La macchietta, genere unico e sempre moderno!
Voglio tornare alla macchietta, voglio tornare
a quel genere che Nino Taranto ha portato in tutto il mondo, e che ne ha fatto
di Taranto una maschera indimenticabile del teatro napoletano. Quei testi di
Cioffi e Pisano, di Nicola Maldacea, di Gill ed anche Raffaele Viviani
(Famosissima "Fifì Rino"), sono immortali, e facevano ridere più di ottant'anni
fa. Fanno ridere ancora oggi.
La macchietta è diretta, sincera, divertente. Ha una morale, riesce a mettere
tutti d'accordo, ed è sempre apprezzata perchè non passa mai di moda, anche se
oggi di "macchiettisti originali" ce ne sono pochi, di solito si trovano alcuni
artisti improvvisati che tentano di interpretare quei pezzi immortali della
nostra cultura, ma con scarsi risultati. Il buon macchiettista, deve essere
prima di tutto un attore, poi abbastanza intonato, se stonerà qualcosa però,
forse farà divertire ancora di più. Il buon macchiettista è colui che non ha
vergogna di niente, non ha paura di nessuno, e che dice sempre la verità.
Il buon macchiettista ama l'amore, si innamora con il cuore, vive d'amore, parla
d'amore, e ride degli innamorati. Il buon macchiettista è cinico, profondo, mai
qualunquista o superficiale. In tre minuti, deve raccontare una storia, una
vita, un luogo e un rapporto. E' difficile, molto difficile. Forse, è più
difficile per un attore interpretare un testo di Luigi Pirandello o di Bertol
Brecht, che interpretare una macchietta napoletana.
Le macchiette piacciono anche ai giovani, anche se non conoscono chi ha creato
il genere, quando è nato, e soprattutto chi sono stati i massimi esponenti. Però
ai giovane piace, ridono, si divertono, apprezzano. Forse perchè vengono
attirati da qualcosa che in un certo qual modo li identifica. Alcuni, anche se
indirettamente, si riconoscono in alcuni personaggi, in quelle spassose
caricature, che sotto la maschera però, nascondono tanta umanità. La macchietta
spesso ha un ritornello breve, che viene eseguito anche dal pubblico. Il punto
di forza della macchietta sono le strofe, dove viene raccontata la storia. Tanti
capitoli che compongono il romanzo. Ci sono anche macchiette di una decina di
strofe, anche se non durano mai oltre i quattro minuti. L'artista dev'essere
abile a scandire velocemente le pause, a sintonizzare le parole con la mimica.
Di solito, nelle macchiette, l'artista non segue la musica, sono i musicisti che
devono seguire lui; perchè la macchietta è fatta anche di improvvisazioni, di
interruzioni, di pause che lasciano spazio alla mimica del volto, di un
coinvolgimento collettivo, di domande e risposte, di piccoli silenzi con sguardi
or cattivi ora dolci.
Insomma, nella macchietta ci sono i sentimenti estremi. In un brano possono
abbondare i doppi sensi, ma sicuramente, non è difficile capire il senso
originale di una frase. La macchietta pura, quella vera, quella dei grandi
autori, non è mai volgare. Esistono anche macchiette "spinte", ma sono comunque
godibili. Anche "La pansè" è un brano spinto, così come lo è "Fatte fà 'a foto"
e "La manicurista". Addirittura in "Fatte pittà" si parla di erotismo allo stato
puro raccontato con la poesia delicata e con la spregiuticatezza, tutto in salsa
napoletana. La canzone recita così "E te pittasse 'e spalle bella bè, e te
pittasse 'a pelle bella bè, quanno arrivasse 'o punto bella bè, sò sicuro che mi
diresti: Che pennello! Che pennello! Ma è il pennello di Raffaello o è il
pennello che tieni tu? E pittanno, pittano dicisse che bellu penniello 'ca
tiene..." e via dicendo! Non è meraviglioso questo intreccio di parole? Si deve
riconoscere agli autori napoletani di aver creato dei testi unici al mondo.
Anche Raffaele Viviani ha scritto "canzoni per personaggi". Il protagonista dei
pezzi di Viviani è lo stesso che canta la canzone... ci sono anche brani amari,
che non hanno niente a che vedere col pianeta della macchietta, come "Bammenella
'e coppe 'e quartiere", ed altri come "'A rumba 'dè scugnizze", che anche se
interpretata da grandi macchiettisti e attori, io la definirei "canzone libera",
a cui si può adattare qualsiasi arrangiamento. Forse, la commedia musicale in
Italia, è nata grazie a Viviani. Nella "Rumba degli scugnizzi" c'è chi canta,
chi recita e chi balla. In poco più di tre minuti, si intrecciano tre arti
diverse: la recitazione, la danza e il canto.
La macchietta invece univa due arti, il canto e la recitazione. Forse la seconda
dominava di più sulla prima, ma comunque, i macchiettisti di una volta, potevano
anche vantare voci tenorili.
Oggi in televisione, di macchiette se ne ascoltano (e vedono) pochissime. C'è
poco spazio per questo genere che con i ritmi televisivi non ha niente a che
vedere. Anche se, volendo, tutto si può fare. Se c'è spazio per un battibecco
imbastito di parolacce, è una vergogna non trovare spazio per la macchietta e
per gli artisti che la propongono.