CLAUDIO SANFILIPPO
Sezione realizzata da Ottavio Buonomo, che ringrazia Claudio Sanfilippo & Filippo Davoli per la collaborazione.
Nasce
a Milano il 29 maggio del 1960, figlio di
Pietro e Jone. Trascorre l'infanzia nel cuore della zona Città Studi, al quale
è tuttora molto legato. In famiglia ci sono anche la nonna Adriana e la
bisnonna Giuseppina, entrambe per parte materna. Nel 1969 si trasferisce nella
periferia Nord-Ovest della città dove abita per otto anni e dove, nel 1970,
nasce suo fratello Paolo. Frequenta il liceo scientifico Vittorio Veneto, anche
se le sue predisposizioni sono orientate nettamente verso le discipline
umanistiche, ma tant'è. Nel 1977 la famiglia
si trasferisce nuovamente nella zona natìa, Città
Studi, dove nel 1973 i genitori hanno aperto la leggendaria "Pasticceria
Sanfilippo",
luogo di culto per il colesterolo di amici e parenti
di passaggio, ma soprattutto per lui, che è molto goloso.
Legge
Hemingway, Pavese, Kerouac,
Wodehouse, ascolta i dischi di Dylan,
Cohen, De Andrè, Coltrane,
Mingus.
Dal 1974 si professa "gaberiano
e breriano"
(anche se il Gioannbrerafucarlo lo farà sempre
soffrire per via del suo Rivera). Non sempre capisce
ciò che legge e ascolta ma è attratto dagli artisti. Piuttosto timido con le
ragazze e gran compagnone (è sempre l'ultimo a vuotare il bicchiere), fuma la
pipa ed è un precoce bevitore, soprattutto di vini rossi e whisky di malto,
prevalentemente "torbati". Col tempo
svilupperà e allargherà tutti questi filoni assumendo i contorni epici di
bevitore dalla tenuta micidiale.
Da
subito intuisce che per lui lo strumento è finalizzato alla composizione e
infatti non passa giorno che non lo veda annusare ispirazioni e abbozzare
canzoni, in cerca di uno stile personale che ancora non c'è. A diciotto anni le
sue canzoni risentono molto delle note dei maestri, e lui lo sa molto bene. Nel
frattempo la sua cultura musicale si arricchisce di due nuove scoperte che poi
determineranno in modo decisivo il suo stile: James
Taylor
e Chico
Buarque.
Da lì raggiunge Joni
Mitchell,
John
Martyn,
Nick
Drake,
Jobim,
Joao
Gilberto, Vinicius
de Moraes,
Chet
Baker,
Stan
Getz,
e capisce che in mezzo a tutte queste magnifiche cose c'è la tavolozza dei suoi
colori.
Le
recensioni sono ottime, l'album comincia a crearsi un suo piccolo percorso ma
improvvisamente, per motivi che purtroppo fanno parte della discografia
"ufficiale" e sui quali preferiamo sorvolare, viene
escluso dal catalogo. Peccato, perché è in un momento creativamente assai
felice, scrive per
Sempre
nel 2002 decide di produrre, sempre in collaborazione con
Claudio Sanfilippo
STILE LIBERO
Lui ci guardò
piegò i vestiti sulla strada
e nel Naviglio si tuffò
mentre il tramonto ci arrossava
nuotò, e lo seguimmo dalle sponde
tra gente macchine e tramway
su quelle onde ...
Stile libero, ecco cos'è
con quelle gambe e quelle braccia
ci puoi provare pure te
guarda un po'
che bel sole che c'è
lo sai la gente che è annegata
e sembra viva più di te
Lui si vestì
cantando un'aria della Tosca
e una signora inorridì
e lui sorrise in una tasca
e poi, fumammo sigarette bionde
si galleggiava nel Pernod
su quelle onde...
Stile libero, ecco cos'è
con quelle gambe e quelle braccia
ci puoi provare pure te
guarda un po'
che bel sole che c'è
lo sai la gente che è annegata
e sembra viva più di te .
LA NOTTE DI SAN LORENZO
Era la notte di San Lorenzo
cadde una stella illuminando il lago
mentre un addio uccideva un sogno
piano suonavo...
seduto in mezzo tra la pietra e il pino
come un dolcissimo deserto
fatto di dune e di memorie
buio scoperto...
Ho visto nascere e morire luci
nel vento buono di collina
ho chiuso gli occhi la mattina
dormendo sul confine...
gli equilibristi sono erbe matte
sognano solo desideri
in viaggio fanno curve strette
senza pensieri...
Era la notte di San Lorenzo
fatta di atlantiche illusioni
e di pacifiche scoperte
indie deserte...
ho ridipinto gli orizzonti persi
lasciando solo tracce chiare
di questa tenebra lucente
voglio cantare....
Ho visto nascere e morire luci
nel vento buono di collina
ho chiuso gli occhi la mattina
dormendo sul confine...
gli equilibristi sono erbe matte
sognano solo desideri
in viaggio fanno curve strette
senza pensieri...
IL MILLEPIEDI
In un mattino di primavera
dai mille boccioli di rosa nera
posati a terra da un vento distante
da un amore grande
il millepiedi triste e senza scarpe
posò le braccia come fosse niente
dimenticò la sua tristezza assente
perso tra la gente
è la canzone del millepiedi
sei fortunato tu che lo vedi
cammina lemme lemme piano piano
fa ciao con la mano
è la fortuna dei calzolai
e passa indenne attraverso i guai
sorride e canta "vecchio scarpone"
che è la sua canzone
ma tu vorresti come un millepiedi
sentire anche i passi che non vedi
moltiplicando lacrime e sudore
sopra i prati in fiore
si tu vorresti come un millepiedi
sentire anche i passi che non vedi
moltiplicando lacrime e sudore
sopra i prati in fiore.
Claudio Sanfilippo con Filippo Davoli |
"Come ben esprime la copertina, queste fotografie musicali sono ami che tendono tranelli e lasciano legati, ma sono anche ali che risalgono il mare e fanno arrivare alle terre sognate. Magari su onde di schiuma. Bravo Sanfilippo!"
Paolo De Bernardin - Musica! di "Repubblica"
VI RACCONTO DI MINA ... UN GUSTOSO ANEDDOTO
Siamo nel 1999, sono sul lago di Garda con mia moglie dove abbiamo la fortuna di avere una casa. A pochi chilometri, in quel di Salò c'è un magnifico albergo (una villa liberty che fu sede del ministero degli esteri durante la Repubblica di Salò). Lì Mina ritorna di tanto in tanto, a sorpresa, per mangiare con il suo compagno, memore del periodo in cui, nei sessanta, era ospite di quel posto per le riprese dello spot della cedrata Tassoni, che è appunto di Salò. La mia amica Nico mi chiama e mi fa "c'è qui Mina, se passi c'è il caso che vi conosciate, vediamo un po' com'è l'atmosfera ...". Mina, come ben sapete ha un concetto sacro della privacy. In due parole: se lei è lì a mangiare e viene riconosciuta e avvicinata c'è la possibilità che interrompa la cena e saluti tutti. Quindi, massima attenzione. Quando andai a Lugano a sentire in anteprima la sua versione di Stile Libero mi incontrai solo con Massimiliano, lei mi recapitò i suoi complimenti attarverso suo figlio. Così presi la macchina, e una copia cellophanata di Stile Libero, con la mia versione della canzone, che casualmente avevo a portata di mano. La mia amica sussurrò a Mina della mia presenza e a fine cena la incontrai al bancone del bar, io, lei e il bartender. Emozione a mille. Lei, splendida, di una semplicità luccicante, io senza molte parole. Avrei voluto chiederle una foto insieme, ma non avevo avuto il cuore di portarmi appresso la camera. Mi fece i complimenti per il provino di chitarra e voce che le avevo mandato, io confusamente balbettavo qualcosa, lei insisteva nel dire che quasi sempre l'autore di una canzone è il miglior interprete della canzone stessa. Mah, le dissi, è vero qualche volta, per esempio mi venne in mente di citare "Calling You", dalla colonna sonora di Baghdad cafè, che è sicuramente più intensa nella versione maschile dell'autore anche se la versione della cantante che aveva avuto successo era certamente più roboante. Lei attaccò a cantarla (giuro) e mi coinvolse nella partita. Insomma, stavo cantando con Mina ! Così, prima di salutarla, tirai fuori la copia del mio cd e gliela regalai. Lo aprì immediatamente e, colmo dei colmi (ma a me queste cose capitano spesso, chiedere a mia moglie) nella scatola non c'era il cd, un errore della macchina confezionatrice. Probabilità dell'errore, 1 copia su 50.000. Quella copia lì, porca vacca. Così la mia amica Nico corse a casa sua a perdifiato (tipo 300 metri da lì) e andò a prendere la sua copia, e così le consegnai l'intero malloppo, e ci facemmo due risate.
Claudio Sanfilippo
Claudio, che è un grande
intenditore di buon cibo e migliori vini, stava un bel giorno lungo i Navigli a
pasteggiare felice con amici, quando vedono un tipo che si spoglia e si tuffa in
acqua !!! Choc generale, ma il tipo nuota sott'acqua e riemerge con un po' di
belle ranocchiette che vorrebbe vendere ai presenti. Vive di quello, dice... Il
"Sanfi" non si fa scappare l'occasione e, preso da un vento
felicissimo d'ispirazione, compone STILE LIBERO.
Del resto, tutto il suo intero disco STILE LIBERO è di una bellezza inusitata
(come, peraltro, il successivo ISOLE NELLA CORRENTE). Ecco, il Sanfi è uno che
meriterebbe davvero un'attenzione diversa nel panorama autorale e cantautorale
nazionale. Io, in compenso, sono felice di annoverarlo tra i miei migliori amici
in assoluto.
Filippo Davoli
Quando "Sanfi" andò al Tenco (e vinse la Targa Tenco per la miglior opera prima), il suo discografico non aveva ancora pronto il disco. Che è uscito dopo qualche mese (bruciandosi più di qualcosa nelle vendite). Tuttavia riuscì ad andare egualmente esaurito e quindi mai più ristampato: della serie che chi ce l' ha ce l' ha. Oddio, una cosa potremmo farla, eh... (mi viene un'idea): posso chiedere a "Sanfi" se, ai primi di settembre (perché fino a quel periodo è incasinatissimo) organizziamo una cenetta per noi di questo forum (*) e lui ce la canta live!
Filippo Davoli
(*) : Forum del sito ufficiale di Ottavio Buonomo
STILE LIBERO ... ECCO COS'E' !
Sulla lavorazione di Stile Libero potrei annoiarvi, cerco di essere supersintetico. E' stata un'esperienza umanamente altissima ancor prima che sul piano musicale. Un mese circa di lavorazione, incastrando tutti i musicisti, gli impegni di lavoro, il budget che ansimava. Tasso alcolico sempre medio-alto, con vini di totale livello anche perchè sul versante enoico dico la mia. Ricordo che portai un studio uno scatolone di Riedel, bicchieri di cristallo austriaci da sommelier e un rifornimento di bottiglie piuttosto sontuose. Ricordo Umberto Tenaglia e Alberto Tafuri (insieme a Vittorio Cosma, i pianisti) registrare le loro parti sempre con la loro dose di Sauternes, che bene si addiceva a entrambi. Rinaldo Donati, il titolare dello studio che poi avrebbe anche arrangiato i miei dischi successivi, che cercava di mantenere la concentrazione altissima nonostante le mie continue offerte di calice. Savè, che non è un grande bevitore, che si trastullava di Bailey's mentre scriveva gli arrangiamenti, e poi Elio Rivagli e Paolino Dalla Porta che, senza saperlo, avevo riunito dopo vent'anni (insieme formarono la loro prima jazz band), e poi Marco Brioschi e il suo suono così vicino a quello di Chet, e Pierone Milesi che stava arrangiando il quartetto d'archi per Stile Libero e nel frattempo cominciava a ragionare sui primi arrangiamenti che poi avrebbe fatto per Anime Salve di Fabrizio De Andrè. E tutti gli altri. Ogni giorno in studio si vestiva di una magica elettricità, c'era davvero un'atmosfera da officina della musica, tutti hanno concorso a questo album in modo assolutamente squisito, senza calcolo e per puro amore della musica che dovevamo incidere. Il fatto che si trattasse dei miei brani passava come qualcosa di incidentale, come se davanti avessimo un vero obbiettivo comune che riguardava prima di tutto la propria sensibilità, la propria capacità di lavorare insieme. Irripetibile. Ricordo che quando abbiamo licenziato i nastri e siamo andati a masterizzare c'era perfino un velo di tristezza per una piccola storia che stava volgendo al termine. Mi fecero anche uno scherzo tremendo, Savè finse di essersi maciullato il tendine del polso destro con diversi complici che Scherzi a parte se li sogna, mi fecero correre a perdifiato dall'ufficio nel mezzo di un pomeriggio di pioggia, mi avevano diagnosticato una situazione piuttosto grave. Un finto medico che parlava di carriera musicale finita, Savè disteso su un divano pieno di sangue che si lamentava e fingeva di essere intontito da un sonnifero e Rinaldo che piangeva con lacrime vere (poi ho scoperto che piangeva dal ridere ma io, nel marasma, ci avevo creduto). Quando ho scoperto l'inghippo (dopo mezz'ora buona) li ho presi tutti a pedate nel culo per un quarto d'ora. Rossana Casale la conoscevo da qualche anno e insieme a Savè (Francesco Saverio Porciello) decidemmo che era lei quella giusta per Muchacha. Mi diede l'appuntamento , giorno e ora, con un mese e mezzo di anticipo. Arrivò puntualissima, ascoltò la canzone e in quarto d'ora avevamo cantato. Al Tenco dell'anno dopo le chiesi se per caso lei era lì per altre cose perchè in quel caso mi sarebbe piaciuto cantare dal vivo insieme a lei. Non aveva in progetto di andarci e così prese la scusa e si presentò sul palco con me, facendomi un bellissimo regalo. Grande Rossana. Eugenio è un mio amico da tanti anni, Marietto gli piaceva molto e ci mise pure la zampa scrivendo il testo del "ponte" prima dell'ultima strofa. Lui è un cantante eccezionale, credo sia l'unico in grado davvero di cantare tutti i generi. Un mostro di bravura vocale. Carlo Marrale, il bimbo dei Matia, è una persona squisita che abitava a Milano a un passo da casa mia. Finissimo chitarrista e morbidissima voce, quell'avventura fu l'inizio di un'amicizia che continua, abbiamo anche scritto delle cose insieme, chissà se un giorno saranno pubblicate.
Claudio Sanfilippo
In un'osteria di
Milano - di Paolo Driussi |
Questo raccontino nasce in un'osteria di
Milano, tra una bevuta, un po' di formaggio e pane.
La giornata era grigia e lui non riusciva ad ammirare i naturali splendori di quella città ed era pure senza un tetto sotto cui ripararsi. Lavoro, che dico? Una sia pur minima occupazione: niente di niente. Bisogna anche dire che lui non faceva il benché minimo sforzo per procurarsene uno. Una sua scelta. Vagabondò un po' per la città. Un pittore verso mezzogiorno divise con lui uno sfilatino di pane. Gli offrì anche del formaggio e del vino. Poi gli sorrise e intanto che c'era lui gli rifilò anche un bacio. E il pittore si chiese meravigliato: "Ma che c'entra il bacio?". Ma si vedeva che era divertito. Il pittore gli disse che quello era il suo posto abituale e che lo avrebbe trovato sempre lì. Di venire quando voleva, ché si sarebbe mangiato e bevuto insieme. Almeno finché i tempi grami scomparissero, no? E lui lo ringraziò. Passò il pomeriggio vagabondando per Milano. Poi venne sera. Poi sopraggiunse la notte. La giornata era stata grigia e la notte si preannunciava fredda e lui era senza un tetto sotto cui ripararsi. Si avviò verso via Procaccini, dove ci stava un buon signore anziano che si faceva in quattro per ospitare i senza tetto. Bussò alla porta ma non fu accettato perché il luogo era ormai pieno di gente, come lui, derelitta. "Ma che rogna nera", pensò, "neppure tra i barboni mi vogliono, ma che vita di merda." Prese a sacramentare contro dio e i santi, madonne comprese, e, così concionando s’imbatté in un cartellone pubblicitario che raffigurava Ornella Muti, o forse era Barbara De Rossi, o chissà, magari Eva Grimaldi, e lui la vide danzare, la vide sorridergli, la vide spogliarsi. Quel povèr omèn scosse la testa, sorrise, e riprese il cammino finché arrivò nei pressi del Castello Sforzesco. C’era un parco e si disse che "Va bene così, dormirò su una panchina". Poi, curioso, si mise ad osservare qualche vetrina illuminata finché s’imbatté in un dipinto. Era una riproduzione della Venere del Botticelli, laddove, nuda, essa sorge dalle acque. E lui la fissò affascinato, si perse in quell’apparizione inaspettata grondante acqua fresca anche se non si vedeva una goccia da tanto il corpo era levigato e perfetto. Si perse in quel dono inaspettato. Poi si emozionò come successe con la Ornella Muti, o chi per essa. Ebbe paura che scomparisse anch'essa. La guardò a lungo finché riuscì ad evocarne i movimenti. E solitudini e angosce fuoriuscirono violentemente, mischiandosi alle onde del mare di Venere risorgente. Sentì come dei brividi corrergli per la schiena e si avviò di fretta nel parco. Si stese su una panchina e si raggomitolò come fanno i gatti. Sorrise pensando alla sua amata Venere.
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Sala d'ascolto
Ascolta il clip audio di 2 brani di Claudio Sanfilippo
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Si ringrazia Paolo Driussi per il racconto "In un'osteria di Milano"
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