I capitoli di questa sezione:

IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO
IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO: COM'E' NATO TUTTO
IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO: GLI ATTORI, PROFESSIONISTI E NON...
IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO: LA STORIA, SCENA PER SCENA...
IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO: DEBUTTO AL MAGIC VISION DI CASALNUOVO DI NAPOLI
 

IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO

"Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto" è senza ombra di dubbio il lavoro più difficile e complicato che Ottavio porta in scena dal suo debutto. Supera sé stesso non solo come attore, ma anche come regista e soprattutto come autore. E' lo spettacolo che vede l'artista debuttare anche come produttore e come co-autore delle canzoni incluse nella commedia. Insomma, per farla breve... IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO è OTTAVIO BUONOMO!

 

IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO: COME E' NATO TUTTO?

La storia di quest'opera è straordinaria. La preparazione sembra un romanzo che raccontiamo con piacere, cominciando dalla genesi, dai primi "appunti":

Nel gennaio del 2009 Ottavio scrive due sketch comici intitolati "La Stufa" e "La visita". Non sa bene che farne. Nella sua mente c'è un varietà, tipo "Non avevamo capito il resto di niente", ma c'è anche la voglia di mettersi in gioco con qualcosa di diverso, di nuovo, forse addirittura di provocatorio. Anche se il lavoro da cui partire per trarne una sorta di seguito, è stato molto apprezzato ed originale, Ottavio pretende da sé stesso qualcosa in più. Per tutto il mese di gennaio non fa altro che leggere e rileggere quei due sketch, che in scena potevano durare dai dieci minuti al quarto d'ora. Sono sketch con tre personaggi, uno in italiano (La Stufa) e l'altro in dialetto napoletano (La Visita).

Nella primavera del 2009 comincia a scrivere una storia: un vecchio attore che ripercorre la sua vita. La storia di un uomo di teatro. E nella storia ha intenzione di inserire tre sketch. Due sono già pronti, il terzo non ancora. Qualcosa abbozza, ma niente di importante. Lavora su "diverse parti" del copione indicato come "Nuova commedia musicale".

Una mattina di fine primavera, attraversando una campagna, mentre si reca in una scuola per tenere una lezione di recitazione, nota un cappotto piegato sull'erba che con il peso schiaccia dei fiorellini di cui a malapena si riesce ad intravedere il colore dei petali. Ma la cosa che colpisce Ottavio è una lumaca posizionata al centro dell'indumento, quasi fosse una casetta costruita sul punto più alto di una montagna. Resta fermo a guardare quella immagine come un bambino contempla la vetrina di un negozio di giocattoli. Ottavio posa la ventiquattrore che solitamente porta con sé, estrae un foglio e prende un appunto. Riprende a camminare. Si ferma di nuovo. Dà un ultimo sguardo a quel "quadro" e appunta un titolo su un foglietto di carta "Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto". Il bene e il male! Il fiore, così delicato, così dolce, è stato schiacciato, magari da un gesto violento da parte di un uomo che ha scaraventato quel cappotto sul prato. La lumaca, all'apparenza un "animaletto" innocente, innocuo, ha strisciato fino a prendere il posto a lei più conveniente. Ed invece che stare dalla parte della "natura" e della semplicità, ha preferito stare dalla parte del potere (il cappotto) che ha letteralmente spezzato il più debole (il fiore). Questa spiegazione così fine e così dettagliata, Ottavio la dà al suo amico Paolo Driussi che dice "Bella questa immagine, ma questo titolo per cosa lo utilizzi?" - "Per la mia nuova commedia musicale... ho scritto qualcosa, ma penso che butterò tutto. Mi è venuta un'altra idea!" risponde.

Mentre tenta di scrive altre scene del copione, Ottavio decide: "Questo sarà lo spettacolo che festeggia i miei venti anni d'amore con la scena". Ne parla con Maria Aprile che curerà con lui l'allestimento dello spettacolo. Maria è entusiasta e chiede di leggere il copione. Ottavio le dice di aspettare, che sta lavorando. In realtà, Ottavio è fermo. Non sa come procedere. Poi nel giro di due giorni scrive di getto una storia sulla vita di un attore "immaginario", Carlo Bindi. Uno spettacolo che comincia con la morte del protagonista e che poi va indietro nel tempo. Ottavio porta il copione a Maria che prende tempo per leggerlo. Intanto l'attore già modifica alcuni dialoghi senza dire niente a nessuno. Maria legge il copione e lo trova bello. Ottavio lo rilegge e lo trova orrendo. Non sa perché. Decide comunque di cominciare a provare con tutto il cast. Ecco... bisogna scegliere il cast!

Ottavio invece che attivarsi subito alla ricerca degli attori (ne servono una ventina), pensa subito a leggere il copione in compagnia de I Cantori del Cuore, parlando spesso con Andrea Di Nardo e Carla Puzone delle scene.

"Non so a chi andranno i personaggi. Non so nemmeno io come farò a reperire gli attori con specifiche caratteristiche. Magari farò dei provini, sceglierò persone con le quali non ho mai lavorato prima! L'importante è che siano tutti dei professionisti e persone capaci! Ho scritto qualcosa che si allontana dalle mie opere precedenti, sembra un film".

In effetti Ottavio più che un copione teatrale ha scritto la sceneggiatura di un film, ma trova la trama debole. Non si spaventa e comincia a provare sperando di trovare la soluzione lavorando. Le scene che ama provare di più sono i due sketch, quelli comici, quelli che hanno dato il via a tutto. Li prova facendo scompisciare dal ridere tutti i presenti. Una sera la costumista e sarta, ospite delle prove, ride così tanto insieme ad una delle sue figlie che l'artista si vede costretto ad interrompere la prova, cominciando a ridere senza sosta, insieme con Cristina Di Nardo e Andrea Di Nardo che recitano con lui nella scena.

Le prove "vere" dovrebbero cominciare nel settembre 2009. A luglio, più che altro, ci sono incontri tra Ottavio, I Cantori del Cuore e Maria Aprile per esercizi di tecnica, anche se Ottavio comincia già a scrivere una lista di attori da chiamare per ricoprire questo o quel ruolo.

Un pomeriggio Andrea passa a prenderlo a casa per accompagnarlo agli studi di registrazione. D'un tratto Ottavio dice all'amico e collega: "Tu non sai nel prossimo spettacolo che personaggio ti faccio fare!". E Andrea "Che mi fai fare?". Ottavio abbassando il finestrino sospira e poi dice: "Il duce". Silenzio... Andrea vuole parlare ma Ottavio ancor prima lo interrompe... "Il Duce come non l'hanno mai visto prima. Un duce diverso da come è stato mostrato. Un duce che non c'entra niente con la politica, con la guerra e con tutta la realtà o meglio, la realtà diversa da quella raccontata nei libri. Poi ognuno l'ha vista in un modo. Voglio fare una ricostruzione storica utilizzando la mia immaginazione, solo la mia immaginazione, con qualche riferimento preciso, altrimenti non viene fuori il personaggio...". E dalla mente di un attore comico può uscire di tutto ma questo non spaventa Andrea che sorridendo accetta di interpretare la parte. "Puoi somigliargli ancora di più" dice Ottavio, "Devi rasarti i capelli! E' satira! Pura satira e niente altro... Non faccio niente di male! E poi ho intenzione di mettere tanti riferimenti alla storia dello spettacolo, riferimenti alla società italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, voglio metterci di tutto, dal teatro sotto le bombe al boom e Via Veneto. Ma ho bisogno di capire come utilizzare tutti questi elementi altrimenti non posso cambiare il copione. Verrà fuori una bella cosa. Non mi chiedere perché, ma lo so!".

E' agosto. Ottavio parte per le vacanze. Manda un messaggio a Maria Aprile scrivendo "Sto pensando alle cose da fare in autunno. Quando scegliamo le canzoni da inserire nella commedia?". E Maria risponde con quello che Ottavio voleva "E se realizzassimo noi le canzoni? Tutte inedite? Magari butta giù i testi e quando ci vediamo me li dai, poi li leggerò io e scriverò le musiche. Pietro ci darà una mano". Pietro è Pietro Lanza Peluso, il "maestro". Proprio quando Ottavio è in vacanza avviene un "cambiamento". Ottavio comincia ad appuntare battute ovunque (anche su carta di giornale), pensa delle gag e le scrive. Poi legge libri su libri ("Lezioni di teatro" di Eduardo De Filippo, "Manuale minimo dell'attore" di Dario Fo, "Merci" di Daniel Pennac", "Tragedie in due battute" di Achille Campanile, etc.) e questi  lo condizionano tanto, mandandolo letteralmente in crisi. Come egli stesso ammette in una lettera indirizzata ai suoi collaboratori: "Grazie a questi libri, a questi consigli di maestri immensi che non avevo mai letto prima, ho capito che sono un buon attore, ho delle potenzialità come regista ma devo migliorarmi come autore. Ho capito dove sbaglio. Come scrive Dario Fo: devo buttare tutto all'aria e rifare tutto. Bene. Ricominciamo!"

Non riesce a dormire e sa che l'unica cosa che lo farà star bene è riprendere il copione de "Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto" per riscriverlo. Dalle vacanze torna, da solo, il 17 agosto, lasciando la famiglia presso una casa presa in affitto per tutto il mese di agosto. La sera dello stesso giorno esce con i suoi amici per andare ad un concerto di Nek, il noto cantautore italiano. Rientra a casa alle quattro del mattino. La prima cosa che fa è accedere a internet. Dopo legge un articolo dedicato a Mina su "Oggi" (il settimanale italiano) e manda un messaggio al suo amico Paolo con testuali parole: "Devo riscrivere tutto il copione. Ti chiamerò ogni due minuti e mi devi dare un aiuto morale, devi leggere tutto quello che scrivo e mi devi sgridare. Se mi vuoi bene, non puoi dire di no". E Paolo non gli dice di no!

Ottavio dalla mattina del 18 agosto si attiva per riscrivere tutto il copione. Inventa nuovi personaggi, ne toglie altri. Tramite posta elettronica invia il testo di ogni scena a Paolo, poi telefona e gliela recita. Quante volte Ottavio non accetta i consigli di Paolo. Poi si calma e ammette che l'amico ha ragione. Ottavio è troppo preso dal lavoro. Mangia poco e passa ore ed ore con il copione. Guarda e riguarda film e spettacoli teatrali in televisione con protagonisti i grandi del panorama artistico mondiale (Totò, Chaplin, Sordi, Tognazzi, Manfredi, Bramieri e Montesano). La notte però riesce a dormire. Dal 18 agosto al 25/26, Ottavio scrive trenta pagine nuove, cancella molte scene vecchie e rivoluziona tutta la storia. Non è più solo "la storia di un grande attore" ma qualcosa di assai più complesso. Un grande lavoro che Ottavio legge e rilegge. Paolo consiglia ad Ottavio di rilassarsi, di fare le cose con calma. L'altro dice di si ma dopo due minuti lo richiama dicendogli "Ho provato a rilassarmi, ma mentre ci provavo mi è venuta in mente questa scena... che ne dici se la protagonista fa questo e quest'altro? Poi magari visto che qua succede questo, dobbiamo cambiare la penultima scena".

Ed ecco sparire dal copione la prima scena dal titolo "Le parole inutili" o meglio dalle originali otto pagine, viene ricavata mezza paginetta da recitare a sipario chiuso con voci fuori campo. La scena in origine prevedeva un grande letto al centro del palcoscenico con tutti gli amici e i parenti dell'attore intorno. "Tutto tagliato. Tutto superfluo. Tutto troppo stucchevole!" (parole di Ottavio). Si lavora, si lavora e si lavora. Una settimana "di scrittura" senza sosta per quasi ottanta pagine di dialoghi e didascalie. Ottavio si sente soddisfatto e ne fa stampare venti copie per tutti gli attori che sta cominciando a scegliere d'accordo con Maria Aprile. La soddisfazione di Ottavio però dura poco e qui comincia a venir fuori l'artista "insopportabile", così "fissato" per il suo lavoro e per la precisione che qualcuno, dopo un primo provino, rinuncerà alla partecipazione per il grande e atteso debutto della commedia.

Il 31 agosto 2009 Ottavio consegna il "nuovo" copione a Maria Aprile e I Cantori del Cuore. Prima lettura. Silenzio e poi commenti. "Bello". "Ah, bene". Ci sono anche i due sketch "La Stufa" e "La Visita". Ma non è finita qui. La sorte del copione è destinata ancora a cambiare. Dopo varie prime letture nel settembre 2009 Ottavio si rende conto che lo spettacolo, unendo il testo alle quattordici canzoni che ne avrebbero fatto parte sarebbe durato tre ore. "E' troppo! Lo stile che abbiamo usato non ci permette di far durare tre ore quest'opera. Al cinema si o meglio in televisione potrebbe andare, ma in teatro no".

Una decisione da professionista: "Bisogna tagliare! Tagliare molto!". E la prima cosa che taglia è lo sketch "La Visita" (8 pagine) destinato al secondo atto. Proprio lo sketch da cui era partito tutto viene tagliato. Ottavio spiega agli attori che "preso da solo" poteva andar bene, ma nell'insieme stonava. Lo sketch verrà ripreso poi comunque per un varietà della stessa stagione artistica (2010 - 2011). "La Stufa" invece è inserita a metà primo atto. Altre scene tagliate, e comunque bellissime sono: "Il viaggio del trionfo", "Lo spot" e "La lezione". Vengono ridotte di molto le scene "Fiorenza", "Il premio" e il monologo finale (da due pagine vengono fuori una decina di righe). Viene ampliata invece la scena "Da soli", la più comica del secondo atto. Ma ancora non è finita qui...

Nel marzo 2010, Ottavio parla del progetto a Ferdinando Smaldone. Apprezzandolo per le qualità e la creatività, glii chiede di essere ottimizzatore e coordinatore di regia. A cura di Ferdinando saranno alcuni "effetti luce" e darà consigli per i movimenti. Sono sulla stessa lunghezza d'onda. C'è buona intesa.

E mentre il copione viene definito del tutto da Ottavio, Maria Aprile e Pietro Lanza Peluso lavorano alle musiche della commedia. Ottavio dice a Maria di comporre due temi musicali: "Il fiore nascosto" e "La lumaca sul cappotto", due temi che devono alternarsi a seconda dalle scene e che non solo servono come "stacchetti", ma proprio come commento musicale "sotto" le battute e le scene più forti. Proprio come al cinema! Non si sbagliava quindi Ottavio quando a Carla, una sera al telefono le disse "Ho scritto un film!". Infatti Ottavio ha scritto un film per il teatro, recitato in "teatroscope" (una trovata scenografica disegnata dallo stesso Ottavio). Quando Maria invita Ottavio a casa per fargli ascoltare i pezzi, quest'ultimo resta immobile sul divano e dice "Hai scritto una bella cosa. Quando cominciamo le registrazioni delle basi?". Gli sono piaciuti. Le registrazioni della parte orchestrale diretta magistralmente da Lanza Peluso cominciano a inizio febbraio e terminano a giugno.

Per le coreografie, Ottavio e Maria si affidano alla scuola di danza "L'Arte del Movimento" di Napoli diretta da Maria Rosaria Vitolo, una delle più note in Italia. Nel giugno 2010 avvengono le selezioni del "corpo di ballo", formato da Manuela Volpe, Francesca Chiantore, Salvatore Monetti, Damy Caiffa, Valeria Aruta, Francesca Acampora, Claudia Curti e Claudia Marino. Durante le selezioni i ballerini improvvisano anche sui due temi (Il fiore nascosto, La lumaca sul cappotto) emozionando la maestra. Tutti molto bravi! Trainer di Ottavio Buonomo e I Cantori del Cuore è Marcella Martusciello.

 

IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO: GLI ATTORI... PROFESSIONISTI E NON!

Gli attori che recitano sono ben venti più le voci fuori campo. Ottavio oltre ai "già scelti" Cantori del Cuore, cerca di mettere su un cast che possa dividersi tra attori professionisti, attori non professionisti e debuttanti. Ogni interprete deve rispettare il personaggio: avere determinate qualità, soprattutto dal punto di vista fisico. Le selezioni cominciano!

Carlo Bindi è sicuramente un personaggio difficile che Ottavio si cuce addosso. Un grande artista, un uomo mediocre. Un personaggio realmente drammatico che fino ad ora mancava nella carriera di Buonomo anche se, in diversi punti, dona saggi di grande comicità, più fisica che verbale. Una grande prova d'attore per un "bravo" Ottavio Buonomo che regala grandi emozioni.

Per il ruolo della moglie di Bindi, Paoletta Gottardi, un riferimento a Paulette Goddard, attrice cinematografica statunitense, compagna d'arte e di vita di Charlie Chaplin (Ottavio sin da bambino, quando guardò per la prima volta il film "Tempi moderni", ha sempre amato la figura di quella trovatella), viene scelta Carla Puzone, già attrice negli spettacoli firmati da Ottavio dal 2005. Carla è di carnagione scura, bassina. Incarna perfettamente il personaggio che l'autore ha descritto nel copione anche se scrivendo di Paoletta, Ottavio mai aveva pensato di affidarla a Carla.

Ed è proprio Carla l'attrice più vicina ma anche più vessata da Ottavio. Con lei è veramente molto severo, duro e spesso le impone lunghissime prove, costringendola a ripetere la stessa scena anche dieci volte di seguito apportando lievi modifiche, quasi sempre nei movimenti e raramente nei dialoghi. Ottavio la "costringe" a "prove singole" (regista e attrice), a "prove mute", a prove in dialetto pur se il copione è in italiano. Più di una volta Carla scoppia a piangere non solo per un eccesso di emotività, ma per una sorta di "cattiveria" che Ottavio mostra, mai raggiunta nei precedenti spettacoli e mai eguagliata nei successivi.

Paoletta è personaggio davvero difficile ma Ottavio sa cosa vuole e spera di raggiungere l'obiettivo prefissato, o meglio, lavora notte e giorno per realizzarlo. Spiega tante volte le scene che vedono Paoletta protagonista con Federico (l'antagonista) o con Carlo. Un aneddoto particolare riguarda la scena "Il primo provino": durante le prove Ottavio per far provare a Carla una vera sensazione di "paura" (per l'arrivo di Lumaconi), mima di darle uno schiaffo provocando "l'espressione giusta", giustificandosi poi "Bene, questa è la faccia che devi avere! Fotografa l'espressione che hai adesso! E' la stessa che dovrai avere quando vedi entrare Lumaconi... devi avere paura, ma deve essere una paura naturale. Non devi recitare! Non devi fingere di avere paura, non serve... Il pubblico se ne accorge". Carla non riesce a credere a quanto vede e ascolta e gli urla contro un "Tu sei pazzo!", ed Ottavio candidamente "Io sono pazzo, ma tu ancora non sei Paoletta Gottardi". Spesso le ripete pure: "Non ti chiedo di interpretare Paoletta Gottardi, ma di essere Paoletta Gottardi!".

Parlando delle prove Carla dice: "Un incubo direi. Ottavio spesso si innervosisce, sbatte il copione. Mi sgrida. Dice che sto recitando e che dovrei essere vera, devo sentire tutto sulla mia pelle. Dopo tante prove, tanti consigli e sotto la sua guida, ci sono riuscita, almeno spero! Ottavio oltre ad essere un attore è anche un grande maestro. In scena quando c'era da sorridere mi veniva spontaneo sorridere. Ne L'ABBANDONO quando prendo la valigia per tornare da mia madre, è tale l'emozione che naturalmente scende una lacrima. La scena dell'abbandono me l'ha cambiata tante di quelle volte che ho anche dimenticato com'era la prima stesura... sono cambiati anche i dialoghi. Di solito non interrompe mai le prove. Quando deve cambiare qualcosa aspetta di finire la scena e poi dice... - Ripetiamola con questi cambiamenti, vediamo come viene - . E' durissima seguire il lavoro di Ottavio. Spesso si viene per provare una scena e se ne prova un'altra perché magari ha trovato qualcosa da inserire nel copione, oppure da togliere. Il mio primo dialogo con Federico, per esempio, era completamente diverso. A dire il vero, nel primo copione, non c'era nemmeno l'intreccio amoroso con Federico, è una cosa che ha scritto solo nell'estate del 2009. Durante la prova generale non mi ha mai guardato. Durante lo spettacolo ha mostrato nei miei confronti una freddezza assurda e anche dopo, quando gli chiedevo com'era andata, non mi ha mai detto niente. Mi ha criticata soprattutto per un movimento sbagliato nel secondo atto. Nella scena "Non ti amo!" io entro a casa di Federico e mi siedo. Dovevo entrare con un sorriso falso e dire "Posso? Grazie". Invece sono entrata con un viso arrabbiato e confuso. Non me l'ha perdonata! Ci tiene molto a IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO, la sua creatura adorata. Recitare con Ottavio è una grande scuola non si perde mai tempo e si impara sempre tanto!".

Per il ruolo di Federico, il miglior amico e manager di Bindi, viene scelto invece Paolo De Pascale, un quarantenne ingegnere di Napoli, amico di Maria Aprile. Quando Ottavio vede De Pascale gli dice "Mi serve la tua faccia! Mi serve la tua voce con questi toni così bassi! Vuoi recitare nel mio prossimo spettacolo? Non dire di no, ho già pronto il tuo copione con tanto di dedica!". De Pascale è titubante. Maria Aprile pure insiste nel fargli accettare la parte. Non ha mai recitato, ma poi si convince e nel giro di pochi mesi, lo fa recitare. Infatti Francesco Quintile, un amico di Ottavio anch'egli nel cast, dice all'artista "E' veramente bravo Paolo, da quanti anni recita?" ed Ottavio sorridendo "Da quando gliel'ho detto io!". Spesso De Pascale incontra Ottavio nel suo studio, e provano una mattinata intera. Ottavio dirige De Pascale non lavorando "sull'imitazione". Il regista preferisce spiegargli fino alla noia tutte le sfumature del personaggio. Per i movimenti invece sembra diriga un ballerino. Ma Ottavio come vuole Federico? ... "Federico non deve recitare. Non mi serve un attore per Federico e questo non l'ha capito nessuno nella mia compagnia. Mi serve una voce, una faccia, un fisico. Federico può anche non azzeccarci niente con il teatro". Ottimi risultati! Una sera alle prove così contento dell'interpretazione che De Pascale offre, Ottavio si mette a saltare su e giù come una "scimmia impazzita" (viene così definito da Carla).

Per il ruolo delle due Garnieri, Fiorenza (che vive un rapporto ambiguo con Carlo Bindi e che da molti sarà additata come "l'amante") e Regina, vengono scelte rispettivamente Chiara Di Nardo e Costanza Tagliamonte, anche loro già attrici di Ottavio e ne "I Cantori del Cuore". Chiara si trova a suo agio nell'interpretazione, nonostante spesso non riesca sempre a concepire l'eccessiva severità di Ottavio e Costanza attrae artisticamente Ottavio così tanto che le allunga la parte, tanto innamorato da una interpretazione vivace e comica. Per il ruolo della sensuale soubrette Sophie De Paris viene scelta Cristina Di Nardo. Aldo Calabrese invece interpreta Titillo un cameriere napoletano (e poi altri personaggi di "contorno" come l'assistente del dottor Lumaconi e un ciacchista).

Ad Andrea Di Nardo, come già anticipato, viene affidata la parte di "Misolini" (chiaro riferimento a Mussolini), e non solo, ricopre anche i ruoli del dottor Lumaconi e della spalla nello sketch comico del varietà. Misolini è una delle creazioni più fantastiche di Ottavio. E' l'unica scena che non ha mai subito modifiche nei dialoghi sin dalla prima stesura. Per "entrare bene" nel personaggio Ottavio e Andrea passano ore davanti alla televisione per guardare e ascoltare i "discorsi" del Duce, quelli originali. Si documentano. Ottavio, un giorno propone anche di vedere "Cinema e recitazione" (un documentario con allegato libro a cura di Ferdinando Maddaloni, l'attore e actor coach italiano che Ottavio conosce personalmente alla presentazione dell'opera nel novembre 2009), in cui c'è un capitolo dedicato alla "recitazione del Duce". Ottavio ritrova in Maddaloni la tesi già portata avanti dalla prima stesura del copione: un duce-attore capace, come scrive anche Maddaloni, di costruire la "carrettella teatrale" per tirare l'applauso finale! Quella di "Misolini" è sicuramente la scena più provata dell'opera. Ad una persona che chiede quasi scandalizzata "Perché hai messo il Duce nell'opera?", Ottavio risponde "Perché appartiene alla storia! Che male c'è? Lei ha letto il copione? No! Non sa nemmeno cosa ho fatto dire al Duce. Alcune frasi le ha dette realmente, come quelle sulla cinematografia quando inaugurò Cinecittà, ma lei queste cose non le conosce vero? (silenzio) ... e poi, ho citato anche il '68, le bandiere rosse, la Dolce Vita, la commedia sexy all'italiana, il secondo dopoguerra, il boom economico... tantissimi nomi... io sono obiettivo e la politica non mi interessa, ma ci sono dei personaggi che in teatro possono rivivere, mi interessano le figure, gli uomini... non i politici... che poi la politica, ha una sua influenza, soprattutto nel nostro paese che però di politica ne capisce realmente poco, è un altro discorso". I due soldati di "Misolini" sono interpretati dal giovanissimo Luca Mozzilllo (proveniente dal corso di recitazione "30 settimane con il Teatro" diretto da Ottavio nell'anno artistico 2009-2010) e da Francesco Quintile, impiegato e musicista e alla sua prima esperienza d'attore, grande amico di Ottavio.

Nel ruolo della madre di Carlo Bindi troviamo Maria Aprile (anche co-regista e autrice delle musiche con il maestro Pietro Lanza Peluso). Bindi "bambino" invece trova il volto di Luca Farucci, un simpatico bambino di sette anni, anche lui proveniente da "30 settimane con il Teatro". Luca è molto vivace ma anche molto ubbidiente e "professionista". Ottavio è molto affettuoso con lui. Ogni volta che nelle prove interpreta bene una scena, gli da un bacio e gli permette di mangiare caramelle. "Quando sei in scena, non devi mangiare, non farti trovare mai con la gomma o la caramella in bocca. Se fai bene ciò che ti dico, dopo puoi mangiare tutte le caramelle che vuoi, ma prima... no!".

Il dottor Torinesini, il regista che "costruisce" la coppia cinematografica Bindi-Garnieri, ha il volto di Raffaele Petrazzuolo, impiegato e attore (nonché presidente della GiDieMMe - Associazione teatrale Gaetano Di Maio) che con Ottavio ha lavorato anche in "Ce penza mammà" (2009) di Gaetano e Olimpia Di Maio, per la regia di Giulio Adinolfi. E della GiDieMMe fa parte anche Anna Giuliano che interpreta il ruolo di Jessica Pascuzzi, la presentatrice del "Grande Macello". Un personaggio "cattivo" che Anna interpreta alla perfezione. Infatti, sul copione di Ottavio, è possibile leggere nella pagina della scena del "Grande Macello" questa aggiunta a mano: "Stasera ho analizzato il mio copione. Bellissima prima lettura del copione di Anna Giuliano nel ruolo di Jessica Pascuzzi. Bravo Francesco!". Di prova in prova, il personaggio di Jessica Pascuzzi, assume nuove sfumature. Una sera, durante le prove, all'inizio della scena, Ottavio deve aver fatto una faccia così buffa che Anna scoppia in una risata lunga ed incontrollabile. Ottavio decide di tenerla anche per la scena. "Se ti viene così naturale è meglio. Il messaggio arriva ancora più chiaro. Questa scena deve far ridere noi sul palco Il pubblico qui deve capire altre cose. Se si riconosce, deve spaventarsi. E' una scena drammatica!". Due sono i concorrenti del "Grande Macello": Marco è Francesco Quintile, mentre Alessia (l'unico personaggio a parlare in napoletano) è Marina Maffei, allieva del Teatro Totò, per la prima volta impegnata in una commedia di Ottavio. Marina e Ottavio si conoscono da oltre dieci anni.

Per il maestro polacco Arthur Shauratenn, Ottavio sceglie Ferdinando Smaldone (un personaggio che non pronuncia una sola battuta in tutto il copione). A vestire i panni del fan di Carlo Bindi troviamo invece Claudio Serao. Le prove con Serao sono momenti da registrare per una ipotetica "Antologia della comicità dovuta all'improvvisazione dei Grandi". Il fan compare nella scena "Da soli" per pochi minuti in cui si scatena una "duello pacifico" tra Serao e Buonomo. Durante le prove, spesso scoppiano a ridere tutti, interrompendo la scena.

Ottavio raramente si lascia andare a risate; anche quando sbaglia, ripete l'ultima battuta continuando a recitare. Ama l'ordine e durante le prove detesta il chiasso e la poca concentrazione. Qualcuno ha anche provato a fotografare o filmare quei momenti con totale disapprovazione di Ottavio, gelosissimo del suo metodo di lavoro, ma soprattutto delle "prove" che nessuno deve vedere né prima, né dopo se non il cast artistico e il cast tecnico coinvolto direttamente nello spettacolo. Se qualcuno prova ad entrare nel luogo in cui si svolgono le prove, pur se amici, ferma i lavori chiedendo di abbandonare la sala. Non importa se fuori fa freddo o c'è il sole! Esistono pochissime testimonianze di Ottavio durante le prove.

Altri ruoli sono interpretati da Giuliana La Bella (Concetta; con Ottavio ha già recitato nel 2007), Carmela Esposito (una spettatrice; alla prima esperienza nel teatro) e Gerardo Carola (Enzino ne "La Stufa", attore e regista proveniente dal teatro sperimentale che con Ottavio ha già portato in scena diversi lavori).

Tre sono i personaggi senza volto. I giornalisti sono il maestro Pietro Lanza Peluso e Valentina Ciarla (ex "Cantori del Cuore", con Ottavio ha lavorato dal 2004 al 2008). La "signora sotto l'ombrello" invece viene indicata come "La seconda che capita" e nessuno sa, se non esclusivamente coloro che lavorano allo spettacolo, chi è si nasconde in scena dietro un grande ombrello.

La voce fuori campo ovvero "voce del tempo" è quella di Luca Sepe. Cantautore (anche un Festival di Sanremo nel curriculum con il brano "Un po' di te", inserito nel primo album inciso per la Carosello, che include anche il brano "L'ultimo giorno di sole" con il quale partecipa al Festivalbar), arrangiatore (ha scritto anche pezzi per Gigi Finizio e Tony Tammaro), attore (ha recitato in "Cuori a perdere" con Stefano Sarcinelli e Luciana Turina), produttore (nel 2004 fonda la "LS MUSIC"), speaker radiofonico. Suoi sono i famosi "pezzotti" (incisi con Antonio Manganiello), come "Lavezzi" (sulla musica di "Novembre", il brano lanciato da Giusy Ferreri), "Quagliarella è bell'" e "Maradona no" (sulla musica di "Malamoreno", brano che Arisa con le Sorelle Marinetti, porta al Festival di Sanremo nel 2010). E' lunga e piena di successi la carriera dell'artista che amichevolmente accetta di partecipare allo spettacolo con la nota, notissima "voce". Sepe compare anche nel filmato di presentazione dello spettacolo mentre registra le battute al microfono con Ottavio che gli spiega la storia e da indicazioni per i toni.

I filmati di "presentazione" sono importanti per lo spettacolo. Vengono realizzati, più che spot, una serie di  cortometraggi che vengono presentati dall'ottobre 2009, diretti da Ottavio Buonomo con le musiche di Maria Aprile e Pietro Lanza Peluso (le stesse dell'opera). Tutti i filmati della serie: L'evento (31 ottobre 2009), Il senso della nuova opera di Ottavio (26 dicembre 2009, le musiche di questo filmato sono di Buonomo - Lanza Peluoso), Ottavio Buonomo in una nuova commedia musicale (22 gennaio 2010), Le musiche (2 marzo 2010), Le coreografie (9 maggio 2010), Vita (2 giugno 2010) e "Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto".

 

IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO: LA STORIA, SCENA PER SCENA...

"Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto" è una storia che attraversa quasi un secolo di vita e di scena. Un telegiornale annuncia che si sta spegnendo uno dei più grandi attori del mondo, Carlo Bindi. Lo stesso attore però, invitando il pubblico a diffidare dei mass media, propone di essere lui a raccontare la "vera" storia. Racconta degli anni venti, dell'infanzia trascorsa a Trastevere, un popolare quartiere di Roma, unico figlio di modesti genitori. Divorato da una straordinaria ambizione, intraprende la propria carriera nel mondo dello spettacolo. Ricorda i suoi esordi d'avanspettacolo, su palcoscenici più famosi accanto alle stelle del varietà, fino a divenire un attore cinematografico di fama internazionale.

Ad un provino incontra Paoletta, che diverrà sua moglie, e Federico, di cui sarà amico per tutta la vita. In realtà il racconto di Bindi è soggettivo. Svolge il suo mestiere occupandosi unicamente del proprio successo. Lui vive una vita d'arte, senza sapere mai cosa realmente gli accade intorno. Paoletta ha messo da parte i propri sogni di carriera nel mondo dello spettacolo, per essere solo una moglie. E' una donna apparentemente dolce e buona, che però cova in sé qualcosa di oscuro. Federico, che non ha mai conosciuto affermazioni professionali, vive perseguitato dall'invidia e da una vita senza amore, è l'amico di cui Carlo Bindi si fida, senza arrivare mai a conoscerne la vera natura. Intorno a loro si muovono figure dimesse (come i genitori di Carlo, privi di ogni ambizione) e suadenti o esasperatamente surreali, frivole e senz'anima. La storia di Carlo Bindi è quella di un uomo imprigionato nella ricerca del successo, nel mantenimento dello stesso, fino all'inevitabile declino. Memorie e realtà si intrecciano e si sovrappongono a configurare una crisi che è umana, artistica ed etica.

La storia può essere raccontata in tutte le sfumature analizzandone tutte le scene come fossero le puntate di uno sceneggiato televisivo. Nel copione, Ottavio dà il titolo ad ogni scena:

LE PAROLE INUTILI: Scena svolta completamente a sipario chiuso. Protagonisti sono due giornalisti (un uomo e una donna) che aspettano la morte di Carlo Bindi. Una voce chiede loro di fare silenzio. Sigla di un telegiornale e poi lo speaker annuncia "... e con le immagini del ministro della pubblica pazzia termina qui il nostro telegiornale. Stasera alle 20.30, un imperdibile speciale dedicato a Carlo Bindi, l'attore italiano più premiato del mondo, che in una straordinaria intervista, rilasciata recentemente, ripercorrerà le tappe della sua straordinaria carriera! Il titolo è "Carlo Bindi: un artista senza limiti"! Vi auguriamo un buon proseguimento di serata con i nostri programmi". Con queste parole e la sigla di chiusura del telegiornale pian piano il sipario si apre e ci mostra Carlo Bindi di spalle, in un "camerino". Sta ultimando il trucco. In sottofondo "I'm getting sentimental over you", una vecchia canzone di Bassman nella versione dell'Orchestra di Tommy Dorsey. Carlo Bindi prende la parola e comincia lo spettacolo!

LA MIA VERA STORIA: Carlo Bindi avanza al centro del palcoscenico raccontando la "sua versione". Parla di quando era bambino, presenta i suoi genitori. Da questa scena comincia il "doppio spettacolo" (che poi si rivela triplo). Carlo Bindi poco prima di morire racconta la sua esistenza. Presenta le "scene di vita" e le "scene da palco", rivivendole. Entra ed esce dalla narrazione. Ieri e oggi si intrecciano con sapienza e Carlo Bindi, in un attimo diventa Mario, suo padre (su una sedia ci sono i vestiti miseri) e presenta sé stesso a sette/otto anni. Entra un bambino che esegue tutto ciò che Carlo Bindi racconta da vecchio prima di assumere le sembianze del padre, poi presenta la madre. Siamo negli anni Venti: il piccolo Carlo Bindi confessa al padre che da grande vuole fare l'attore, ha conosciuto Totò che gli ha regalato venti lire. La madre non gli crede, il padre non risponde. Il piccolo Carlo si fa sempre più insistente. Il padre vorrebbe reagire "come si faceva allora" con uno schiaffetto ma desiste. Deposti i panni del padre, Carlo Bindi torna alla narrazione, ricordando il primo provino.

IL PRIMO PROVINO: Cinecittà! Fine anni Trenta. Carlo Bindi vuole entrare nel mondo del cinema cominciando come comparsa. Si presenta ad una selezione e incontra Federico e Paoletta. Federico partecipa ai provini non per ambizione artistica o per affermarsi professionalmente, ma solo per guadagnare dei soldi. Paoletta, ragazza di famiglia borghese, ben vestita, partecipa spinta dalla curiosità. I tre si conoscono. La prima "lumaca sul cappotto", la prima delusione: la figura mastodontica del dottor Lumaconi, un regista irascibile e folle che scaraventa tutto per aria, dalle sedie ai suoi assistenti di scena. Lumaconi dice a Bindi che non potrà mai essere un attore. Il nostro protagonista si scoraggia, ma nelle settimane successive riesce ad entrare in una compagnia di avanspettacolo come macchiettista.

LA MACCHIETTA: Periodo dell'avanspettacolo italiano. Un gruppo di soubrette, le "cchiù belle" cantano un brano dal sapore esotico. Gonne molto corte e colorate. Gambe eleganti e tutte da "guardare". Seni generosi, altri più piccoli ma sodi e delicatissimi. Ragazze che giravano tutti i piccoli centri in compagnia del capocomico per pochi soldi, a volte per un pasto caldo. Ragazze bellissime che truccavano il viso nei treni, nei bagni, dietro le quinte di palcoscenici fatiscenti. Immensi cappelli con frutta e "voci di un pubblico verace" riportano a quelle atmosfere. Erotismo, comicità, belle canzoni, scale da salire e scendere, cantanti affamati di celebrità (ma non solo), illusionisti per cui la più grande illusione era un piatto di spaghetti! Sulle note di una "danza" Carlo Bindi entra presentato dalle soubrette. Canta una macchietta accompagnato al pianoforte dal folle maestro polacco Arthur Shauratenn.

L'AMORE: Carlo Bindi racconta dell' esperienza come primo comico in una compagnia di varietà. Una sera tra una quinta e l'altra incrocia per l'ennesima volta lo sguardo di Paoletta, la ragazza che aveva conosciuto al primo provino. Paoletta entra di corsa nel camerino di Carlo chiedendogli di darle una mano a chiudere una collana. Nel momento in cui Carlo tenta di allacciargliela al collo, gli scivola dalle mani. Lei si china per raccoglierla, si rialza, si gira e ritrova lo sguardo di Carlo nei suoi occhi. I due restano pochi secondi a fissarsi, poi si baciano. Paoletta saluta con un sorriso Carlo che resta intontito. Il delicato "tema del fiore" fa da sottofondo a questa bella scena d'amore, una delle poche.

FACCIAMO COMPAGNIA: Federico si reca da Carlo e gli mostra diversi quotidiani che parlano di lui, quindi gli propone di fondare la "Compagnia di Rivista Carlo Bindi". L'attore prima tentenna e poi si lascia convincere da Federico. Il carattere dell'ambiguo personaggio comincia ad uscire fuori. Federico tenta a tutti i costi di fondare la nuova compagnia con Carlo per il semplice motivo di avere la possibilità di trarne guadagni. Ma sbaglia i conti perché realizzata la compagnia, il nuovo divo Carlo Bindi, passerà solo uno "stipendio mensile" a Federico, trattenendo per sé i guadagni di ogni lavoro (al cinema, in teatro, in televisione). E' una scena che "apre" lo spettacolo.

LA STUFA: Carlo Bindi fondata la sua compagnia di rivista comincia ad interpretare diversi spettacoli di successo. Il suo pezzo forte è "La Stufa", uno sketch basato sui doppi sensi. In breve: Gigetto (interpretato da Carlo Bindi), pensa di vivere un intenso rapporto sessuale con una prostituta "abilissima in tutto", invece si ritroverà acquirente di una vecchia stufa. Le battute sono esilaranti. Nello sketch vi partecipano anche due spalle oltre Sophie De Paris, la soubrette della compagnia. Per "La Stufa" l'autore si ispira a vari sketch classici come "La cinquecento", "I tesorini", "La compagnia", "La purga" e "Dal dentista". Al termine dello sketch e di "Magnificamente", il brano interpretato da Sophie De Paris, al centro del palco Carlo Bindi presenta la sua compagnia: Sophie, Paoletta, Regina e Fiorenza. Carlo prenderà una "cotta" per Fiorenza, destinata a durare nel tempo. Creerà dei colpi di scena nella storia.

MISOLINI: Tutto va bene fino a quando, una sera, mentre imita "Hinkler" in un noto teatro di Roma, Bindi viene preso da due soldati e scaraventato nella stanza del duce Misolini. Gli appare una figura immensa, intoccabile. E' riconoscibilissimo e Bindi ha paura di affrontarlo. Misolini ha simulato un arresto per avere un incontro con Carlo Bindi che non sembrasse "fatto apposta per". Infatti Misolini chiede a Bindi di "smetterla di imitare un tedesco" e di imitare un italiano. Ma quale italiano? Il duce ha le idee chiare... Carlo Bindi in teatro deve portare la sua imitazione. L'attore si trova costretto ad eseguire. Particolare il finale della scena in cui nella stanza del duce, quando si salutano Bindi e Misolini, i due soldati di prima entrano sulle note di una marcetta, uno suona dei coperchi (invece che piatti) e un altro suona un tamburello da "bancarella". E' una gag riuscitissima! Bindi all'inizio degli anni Cinquanta comincia a girare molti film (belli e brutti) e accanto a lui ha le "sue" donne, Paoletta e Fiorenza. Tutto va bene fino a quando un regista, il dottor Torinesini, affida a Bindi e Fiorenza la parte di due innamorati. Paoletta non recita in quel film. I giornali cominciano a scrivere di un rapporto d'amore tra Fiorenza Garnieri e Carlo Bindi, la nuova coppia cinematografica di successo. Mentre Carlo Bindi racconta la storia, entra una donna. E' "Concetta". La "Concetta" di "Natale in Casa Cupiello", il capolavoro di Eduardo De Filippo. Il vecchio teatro incontra il nuovo. Ne esce fuori un dialogo che si allontana dalla storia lasciando Bindi/Buonomo al centro del palco, con poche parole. Concetta dopo aver ammonito l'autore di questo "Fiore giallo e lumaca scamazzata" (sbaglia volutamente il nome dell'opera), esce di scena. L'autore si sente schiacciato da un passato teatrale importante. Eduardo, in questo caso, non rappresenta l'attore o il drammaturgo o il regista in se, ma Il Teatro Classico. Molti pensano che il teatro "è fermo!" da anni, senza contare la presenza di giovani autori che stesso i grandi (come pure Eduardo) hanno sempre incoraggiato. Un caso: l'impegno di Eduardo con tanti giovani all'Università "La Sapienza" di Roma. Ed infatti a questo meraviglioso atto d'arte e d'amore del mito teatrale italiano, Ottavio dedica un verso nella canzone "I campioni del Teatro Italiano". Bindi riprende la narrazione presentando la nuova scena e leggendo vari titoli di giornali: "BINDI TRADISCE SUA MOGLIE CON FIORENZA GARNIERI", "BINDI, UN MATRIMONIO CON INTRUSO", "BINDI LASCIA SUA MOGLIE, L'ATTRICE DI TEATRO PAOLETTA GOTTARDI, PER FUGGIRE CON FIORENZA GARNIERI".

IL BACIO PROIBITO: Fiorenza e Carlo Bindi sotto la direzione del dottor Torinesini, interpretano la scena di due fidanzati nel ristretto spazio di un set cinematografico.

L'ABBANDONO: Dopo una giornata di intenso lavoro (tante prove e tanti ciak), Carlo Bindi torna a casa stremato e trova la moglie Paoletta ad attenderlo. Paoletta ha preso la decisione di lasciarlo e di tornare dalla madre. Non sopporta più le disattenzioni del marito, una assenza che si fa sentire troppo. Non sopporta più di vedere Carlo passeggiare per Roma con donne belle, tra cui Fiorenza Garnieri, quella "ufficiale". I loro nomi sono sulla bocca di tutti. Paoletta ha già fatto la valigia. Se ne vuole andare e Carlo Bindi non fa niente per trattenerla. Forse è troppo stanco per pensare, forse non sa come reagire, forse da persona mediocre qual è non riesce a prendere la situazione in mano.

FIORENZA: Passano alcuni giorni e Carlo Bindi vive separato da Paoletta. Lei a casa della madre e lui da solo, a casa sua. Ma Bindi non rinuncia al rapporto con Fiorenza e i due se ne vanno in giro, senza curarsi troppo dei fan che li riconoscono ovunque e dei giornalisti che ormai non fanno altro che scrivere di tutto sulla presunta e mai accertata storia d'amore dei due. Il pubblico non vedrà mai un bacio tra i due! Carlo e Fiorenza passeggiano per Via Veneto, a Roma, e si siedono in un ristorante, all'aperto. Li "disturba" Titillo, un cameriere rozzo e ignorante che non fa altro che irritare Fiorenza e Carlo. Quando Titillo prende l'ordinazione e sta per andarsene, a rompere "l'intimità" dei due arriva Federico che da lontano chiama Bindi che viene informato di una telefonata da Hollywood per girare un importante film. Federico gli consiglia anche di non farsi vedere troppo in giro con Fiorenza perché sta danneggiando l'immagine di "attore per famiglie". Federico guarda i suoi interessi e non vuole che il suo "Bindi" si sprechi andando appresso alla "cretinetta di turno", che Carlo difende sempre. Federico consiglia a Bindi di fare pace con Paoletta prima di partire, ma questo non succede per due motivi: la partenza è quasi immediata e tempo non ce n'è ma influisce anche la poca voglia di Carlo di rivedere Paoletta per prendere una decisione riguardo il rapporto.

AMICO NON AMICO: Mattina della partenza per Hollywood. Una svolta nella vicenda che non tutti si aspettano. E' l'alba, a casa di Federico. Lui si prepara per andare all'aeroporto con Carlo. Da una stanza esce Paoletta in vestaglia. I due hanno trascorso la notte insieme e da come parlano, non è nemmeno la prima volta. Federico in questa scena parla del suo "amico Carlo", descrivendolo come un megalomane, un uomo che non si accorge di avere accanto una donna di "straordinarie, infinite, immense qualità" (naturalmente non allude certo alle qualità di attrice, ma a quelle di amante). Paoletta in questa scena è un misto di insicurezza, paura, passione, stanchezza, inettitudine. E' una donna fragile e la scelta di amare Federico, forse è la più sbagliata. Federico soffre all'idea che dovrà stare notte e giorno a Hollywood in compagnia di Carlo ma per denaro accetta questo "sacrificio". Per tutta la durata della scena, i due non si guardano mai!

HOLLYWOOD: Carlo Bindi parte per Hollwood e racconta i suoi incontri con i più grandi attori del mondo. I colleghi cominciano a parlare male di lui... "Io invece non parlavo male di loro... che me ne importava? Avevo tutto quello che volevo! Ebbene, se avessi parlato una sola volta male di un mio collega, se ne deve cadere questo teatro!". A queste parole il teatro se ne cade davvero e dal soffitto cade un pesante mattone che si posizione al centro della scena sfiorando l'attore di poco. Bindi resta immobile. Una spettatrice in prima fila, si alza e chiede se può ripetere gli ultimi dieci minuti perché "si era distratta". Bindi la invita a mandare indietro il tutto "con il telecomando". E come una videocassetta che gira al contrario, così accade in scena. Tutto al contrario, dalle ultime parole pronunciate da Carlo dopo la caduta del mattone (che magicamente torna su) fino alla prima battuta di "Amico non amico", la scena precedente. E mentre ritroviamo Federico allo specchio aggiustarsi la cravatta e dall'altro lato Paoletta in vestaglia, si chiude il sipario. Fine del primo atto ma, come annuncia una canzone dell'ultima scena, "Comincia adesso il vero show!".

IL VIAGGIO DEL TRIONFO: Bindi è a Hollywood. Affacciandosi dalla finestra pensa alla sua Roma. Sente un misto di sentimenti. Sa di essere innamorato di Paoletta e vorrebbe tornare da lei.

UN ALTRO BINDI: Carlo torna a Roma. Appena arriva, la madre va a salutarlo e ne approfitta per sistemargli la casa. La madre parla, fingendo di interessarsi all'attività del figlio. In realtà, lei comincia un discorso "vago" per poi confidare a Carlo che Paoletta "non è più sola". Paoletta è incinta. Alla notizia, che comunque gli viene data con delicatezza, Bindi resta impassibile. L'unica cosa che fa è fumare convulsamente.

... NON TI AMO!: Con Carlo torna anche Federico. All'arrivo Paoletta corre da lui per confessargli la gravidanza. Ma l'aspetta una brutta sorpresa. Federico la accoglie con indifferenza e quando sa che è incinta comincia a diventare una belva. Paoletta sente che il figlio non è di Carlo ma di Federico e comunica l'intenzione di lasciare per sempre il marito per costruirsi una nuova vita, magari accanto al padre di suo figlio. Federico va su tutte le furie e le confessa la realtà: non la ama, è andato a letto con lei solo per vendetta o meglio, per vendicarsi di Carlo che non gli ha mai riservato un posto nella sua vita, non gli ha mai riconosciuto alcun merito, non ha mai pensato che potesse avere delle qualità. Lo ha sempre trattato come gli altri, anche a livello economico. Eppure è Federico che gli ha creato il personaggio e gli ha aperto le strade al successo, facendogli accettare buoni film e consigliandogli di creare una compagnia teatrale propria. Federico esplode in tutta la sua amarezza con un monologo in cui emergono tutte le sfumature del carattere. Paoletta tenta di aggredirlo. Federico per non dare ulteriori spiegazioni, con violenza scaraventa Paoletta fuori casa, sbattendo la porta, appellandola "Bamboletta idiota!". Federico resta solo a casa, smarrito, perso. Non sa che fare e come affrontare la situazione. Ci riesce nel modo per lui più facile: fare finta di niente e si auspica che Paoletta torni da Carlo e gli faccia credere che il figlio che aspetta è frutto del loro amore. E così sarà!

DA SOLI: E' senza dubbio la scena in cui Ottavio si fa apprezzare molto come attore brillante. Una scena-omaggio al "teatro dell'amante nell'armadio", alla pochade, al teatro dell'equivoco. Un omaggio che sa di parodia. Ottavio minaccia di fermare lo spettacolo se non c'è innovazione e originalità. Carlo Bindi è da solo in scena, ubriaco. Si addormenta. Poi a notte fonda bussano alla porta. E' Fiorenza che appena vede Carlo lo abbraccia calorosamente con l'intenzione di trascorrere la notte con lui. Carlo dice che le cose sono cambiate ma mentre sta spiegando  suona ancora il campanello. E' Paoletta. Bindi non aspetta la visita di sua moglie (di ritorno da casa di Federico). Nasconde Fiorenza in camera da letto e fa entrare Paoletta. I due si guardano. Paoletta avanza l'ipotesi di un "ritorno" e mentre stanno parlando suonano nuovamente il campanello. E' Regina, sorella di Fiorenza. Paoletta non vuole farsi vedere e Carlo la invita a nascondersi in bagno. Naturalmente ogni volta che un personaggio da "copione" deve cercare il nascondiglio dà vita ad una serie di esilaranti gag ben studiate da Buonomo. Regina entra intenzionata a parlare con Carlo circa la situazione sentimentale, lo invita a far pace con Paoletta e lasciare stare Fiorenza per il bene di tutti. Mentre stanno discutendo del più e del meno (soprattutto delle smanie di grande attrice di Regina) bussano ancora alla porta. E' Federico. Anche Regina deve nascondersi, ma siccome le stanze della casa sono finite, Bindi invita la donna a nascondersi sul balconcino (nonostante il freddo). Federico entra contento ed annuncia che un film interpretato da Carlo è candidato ad una serie di premi. Ma mentre parlano suonano nuovamente al campanello. Stavolta non deve nascondersi nessuno. Bindi va ad aprire e si ritrova un fan (effeminato) che subito gli corre incontro, baciandolo e abbracciandolo. Nel chiasso Fiorenza esce dal suo nascondiglio, stanca dell'attesa. Il fan la vede, la riconosce e realizza che tutto quanto scritto nei giornali corrisponde al vero. Sentendosi chiamare (dalla voce del fan, sempre più impazzito) esce anche Paoletta che candidamente annuncia di essere incinta provocando una straordinaria felicità nel fan; in effetti viene a conoscenza di questa assoluta novità ancora prima che la riporti la stampa. Naturalmente dal nascondiglio esce anche Regina, infreddolita. Ci sono tutti ma manca qualcuno! Infatti, mentre tutti cominciano a chiedersi della presenza degli altri, suonano nuovamente al campanello. E' la madre di Carlo Bindi. Preoccupata che il figlio potesse stare "da solo a casa". E' la scena più comica del secondo tempo. C'è una intelligente e divertente trovata: tra una visita e l'altra, Carlo Bindi, aprendo la porta, ha delle "visioni" che gli permettono di sbattere la porta in faccia a tre "miti" del primo atto, ovvero il maestro Arthur Shauratenn (che non pronuncia parola nemmeno stavolta), la soubrette Sophie De Paris che pronuncia una battuta relativa allo sketch "La Stufa" e Misolini. Ma le cose son cambiate...

IL PREMIO: Carlo Bindi riceve un premio alla carriera e ne approfitta per una riflessione. Un bellissimo monologo che data la poesia e la bellezze, bisogna riportare integralmente:

Ringraziare… ma sì, si ringrazia sempre qualcuno ai premi, anche se non c’entra niente… se non ha significato niente per una carriera…eh… i premi… ti premiano quasi sempre per la cosa più brutta che fai… non sono altro che “l’ufficializzazione” di un grande mestiere, dell’arte… che poi, è nel momento in cui vieni premiato che l’arte scompare, e si lascia spazio alla retorica, alle parole senza senso, a quel fiore nascosto e quella lumaca sul cappotto… eh certo… e poi i premi… prima dei premi sembra che non sei nessuno… pensate che prima di ricevere il primo riconoscimento della mia carriera, all’inizio dei Cinquanta, molta gente non mi chiedeva che lavoro facessi giusto per pudore… per i parenti, che sono i nemici che non ti scegli, ero un nullafacente, uno mezzo pazzo… uno che voleva fare l’attore per non lavorare… come se l’attore non fosse un lavoro… è tutto bello quando si va in scena… ma prima??! … la bravura di un artista non è determinata da un premio… quello è solo il fumo di un arrosto di sostanza! (da "Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto - pagina 54 - Edizioni Sound Box)

Nel pieno della sua attività cinematografica e teatrale, la televisione gli offre un programma dal titolo "I campioni del Teatro Italiano", in cui ripercorre la storia del teatro dall'Ottocento agli anni Settanta. Un trionfo. Poi comincia per Bindi un periodo buio. Il telefono smette di squillare (ogni tanto arriva qualche chiamata del figlio Andrea, che ha scelto di intraprendere la carriera di ristoratore ed è sempre in giro per il mondo). Passano diversi anni e senza una buona proposta di lavoro Bindi si sente davvero avvilito. I nuovi comici avanzano e per lui ci sono sempre meno possibilità. E' stato un grande ma non ci sono ruoli per lui. Un giorno però, nei primi anni Ottanta, Federico telefona dicendogli che hanno pensato a lui per un ruolo in un film del filone "commedia sexy all'italiana". Bindi accetta.

... ANCORA CINEMA: Il dottor Piccocci è il nuovo personaggio del "grande attore Carlo Bindi" che leggendo il copione si accorge che molte scene sono da improvvisare ed una vera storia di base non c'è. Ma non fa niente. E' quello che ha sempre fatto, soprattutto agli inizi nell'avanspettacolo. Il lavoro torna ma l'età avanza. Bindi ha sessanta anni e vive con Paoletta, tranquillo. Il figlio non lo sente mai (è sempre impegnato). Ed in questa scena è presente una battuta detta da Carlo Bindi tutta da interpretare: Ma come mai non riesco a sentire mai questo figlio mio?. In questa scena Bindi confida ancora una volta a Paoletta il suo grande amore, con una tenerezza mai provata prima.

IL GRANDE MACELLO: Negli anni Ottanta e Novanta, tra cinema e teatro Carlo Bindi lavora. Il ruolo di "grande attore" è suo e nessuno glielo toglie. Nel 2000 a ottanta anni, convinto da Federico e dai giovani fan, accetta di partecipare come ospite d'onore ad una puntata del "Grande Macello", un reality show (genere di spettacolo molto amato quanto seguito) condotto da Jessica Pascuzzi, un "volgare prodotto mediatico". Per certi versi è la scena più amara della storia. Carlo Bindi si presenta nel camerino della Pascuzzi accolto da una fastidiosa e odiosa risata. Jessica non si alza per farlo accomodare. E' Federico che lo accompagna e gli fa strada. La Pascuzzi non sa minimamente chi sia Carlo Bindi, sa solo che è un grande attore (perché le è stato detto così da autori inesistenti). L'ignoranza della presentatrice è universale, cosmica. Sbaglia i congiuntivi e le riesce difficile fare un discorso sensato. In cosa consiste il programma? Tante persone (uomini e donne) sono chiusi in una grande casa adiacente ad un macello, spiate dalle telecamere anche quando vanno in bagno o mostrano un nudo. I concorrenti devono imparare ad essere bravi "macellai" e più bestie squartano durante la "settimana della nomination da casa", più punti prendono ed evitano di abbandonare la casa e e rinunciare al grande montepremi finale. Buonomo, da autore, si serve di questa metafora per raccontare la società italiana del Terzo Millennio e non contento della presenza della Pascuzzi, nella scena inserisce anche due concorrenti: Marco e Alessia. Marco si lamenta della doccia (due volte a settimana non gli basta). Alessia si lamenta della fame. Due figure volgarissime che bene si inseriscono nell'ambiente. Bindi è disgustato da tutto ciò che vede e sente, ma la cosa che più lo fa andare sulle furie è la proposta di Jessica di simulare un malore in diretta televisiva per creare audience e per "essere passata nei telegiornali". Bindi, con orgoglio, abbandona il camerino lasciando Jessica nell'indifferenza. L'unico preoccupato è Federico, più per la "mancata partecipazione" che per "l'offesa morale" che ha ricevuto il suo "amico", il grande attore e regista Carlo Bindi.

CIAO CARLO: Nel 2005, Bindi torna in televisione per presentare il suo ultimo film in assoluto. Nel cast ci sono Paoletta, Fiorenza e Regina. Bindi gira ben 200 film e chiude con le stesse attrici degli esordi. Nel 2006, a ottantasei anni, torna in teatro, il vero grande amore. E' affaticato, stanco, ma non rinuncia al suo pubblico. Bindi lavora fino all'ultimo momento. Poco prima di entrare in scena, in camerino, guardandosi allo specchio, rivive i suoi novanta anni, si rivede giovane. Vuole un ultimo incontro con il pubblico perché ha qualcosa da dire di importante che non è stato capace ancora di dire perché troppo occupato con il lavoro e con le smanie di realizzare una grande carriera, ma la morte lo coglie prima che questo avvenga. E Bindi se ne va così come ha vissuto. Solo ed esclusivamente da ARTISTA! Nell'ultimo monologo un grande pendolo alle sue spalle conta gli ultimi momenti di vita. Un pendolo animato dal "bene" e dal "male". L'ultimo saluto. Emozionante. Tutto il cast in scena per "Quel cappello nella mano", la canzone finale. Bindi entra da sinistra, il "piccolo Carlo Bindi" con un cappello in mano, da destra. I due si incontrano al "centro di tutto" e si danno la mano. Il bambino accompagna Carlo Bindi verso "l'ultima porta". Bindi scompare salutando i colleghi, gli amici, il pubblico. "Il piccolo Carlo" resta in scena ad interrogare l'orizzonte. Il sipario cala!

L'opera è composta da quattordici canzoni e sei temi musicali. Le canzoni, a parte qualche eccezione, sono tutte firmate da Ottavio Buonomo (testi), Maria Aprile (testi, musiche) e Pietro Lanza Peluso (musiche) e sono nell'ordine: Oltre l'orizzonte (la madre di Carlo Bindi), Il Curucu (ritmo esotico cantato e ballato dalle soubrette), Me fa male duttò (macchietta interpretata da Carlo Bindi con l'accompagnamento al piano del maestro Arthur Shauratenn), Magnificamente (la soubrette Sophie De Paris), Cinefinzione (Fiorenza e Carlo Bindi), Quale verità (la canzone di una fragile Paoletta), Comincia adesso il vero show (Fiorenza), Chissà che c'ho (la riflessione di Carlo Bindi), Lui non sa (lo sfogo di Federico), Le giornate son trantran (un rock and roll cantato dagli attori della compagnia di Carlo Bindi insieme con Federico ed un folle fan), I campioni del teatro italiano (sigla tv di un programma che omaggia i grandi del teatro italiano, vengono citati più di sessanta personaggi, oltre sessanta nomi in quattro minuti: Mariangela Melato, Enrico Vaime, Italo Terzoli, I Legnanesi, Enrico Montesano, Renato Rascel, Delia Scala, Ornella Vanoni, Aldo Fabrizi, Johnny Dorelli, Paolo Panelli, Bice Valori, Riccardo Billi, Mario Riva, Milva, Gino Bramieri, Dario Fo, Totò, Anna Magnani, Raffaele Viviani, Eduardo De Filippo, Ettore Petrolini, Nino Manfredi, Paolo Poli, Gino Cervi, Erminio Macario, Giulio Bosetti, Walter Chiari, Aroldo Tieri, Gianrico Tedeschi, Leopoldo Mastelloni, Sandra Milo, Massimo Ranieri, Franca Valeri, Vittorio Caprioli, Emilio Bonucci, Pietro De Vico, Vittorio Gassman, Luchino Visconti, Marisa Merlini, Enrico Viarisio, Peppino De Filippo, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Carmelo Bene, Tristano Martinelli, Wanda Osiris, Alberto Sordi, Massimo Serato, Alberto Lupo, Aldo Giuffrè, Carlo Giuffrè, Carlo Dapporto, Nino Taranto, Fiorenzo Fiorentini, Gilberto Govi, Oreste Lionello, Alberto Lionello, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello), Cosa combina la tv (un rap interpretato dai concorrenti del "Grande Macello"), Il dolore di un addio (i pensieri dell'anziano Carlo Bindi) e Quel cappello nella mano (il saluto a Carlo Bindi). Il testo di "Me fa male duttò" è di Edmondo Duraccio. Mentre invece "Il dolore di un addio" è firmato solo da Maria Aprile. I temi musicali, oltre che "Il fiore nascosto" e "La lumaca sul cappotto" sono "Il telegiornale", "Le stelle del varietà", "Marcia di quei tempi" e "Le parole di Jessica".

La commedia musicale è divisa in due tempi, anche se come specificano anche alcuni articoli, l'opera è "senza tempo". Nel senso che il primo tempo è come se fosse un prologo ed il secondo tempo come se fosse un lungo finale. C'è un inizio ed una fine di una storia che viene raccontata attraverso la poesia, con un totale stravolgimento dei tempi teatrali, con assoluta libertà dell'innovativo Buonomo e con la consapevolezza di creare qualcosa di nuovo.

Particolare è un articolo pubblicato nel settembre 2010 in cui la figura di "Carlo Bindi" trova delle somiglianze con la figura di Totò, che comunque è protagonista dell'infanzia di Carlo Bindi. L'articolo (L'umanità e l'arte di Totò rivivono nel prologo della nuova commedia musicale di Ottavio Buonomo) viene pubblicato anche sul sito antoniodecurtis.com, il sito più importante e visitato dedicato all'attore (curato da Domenico De Fabio). Riportiamo alcuni passaggi:

[...] E’ un personaggio immaginario, fantastico, ma attraverso il quale si possono rivivere gli anni più straordinari dello spettacolo italiano, cominciando appunto dal “teatro leggero”, dalle tavole che videro le macchiette di Totò con l’imitazione di Gustavo De Marco, i “giochi di luce” di  Ettore Petrolini, il ciuffetto di Erminio Macario. Quel tipo di spettacolo che poi, grazie a Pietro Garinei e Sandro Giovannini, sarebbe divenuto la “commedia musicale italiana”. Ed Ottavio Buonomo nella storia travolgente che si consuma in due ore di scena con ritmi e tempi serratissimi, inserisce il suo grande amore: il principe Antonio De Curtis in arte Totò. Infatti nella prima scena, quando il protagonista è ancora bambino, si racconta di una infanzia povera vissuta a Roma. Il piccolo Carlo già affascinato dal mondo del Teatro, riesce ad intrufolarsi dietro le quinte per conoscere i suoi “miti”. Ed una sera incontra Totò, protagonista a Roma di uno dei tanti successi teatrali. Il piccolo Carlo tornato a casa dai genitori, poveri e privi di ogni ambizione, confessa che il Principe gli ha “messo una mano in testa” e gli ha fatto un piccolo regalo. Nessuno crede al piccolo Carlo ma da grande rivelerà che l’omaggio di Totò l’ha sempre portato con se, nella scatola del trucco… il vero tesoro di ogni attore! Si sottolinea la bontà di Totò e l’amore che aveva verso i “deboli”, i più poveri, quei ragazzini vestiti con abiti leggerissimi anche in inverno a causa della miseria, quella vera. Anche lui era stato uno “scugnizzo” della Sanità a Napoli, e spesso per nascondere i miseri indumenti, indossava un grande cappotto anche d’estate. Dai vicoli di Napoli ai quartieri di Roma non c’è molta differenza. Cambia il dialetto forse, qualche calzino in più sorretto da un filo di ferro e due mollette, ma la fame è sempre fame e la povertà ha una sola faccia, così come la vera arte che nasce proprio dalla povertà. Totò soleva ripetere “Non si può far ridere se non si conosce la fame, la miseria, il desiderio di un caffellatte…”. Gli stessi desideri e le stesse sventure che accomunano il piccolo Antonio e il giovanissimo Carlo Bindi, il protagonista di questa storia. E Totò viene citato anche in una canzone del secondo atto dal titolo “I campioni del Teatro Italiano”: in quattro minuti, Ottavio (con il coro de I Cantori del Cuore in una cornice straordinaria e di effetto curata dalla coreografa Maria Rosaria Vitolo), rievoca i grandi della Nostra Scena… infatti l’ultimo verso della prima strofa cita testualmente “Mistero Buffo di Dario Fo e la rivista di Totò”. E siccome Buonomo non dimentica che già nel 1990 imitava nei teatrini della provincia di Napoli le “mosse” di Totò, anche in questo spettacolo ci offre un accenno della recitazione “marionettistica” e “mimica” del più grande comico del mondo. Pezzo forte di Ottavio è far roteare il braccio destro in senso antiorario dando una piccola spinta con la mano sinistra. Era una caratterista del personaggio Totò. Infatti l'attore non rinunciò mai a quel gesto da marionetta disarticolata, tanto da riproporlo anche negli ultimi anni di vita e di scena in film di successo ed in televisione (a “Studio Uno” con Mina quando interpretò la bellissima “Baciami”). L’amore “artistico” per Totò Ottavio lo ha dimostrato sempre, non solo agli inizi degli anni Novanta, quando piccolissimo si divertiva ad imitarlo prima di scegliere per la vita “il mestiere dell’attore”. Ottavio ha inciso diverse canzoni di Totò. Su tutte una bellissima “Malafemmena” voce e piano, inclusa nell’ album “Era e sarà” del 2009. Non mancano spesso ed in vari lavori "riferimenti" alle espressioni tipiche della recitazione dell'artista. Nel 2010 Ottavio è stato ospite come “supporter di Totò” nella puntata finale de “Il più grande italiano di tutti i tempi”, programma televisivo in onda su Rai Due condotto da Francesco Facchinetti e Martina Stella. Ottavio invitato ad intervenire in diretta, parla della grandezza di Totò, sia a livello artistico che umano. Ricorda anche cosa disse Gerardine Chaplin, figlia di Charlie, quando fu ospite della Piedigrotta a Napoli nel 2009: “Mio padre era geloso di Totò”. Totò considerava Chaplin come un grande maestro, l'ha più volte rimarcato in interviste radiofoniche e televisive. Due grandi del nostro spettacolo che, non a caso, sono stati anche i due miti e grandi ispiratori dell’arte di Ottavio Buonomo che proprio con “Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto” festeggia i venti anni d’amore con la scena.

Nella penultima settimana del settembre 2010 si apre ufficialmente la prevendita dei biglietti. Per il debutto, sono invitate molte personalità (esponenti della cultura, della politica e della chiesa) e "affezionati". Infatti Ottavio premia con inviti gratuiti i fan di sempre, coloro che non hanno mai perso un suo spettacolo. Nella stessa settimana compaiono anche altri articoli e segnalazioni su siti come campaniatour.it, turismocampano.it, viaggieventi.it, eventicitta.com e viaggincampania.com.

 

"IL FIORE NASCOSTO E LA LUMACA SUL CAPPOTTO", DEBUTTO AL MAGIC VISION DI CASALNUOVO DI NAPOLI

Il 12 novembre 2010, alle ore 21.00 debutta la commedia musicale "Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto" al Magic Vision di Casalnuovo di Napoli (Na). Il teatro è tutto esaurito e conta nel pubblico molti colleghi di Ottavio  (attori, registi, cantautori) e giornalisti che premiano il lavoro nei giorni successivi con bellissimi articoli. Ottavio supera se stesso (come una signora del pubblico confida). L'artista riceve fiori in camerino. A fine spettacolo il pubblico alzandosi in piedi, avanza verso il palco per stringergli la mano.

Padrino della serata è Michelangelo Riemma che firma la presentazione nel programma:

Sicuramente non è un caso che Acerra, città di antiche origini e per molti patria di Pulcinella e di tanti illustri artisti, abbia generato il 22 ottobre 1985 da Giovanni e Maria Concetta Scialò, Ottavio Buonomo, ultimo di quattro figli. Ottavio ha allenato il suo orecchio, la sua vista e la sua mente sin da piccolo ad ascoltare canzoni di Carosone, Villa e a guardare film di grandi attori della comicità internazionale come: Totò, Enrico Montesano, Charlie Chaplin (suo primo personaggio a soli cinque anni), Stan Laurel e Oliver Hardy, Buster Keaton… Da anni esercita la sua passione e le sue attitudini per la recitazione, per la musica, per le canzoni. Quando lo conosci appena, Ottavio ti lascia sbigottito: non riesci immediatamente a decifrare se ci è o se ci fa, ma frequentandolo, ascoltando le sue canzoni e il suo Teatro e leggendo i suoi scritti, ti appassioni alla sua storia tanto da diventarne amico e a studiarlo come valente artista. Rendendosi conto che fare l’operatore turistico addetto alla ristorazione, non era cosa per lui, inizia già da giovane, prima per gioco ma poi con serietà e professionalità, ad intraprendere la carriera di cabarettista, di cantante macchiettista e di autore. Il suo curriculum è già vasto e importante per la giovane età di Ottavio, che con questa sua ultima fatica si completa e spicca il grande volo. “Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto” non è una raccolta di cose già viste, trite e ritrite, ma un vero e proprio testo teatrale, dove c’è dentro il suo mondo, la sua storia… il nostro mondo e la nostra storia, scritte e recitate da Ottavio. Infatti sono canzoni (con le belle musiche dei maestri Maria Aprile e Pietro Lanza Peluso), storie che come nel suo stile sono concetti che valgono la pena di raccontare con il suo umorismo e con la sua autentica fantasia. Bravo Ottavio, ci voleva proprio! Auguri, Ad Maiora preziosa persona e generoso amico…

E per la prima della commedia musicale, si spostano Isabelle Iezzi da Torino e Paolo Driussi da Udine, i due grandissimi amici dell'artista. Ottavio racconta così i momenti della prova generale e del debutto:

"Tutto pronto per la prova generale? No, come sempre. Si aspetta. Le ultime cose da mettere a posto che poi sono le prime. Qualche malumore che ho tenuto a bada pensando ai sorrisi che sicuramente abbondavano insieme con la voglia di creare qualcosa di bello. Qualche errore tecnico e poi prove di audio, prova dei microfoni.

Ed intanto salivo e scendevo dai camerini del Magic Vision, il teatro di Casalnuovo. In camerino, come sempre, ho posizionato tutto. Con me Paolo ha scattato delle fotografie…

Gli dicevo “La roba va sistemata con criterio. Alcune cose non le posso tenere in camerino, mi dovrò cambiare dietro le quinte. Lo spettacolo ha ritmi serratissimi e i miei cambi non mi permettono di tornare in camerino. Questo sarà il mio luogo di concentrazione”. Paolo scattava fotografie ai nomi degli attori sulle porte dei camerini. Ed intanto io mi preparavo per la prova generale. Mi son truccato due ore prima di cominciare, un po’ perché non pensavo a tanto ritardo (abbiamo poi fatto l’una di notte) e un po’ perché, finalmente, potevo incontrare questo Carlo Bindi, questo personaggio che mi ha fatto perdere più di dieci chili, mi ha fatto piangere, mi ha fatto litigare con molti di loro, mi ha fatto pensare, mi ha ammattito più che mai. Un personaggio difficile che invecchia e muore in scena, sicuramente nuovo per me e per la mia età. Però sentivo di farlo, di metterci dentro la mia anima e di costruirlo come rare volte forse mi è accaduto ed il pubblico poi, il giorno dopo, mi ha premiato con applausi calorosi, con le “strette di mano sotto il palco” che son quelle che ti fanno sciogliere il cuore.

Mestiere difficile l’attore. E stare su un palcoscenico e tenere la scena due ore e mezza, cambiando linguaggio, età, umore è qualcosa che con l’esperienza e l’allenamento si riesce ad imparare. Io c'ho messo un po' e sto ancora imparando. Avrò sempre da imparare!

Io provo anche sette o otto ore al giorno. Ciò ha permesso ai miei colleghi di appellarmi “stakanovista”. La prova mi piace perché, dopo una attenta lettura del copione, comincio a scoprire e conoscere il personaggio. Ne ricavo i pensieri, il sottotesto, la psicologia. Insomma io col personaggio devo andarci d'accordo! Sto attento alle sfumature. Ci sono battute che sembrano scritte apposta per essere pronunciate da me. Dopo un lungo periodo di prove con una buona memoria ed il "copione" ormai bevuto, riesco ad improvvisare secondo una natura poetica ossessiva, vittima di un corpo che ama tormentarsi.

E sto così bene nel mio tormento, nelle sere in cui non riesco ad andare a letto perché leggo il copione, immagino una gag, la reazione del pubblico ad una battuta, al progetto luci, il mio comportamento con gli altri.

La prova generale va come va una prova generale. Accompagno Paolo in albergo e poi torno a casa mia, ad Acerra. Mi aspetta un grande giorno… prima tappa: aeroporto di Napoli. Arriva Isabelle!

Il 12 novembre. Quel 12 novembre. Quella data insopportabile, attesa. Mi sveglio, prendo il caffè.

Il mio primo pensiero non va direttamente allo spettacolo, alla “prima” de “Il fiore nascosto e la lumaca sul cappotto”. Per ora, di quel personaggio che molti dicono sia la mia “fotografia colorata”, non mi importa  di tanto. L’ho lasciato in camerino con i suoi vestiti, le sue giacche di tanti colori, i suoi bastoni, la sua paglietta, la sua bombetta, la sua vita così grande eppure così misera. Ho lasciato il personaggio da solo, senza amici perché di amici non ne ha mai avuti.

Tutta la notte l’ho pensato lì, di fronte allo specchio, pronto per animarsi e sottomettere tutti con la sua infantile cattiveria, con le sue parole superficiali, con quella voce sempre più sporca e sempre più affannata ma sempre più carica di emozione. Un personaggio alto in tutti i sensi. Lo immagino… gli arrivo alla spalla e lui mi guarda con diffidenza, poi con amore, poi con fantasia, poi non mi guarda per niente, poi mi prende la mano e nel momento in cui dice di essere amico, mi condanna alla solitudine. Le paure del mio personaggio sono le mie. Paure che non sono paure come il personaggio che non è personaggio ma un insieme di stati d’ansia, di rumori e di vestiti troppo larghi fatti indossare ad un corpo che scompare in controluce e che parla dal buio del palcoscenico, quasi come se volesse nascondere il suo viso sempre più macilento, disegnato però da un artista in stato di grazia. Gli occhi spalancati sostenuti da sguardi severi e poi così dolci da far perdonare la storia. Quella bocca che si diverte a pronunciare volgarità, poi a professare e predicare rendendo Bindi un profetuccio, usato da una società sempre più schiava di sé stessa. Quel naso che di profilo sembra voglia tuffarsi sulla platea e annusare gli odori delle poltrone, dei tanti profumi, delle pellicce delle signore della quarta o della quinta fila che magari si addormenteranno pure a metà del secondo atto e si sveglieranno sulle battute finali applaudendo perché a fine spettacolo, di solito, si applaude sempre. La buona educazione delle signore per bene. Bona educazione del cazzo che non nega l'applauso a nessuno, offendendo chi veramente è bravo e sa fare il suo mestiere. Educazione di che? L'educazione a prendersi per il culo! Eh no... io non vi farò addormentare né al primo e né al secondo tempo. E poi l'applauso se volete, lo fate... l'importante è che guardiate lo spettacolo. Nervosismo o cosa? E intanto la mente pensa. Ma a cosa deve pensare? l'Italia è un paese straordinario. Le mani si muovono nervosamente. Le mani trattengono una sigaretta che non so fumare. Riescono a tremare e a tenere una matita che si bagna in una lacrima e che rende ancora più tragico il volto sempre più lontano. Le braccia si muovono come onde e riescono a stringere forte, poi sono deboli da non reggere neanche un bastone. Una creatura che fa tenerezza e che il mondo ha reso re di un regno inesistente.

… meno male che non volevo pensare a Carlo Bindi, allo spettacolo, a quel fiore nascosto e quella lumaca sul cappotto. C'è un bel monologo nel secondo atto. I premi... Non ci volevo pensare! E mentre non ci pensavo a tal punto di scappare nuovamente in teatro solo per vedere se il mio personaggio aveva riposato bene, sono arrivato all’aeroporto ed ho incontrato Isabelle. Che vuoi fà? E' bella! Elegante come sempre nella sua semplicità, sempre fine nei modi, delicata. Un fiore nascosto... o forse una lumaca sul cappotto? … Non ci devo pensare allo spettacolo… Passo a prendere Paolo in albergo con Isabelle in macchina. Prima di andare a casa mia, ad Acerra, facciamo due passi per Mergellina, il tempo di un caffè, di scattare qualche fotografia, di capire dove stavo e poi andiamo a casa mia. Per strada, mi son fermato a comprare delle salviettine struccanti… Non ci devo pensare…

Un pranzo con tutti. Qualche telefonata. I vari auguri di colleghi e amici per questa prima e poi, di pomeriggio in teatro. La convocazione è fissata per le 18.00, quasi tutti gli attori arrivano puntuali. Sapevo già chi avrebbe fatto tardi, ma non perché avesse qualcosa di importante da fare!

Sono in teatro con Paolo e Isabelle. In camerino mi accompagna lei. Mi guarda ed io la guardo. E' la prima volta che sta in camerino con me. Legge il mio nome sulla porta e poi mi da una mano a sistemare quelle salviettine struccanti. Paolo si ferma a scattare delle fotografie. Sistemo tutto. Poi Isabelle scende. Mi fermo pochi minuti in camerino, il tempo di scambiare due chiacchiere con il mio personaggio e dirgli che stasera uno di noi due deve vincere. Il mio desiderio è che vinca lui ma non gli renderò facile la partita. Se vuole vincere, deve farlo senza agevolazioni. Gli devo rendere complicato ogni momento. Solo così potrà misurarsi e farsi perdonare ed amare dal pubblico, soprattutto dal pubblico non pagante, di quello con gli inviti, che non si capisce perché, stranamente, è quello che si incazza di più. Il pubblico della prima è attento anche quando non è attento o meglio, l'attore crede di avere un pubblico attento perché cerca l'attenzione. Almeno alla prima!

Nel mio camerino arriva Claudio Serao, straripante come sempre, entusiasta, simpatico, sopra le righe, adorabile con la sua maschera e con le sue parole buone. Sediamo vicini, parliamo di teatro, di copioni, dei nostri personaggi. Gli accenno di Paolo… “Ieri siamo stati alla sede dell’Associazione Voci del Cuore ad Acerra. Paolo ha visto per primo il vestito che uso nello sketch del varietà. Ha scattato anche fotografie”. Claudio ha la macchina fotografica e scatta foto con tutto il cast.

Verso le 19.00 comincio a truccarmi. La scena mi aspetta. I ballerini provano i cappelli del balletto esotico. Scherzo con Salvatore che con me condividerà la scena finale, poi con la bella Claudia, con la simpatica Damy, e con le altre ancora. Alcuni attori vengono a chiedermi dei consigli, anche per i costumi.

E io mi perdo nel trucco, nelle parole di Francesco Quintile che mi abbraccia, mi parla con una voce sempre gradevole. Giuliana Labella, alla quale ho affidato il compito difficile di rappresentare il “teatro classico” mi guarda con tenerezza. E’ già truccata lei. Perfetta. La parrucchiera è all’opera. La aspetto in camerino per darle indicazioni circa il secondo atto. ... "Vedi Antoniè nel secondo atto mi devi fare i capelli bianchi, ma non tutti subito. Mi devi invecchiare piano piano, tra una scena e l'altro tu e la tua assistente state attente. Abbiamo solo una manciata di secondi. Quando mi va bene mezza canzone!".

La coreografa Maria Rosaria Vitolo mi sta vicino. Sento che è una bella persona, simpatica, schietta, sensibile. Scambiamo due parole e lei va dai suoi ballerini. Abbiamo due ragazze che figurano come “bene” e “male”, determinanti per la riuscita dell’opera.

Ore 20.00. Quasi tutti gli attori sono pronti. Io sono in camerino. Non sono nervoso ma sono molto emozionato. Credo in questo lavoro. Maria Aprile ha quasi finito di prepararsi. Il piccolo Luca Farucci è pronto. Sono i protagonisti della prima scena. Guardo il piccolo Luca e rivedo me alla sua età, quando aspettavo di entrare in scena, quando volevo meritarmi l’applauso. Che carino Luca... "Vieni qua, fatti dare un bacino! Ti hanno conciato proprio bene"...

Scendo la scala che dal camerino porta al palcoscenico. Ogni gradino un pensiero. Mi ritrovo il viso di Carla: ho ricordato in un attimo di avere una ragazza che mi ama e che io amo. Negli ultimi tempi, l’ho vista solo come compagna di scena. Uno sguardo così dolce che mi ha intenerito. Ma perché intenerirmi proprio adesso? Ho abbassato gli occhi, le ho dato la mano e poi sono arrivato alla porta del palco. Sono rimasto un attimo in silenzio. Ho guardato la scena quasi buia. Avrei voluto prendere a calci il tavolo, le sedie, avrei voluto baciare tutti. Una follia che mi ha condotto poi al mio posto in scena.

Il sipario si apre e il viaggio comincia. Dopo la mezzanotte: pubblico in piedi, strette di mano, fiori in camerino… e la follia di prima si è riversata nelle mie azioni. Ho abbracciato tutti: il maestro Pietro Lanza Peluso che con Maria Aprile ha scritto le canzoni della commedia, Michelangelo Riemma, padrino della serata, che poi ho ricevuto in camerino, e poi i complimenti, visi che mi guardavano emozionati, alcuni con gli occhi bagnati. Mi sono quasi denudato in camerino, fuori di me… per strada poi, mentre mi dirigevo all’auto con Paolo ed Isabelle, non sentivo per niente il freddo. Non ho indossato nemmeno il giubbino!

Mio fratello Enzo ci aspetta paziente come sempre in macchina. Paolo ed Isabelle mi aiutano con le valigie. Una l’avrei portata in albergo con me.

Isabelle in macchina mi dice “Sei proprio bravo!”. E’ la prima volta che mi ha visto recitare in una commedia. Paolo invece di me conosce tanti programmi televisivi, mi ha visto recitare in sketch in giro per l’Italia e nel 2007 ha assistito ad un’altra prima, al Teatro Italia di Acerra. Anche se i due spettacoli non c’entrano niente… così diversi per qualità, per preparazione, per intenzioni. Parlo per me!

Il tempo di una notte unica in cui ho visto il mio viso invecchiato e i miei capelli bianchi andare via in pochissimo tempo, con una asciugamano che mi solleticava e mi divertiva, con espressioni che non appartenevano più a Carlo Bindi, ma ad Ottavio Buonomo, in vestaglia, che legge i messaggi sul cellulare… “Scusa se non sono venuto a salutarti dopo lo spettacolo. Non mi hanno lasciato entrare in camerino e poi si è fatto tardi. Bellissima opera e tu sei stato straordinario!” … la cosa è andata avanti per quattro o cinque giorni sia tramite cellulare che internet, soprattutto Facebook, ormai lo “sfogo” di tutti.

Notte in albergo. Di mattina una abbondante prima colazione. Io e Paolo prendiamo un cappuccino. Isabelle sceglie un caffè e, mi pare, dei cereali. Io assonnatissimo, forse non ho dormito. ... No, non ho dormito per niente! Ci ho capito veramente poco dai saluti finali fino a quando poi, il 13 novembre, nel tardo pomeriggio, ho raggiunto Roma per stare dei giorni in compagnia di Paolo e rilassarmi un po'.

Del resto, come scrissi anche in una mia opera, io capisco sempre quando non c’è da capire e non capisco quando c’è da capire. E nel “non capire” riesco a vedere i miei momenti migliori, favolistici, irreali, indefinibili, assurdi."

Dopo i giorni di riposo trascorsi a Roma, Ottavio, tornato a Napoli comincia a lavorare a nuovi progetti.

 

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