,
e diceno c’he “pportano int’o core.
‘A “ggente int’o paese parle ancora,
ma nun diceno “cchiù parole amare…
DOMANI
Domani
mi sveglierò
e avrò
la forza di amare.
MOMENTO D’AMORE
La pioggia cade sulle case, le goccioline si posano
sui vetri delle mie grandi finestre, in quell’acqua
timida e sola riesco a leggere il tuo nome,
e le lacrime del cielo sembrano cantare l’amore,
in quest’oasi di gioiosa purezza, mi lascio
trasportare nel vento, tra le calde onde…
... le onde del tuo amore,
si perdono felici nel mare della mia anima,
ed io mi tuffo sperando di annegare
in un bacio che non conoscerà mai la fine,
e non sarà né il primo e né l’ultimo,
sarà il solo, ma infinito…
… infinito come un tuo sguardo,
che delicatamente si posa sul mio corpo
che riposa dopo una giornata di lavoro;
sei così tenera, una piccola grande donna
che carezza la mia fronte, e poi cadi
tra braccia che, per te, non conoscono stanchezza…
… stanchezza conoscono coloro che non amano,
la reale perdizione vive nell’odio, in quell’errore
umano in cui tutti cadono prigionieri, e stentatamente
riescono a fuggire da mura alte ed impossibili
come quelle di una prigione d’un’isola deserta
in alto mare… in mezzo ad oceani di fango!
Amore mio, sei così vera,
che non riesco a credere
la tua esistenza.
AMORE LONTANO
Non mi basta immaginarti
per sentire di meno la tua mancanza,
sento un freddo che mi assale:
è la solitudine che nasce
come la storia triste
di un bambino non voluto.
Sei lontana da queste mani
che hanno sfiorato il tuo corpo come una rosa,
e dei tuoi petali sento forte il bisogno
per colorare impossibili momenti senza gloria,
e si perde in un canto disperato
la mia voce che ti invoca, amore mio.
Chissà in quale parte del mondo ora vivi
amore lontano
amore perduto.
AMMORE
Ammore mio, grande ammore,
tiene int’all’uocchie scure ‘nu piezzo ‘e sole,
e dint’e “mmane chiare ‘nu fazzuletto ‘e neve,
e quanno stamme ‘nzieme nun saccio maje
si stamme dinte vierno
o è primmavera chiena!
RESURREZIONE
Non è più tempo di poeti, purtroppo,
ma spero che in alcuni angoli della terra
sono stati nascosti alcuni versi
che risorgeranno quando il mondo
avrà bisogno di pace, d’amore,
di erudizione, di dottrine di speranza,
di centri in cui la società possa confrontarsi
e possa trasmettere ai posteri
il significato vero della guerra.
All’uomo, dovrebbero tormentare più cose.
Ottavio Buonomo
Mutazioni silenziose
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