PRIMA RIFLESSIONE

“La maschera”

 

Dietro questa brutta maschera, che ride, piange, urla, bestemmia, prende in giro, si diverte e gode nel prendersi gioco della vita, si nasconde un animo sensibile, un fantoccio in grado di pensare, timido e distratto nei suoi passi, eternamente indeciso, che crede nella voce della coscienza, che pensa da umile a quella brutta e cattiva maschera che lo distingue e lo fa conoscere da tutti, anche se non vuole.

Questo ragazzo, rimasto sempre bambino, si annoia, è debole, incompreso, è povero di idee, ma non ne fa accorgere a nessuno e nessuno sa quanto odia quella maschera che indossa per mettersi in mostra, per dare il peggio di se, ma il meglio della sua arte, quella sua comicità dissacrante, priva di senso, rozza o raffinata, ora muta ora inginocchiata a fiumi di parole inutili.

Questo ragazzo triste ha fame di sapere, ha voglia di scoprirsi come uomo, ha voglia anche lui di battere le mani.

La parola che tutti pronunciano è un marchio, un’etichetta, una condanna.

Aveva perso l’anima, venduta alla creta.

Nasceva dal legno e si prodigava di bocca in bocca, la sua parola diventava di tutti, veniva sorteggiato il suo destino, e ucciso.

Magica creatura scivoli alla morte, rannicchiata sotto un dubbio e atterrata da una croce che ti trafigge.

Ragazzo povero, mascherato per sembrare chi non sei, ancora hai voglia di mostrarti, di nascondere la tua bellezza interiore, i tuoi occhi.

Volevo imparare a camminare con le formiche lavoratrici, passare da bruco nelle mele, sciogliendomi tra la resina. Volevo capire il senso delle cose, il senso dell’inverso, il motivo per cui nasceva un essere destinato a morire, mi pesavano parole a me sconosciute, grossi massi da comprendere con l’aiuto di gente feconda, che cercavo ma invano. Quando al limite della confusione, sparivo nei testi del poeta friulano. Leggevo “Io sono una forza del passato. Sono nella tradizione è il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale d’altare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per l’Appia come un cane senza padrone”(*). Sapevo, anzi speravo, di capire un giorno. Camminavo come lettura indicava per le periferie, il poeta scomodo vagava per quella romana, tra i borghi, tra i pisciacani, io nelle mie periferie, non tanto diverse da quelle descritte da Lui. Vi trovavo le stesse emozioni, le stesse parole, le stesse ferite nel terreno, la gente di oggi, però è cambiata. Avevo un potere apolitico e di questo ne andavo fiero. La maschera, sempre immobile, giaceva. Un giorno la maschera decise di ribellarsi alla persona, stanca di coprire pianti e urli. La cambiai, ora ho sotto dominio un’altra schiava.

 

 

“Il desiderio dell’uomo è volare” mi dicevano, “non possedere maschere, pensa ai giovani che si travestono di sera, che camminano tra i fari delle auto, che si ammazzano, giacciono sull’asfalto, loro indossano maschere cattive, fieri dell’ignoranza e della superficialità, le tue lamentele sono azzardate caro mio uomo mascherato, i danni al mondo li provoca chi ha il viso coperto, chi è famoso si danneggia, perché cerchi il successo quando hai una mente per pensare, per stabilire il tuo credo politico senza essere influenzato dagli altri, hai la possibilità di sceglierti la religione e di non credere a un Dio che non punisce. Io, vecchio e incallito, ti parlo di straniere genti, di ideologie, di foulard rossi e camice nere, di giornali segreti, di armi sepolte nelle catacombe con i corpi vestiti di stracci e sangue, tu provochi la maschera, ti ostini ad essere prigioniero, vuoi sentirti grande, finto, godi della morte dei tuoi amici mascherati, il successo vi rende nemici, tra non molto saprò della mia scomparsa, io so che il mondo già conosce le perdite dei prossimi mille anni, e come tale conosce chi ci libera dalla schiavitù di un sistema che priva la libertà del corpo, dei sensi e della mente”.

Sui muri trovavo parole disegnate, opera mia di qualche notte prima, d’improvviso le parole cambiarono lingua e aspetto.

 

I don't have a mind that it allows me of to be free. (Io non ho una mente che mi permette di pensare)

 I don't have time to realize that I am living. (Io non ho tempo per accorgermi che sto vivendo)

 I cannot drink without knowing the source. (Io non posso bere senza conoscere la fonte)

 The possession eats the being and defecates it. (L’avere mangia l’essere e lo caca …)

 I will die before reaching wisdom. (Morirò prima di raggiungere la sapienza)

 

(*) Tratto da "Io sono una forza del passato" di Pier Paolo Pasolini

 

Ottavio visto da Bepy Rom