TERZA PARTE
Io,
romantica creatura violentata dai pregiudizi… spregevole, ironica,
irrequieta.
Sostenitore dell’essere, pratico dell’avere e "ideologicamente" sano di mente. L'ideologia non è solo dei poveri.
Vorrei scavare nella mia anima per conoscermi, per percepire i miei limiti, per capirmi, per escogitare sistemi di vita che mi aiutino a migliorare l’anima e il corpo.
Sento
che il sole mi sputa addosso i suoi raggi, che la natura mi è contro, che una
palla di mare e terra si diverte ad essere presa a calci con effetto boomerang.
Sento la pelle staccarsi dal mio corpo ogni volta che penso a me stesso, che una musa affolla la mia mente, che un paradiso inesistente mi tormenta, che una meta invalicabile mi tortura, che un reale inferno mi torna dentro.
Vomito viscere, sangue, dannati pensieri. Mi faccio svenire tra le mani la mente, pesante batocchio strapazzato da anomale campane di rughe e ossa. Non è che io non sappia parlare d'amore.
Venivano
piano i folletti a narrarmi i loro assurdi raccontini, le loro storielle di
ordinaria follia, e venivano a gruppi, come i pensieri. Venivano. Raccontavano nella loro incomprensibile lingua, urlavano i loro nomi, c’era la
Signora Coscienza, il Signor Dubbio e la Dea Sapienza, parlavano dei criteri di
vita degli individui incapaci. Credevano che qualcuno comprendesse il loro
linguaggio, i loro gesti, ma imperterriti continuavano a tal punto di
prostrarsi ai miei piedi e a salire con fatica il mio corpo. Spregiudicati! Cominciarono a
cambiare il mio credo, a immagazzinare culture a me sconosciute. Erano lì i
folletti rossi e neri, regalavano bugie studiate.
Un
fosso che si vede ospiti mucchi di cadaveri e fiumi di sangue, corpi
maleodoranti cadono roteando, le pietre scrosciano sotto l'addome di un
qualsiasi, una pioggia ferma il tutto come d'incanto, una favola cruda: ferma il fuoco segreto, ferma i corpi
ormai fermi, riempie
il fosso d’acqua e ferma le penne dei poeti. La periferia sotto i miei piedi
è bagnata, l’erba calpestata giace, all’orizzonte soffoca un urlo
lacerante, straziante, addolorato. Io, muto e attonito osservo. Niente
stranamente di tutto ciò mi turba più di tanto, sembra un momento già
vissuto, una sceneggiatura che conosco da tempo e che senza emozione sto
mettendo in scena.
Pensiero
fisso è la conoscenza, la paura di non sapere, la consapevolezza del sapere che
non so, l’amara perchè assurda voglia di essere inserito in un gruppo, l’isterica pretesa
di essere amato.
Ciò
che non ha anima è morto. Fino a …
Caricatura realizzata da Clemente Piscitelli
Un immagine da "Il malato immaginario", grafica by Bepy Rom