CLAUDIO SANFILIPPO

Sezione realizzata da Ottavio Buonomo, che ringrazia Claudio Sanfilippo & Filippo Davoli per la collaborazione.

 

 

Nasce a Milano il 29 maggio del 1960, figlio di Pietro e Jone. Trascorre l'infanzia nel cuore della zona Città Studi, al quale è tuttora molto legato. In famiglia ci sono anche la nonna Adriana e la bisnonna Giuseppina, entrambe per parte materna. Nel 1969 si trasferisce nella periferia Nord-Ovest della città dove abita per otto anni e dove, nel 1970, nasce suo fratello Paolo. Frequenta il liceo scientifico Vittorio Veneto, anche se le sue predisposizioni sono orientate nettamente verso le discipline umanistiche, ma tant'è. Nel 1977  la famiglia si trasferisce nuovamente nella zona natìa, Città Studi, dove nel 1973 i genitori hanno aperto la leggendaria "Pasticceria Sanfilippo", luogo di culto per il colesterolo di amici e parenti di passaggio, ma soprattutto per lui, che è molto goloso.

Legge Hemingway, Pavese, Kerouac, Wodehouse, ascolta i dischi di Dylan, Cohen, De Andrè, Coltrane, Mingus. Dal 1974 si professa "gaberiano e breriano" (anche se il Gioannbrerafucarlo lo farà sempre soffrire per via del suo Rivera). Non sempre capisce ciò che legge e ascolta ma è attratto dagli artisti. Piuttosto timido con le ragazze e gran compagnone (è sempre l'ultimo a vuotare il bicchiere), fuma la pipa ed è un precoce bevitore, soprattutto di vini rossi e whisky di malto, prevalentemente "torbati". Col tempo svilupperà e allargherà tutti questi filoni assumendo i contorni epici di bevitore dalla tenuta micidiale. A diciassette anni si iscrive ad un corso di chitarra "di gruppo" in un circolo culturale, il suo maestro è un giovane Marco Ferradini, allora bassista e cantante degli Yu - Kung. Si appassiona allo strumento, ci dà dentro di brutto e in pochi mesi è capace di eseguire molte canzoni, ha un certo talento per le tecniche arpeggiate, è intonato e così comincia il filotto "giardinetti - spiaggia - pullman - osteria". Per anni lo si vede caracollare con la chitarra appresso.  

 

Da subito intuisce che per lui lo strumento è finalizzato alla composizione e infatti non passa giorno che non lo veda annusare ispirazioni e abbozzare canzoni, in cerca di uno stile personale che ancora non c'è. A diciotto anni le sue canzoni risentono molto delle note dei maestri, e lui lo sa molto bene. Nel frattempo la sua cultura musicale si arricchisce di due nuove scoperte che poi determineranno in modo decisivo il suo stile: James Taylor e Chico Buarque. Da lì raggiunge Joni Mitchell, John Martyn, Nick Drake, Jobim, Joao Gilberto, Vinicius de Moraes, Chet Baker, Stan Getz, e capisce che in mezzo a tutte queste magnifiche cose c'è la tavolozza dei suoi colori. Nei primi anni ottanta, forte di un pugno di canzoni di cui comincia ad essere convinto, si esibisce dal vivo nelle feste di piazza e nei primi locali milanesi. E' un periodo di incontri fondamentali, innanzitutto quello con Luigi Grechi, alias de Gregori, che abita a un passo da casa sua. Luigi lo stimola con generosità, da lui impara ad apprezzare altra cultura angloamericana e impara ad amare le chitarre acustiche pregiate. Impossibile dimenticare il suo irish coffee. Grazie a lui incontra Marco, l'amico marinaio che sarà una delle sue più alte fonti d'ispirazione e col quale navigherà qualche migliaio di miglia a vela, nel Mediterraneo. Sempre in quegli anni conosce Francesco Saverio Porciello, Umberto Tenaglia e Massimo Gatti, e con loro tenta i primi esperimenti di arrangiamento, fondando la "Casual Soppiatt Band", che per una decina d'anni sarà il suo gruppo. Nel 1985 Antonio Silva , il presentatore del Club Tenco, lo ascolta per caso in un locale sui navigli e un mese dopo squilla il telefono, è Amilcare Rambaldi che lo invita a partecipare alla rassegna. Qualche mese dopo Pierangelo Bertoli incide la sua Casual Soppiatt Swing (dedicata al gruppo) nell'album Canzone d'Autore. In quel periodo collabora con " Cantare in Italiano", un gruppo di giovani cantautori nato da un'idea di Edoardo De Angelis. All'inizio degli anni novanta, dopo decine di tentativi falliti per registrare il primo album, decide che forse la discografia continuerà ad evitarlo con cura però al cuore non si comanda e proprio in quel periodo scrive a profusione, e la Sony Music Publishing gli offre un contratto di collaborazione in esclusiva come autore. Succede poi che Mina incide "Stile Libero" nel suo Loch Ness e che finalmente si presenta la possibilità di realizzare il suo primo album: Stile Libero uscirà alla fine del 1995 per la Edel, con gli arrangiamenti di Francesco Saverio Porciello, l'amico e chitarrista col quale forma un sodalizio ormai quasi ventennale. Piero Milesi collabora con l'arrangiamento di un quartetto d'archi per l'omonima canzone. Sempre in quel periodo inizia a dipingere acquarelli (non è mai troppo tardi) con i quali poi illustrerà il libretto di "Stile Libero".  

 

Le recensioni sono ottime, l'album comincia a crearsi un suo piccolo percorso ma improvvisamente, per motivi che purtroppo fanno parte della discografia "ufficiale" e sui quali preferiamo sorvolare, viene escluso dal catalogo. Peccato, perché è in un momento creativamente assai felice, scrive per Eugenio Finardi quattro canzoni per il suo Occhi e per Cristiano de Andrè per l'album Sul Confine. L'editore ARCANA, nella persona di Ezio Guaitamacchi , gli chiede di scrivere un libro sull'amico e collega Eugenio Finardi . Lui accetta, il libro uscirà nel 1996 (Allo Specchio, Arcana). Colpo di scena. Nell'autunno 1996 Stile Libero si aggiudica la Targa Tenco nella categoria "migliore opera prima". Vince un disco virtuale, un disco che da alcuni mesi non è più reperibile. A questo punto pare che venga ripubblicato da un'altra casa ma per un'altra singolare e incomprensibile situazione, la cosa non avviene. Così, si presenta a Sanremo con Francesco Saverio Porciello e Umberto Tenaglia, canta (ospitando nella sua performance Eugenio Finardi e Rossana Casale), ritira la Targa Tenco e torna a casa. Medita alcuni omicidi in ambito discografico, ma le vittime sarebbero troppe, é poi un non-violento (da anni vota radicale). Nel 1998 si sposa con la sua Roberta, insieme viaggiano in lungo e in largo per la Scozia dove si fa conoscere da numerose distillerie di Peaty Single Malt. Nello stesso periodo decide di giocarsi tutti i risparmi (pochi, è un gaudente riconosciuto) per prodursi in autonomia un secondo album. Lo realizza insieme a Rinaldo Donati , fine musicista di estrazione jazz, che ne cura gli arrangiamenti. Viene pubblicato da un'etichetta indipendente, la Fridge ; l'album si intitola Isole Nella Corrente e come per Stile Libero riceve una caldissima accoglienza da parte della critica. Collabora con quattro canzoni a Radio Pesci Fuor d'Acqua, una produzione indipendente di Massimo Javicoli e Andrea Vagnoni. Siamo nel 2000 e capitano un paio di cose importanti. La prima, che è la meno importante è che insieme alla Robi decide di andare a vivere in campagna, prendendo alla lettera Toto Cutugno, Fino a pochi mesi prima giurava che mai e poi mai avrebbe lasciato la sua Milano, e adesso risiede addirittura in provincia di Pavia. E' uomo di parola. La seconda e più importante novità è che diventa papà di una splendida bambina, che si chiama Emma. Nel 2002, avendoci preso gusto (?!) diventa papà per la seconda volta, questa volta è un atletico maschietto di nome Giacomo.  

 

Sempre nel 2002 decide di produrre, sempre in collaborazione con Rinaldo Donati , un album in milanese che si intitola I Paroll Che Fann Volà e che sarà pubblicato nel corso del 2003. In questi ultimi due anni stringe rapporti d'amicizia con il poeta Filippo Davoli e il narratore Giovanni Cara , (insieme hanno fondato la rivista "Ciminiera", diretta da Filippo Davoli e di cui Claudio Sanfilippo, collaboratore sin dal primo numero scrivendo soprattutto di musica, diviene - dal 2004 - vicedirettore). Fin dal primo numero dell'omonima rivista culturale collabora, scrivendo soprattutto di musica. Attualmente insieme a Massimo Gatti ha formato un gruppo di ispirazione country - swing "ILZENDELSWING". Da qualche anno staziona intorno ai cento chili di peso ma è piuttosto alto e oltretutto "ha la faccia magra". Da ventidue anni lavora nella comunicazione pubblicitaria. Un giorno o l'altro si comprerà un flicorno. Un'ultima cosa: come tutte le persone che si rispettano, è milanista (Beppe Viola dixit). 

Claudio Sanfilippo

 

 

STILE LIBERO

Lui ci guardò
piegò i vestiti sulla strada
e nel Naviglio si tuffò
mentre il tramonto ci arrossava
nuotò, e lo seguimmo dalle sponde
tra gente macchine e tramway
su quelle onde ...

Stile libero, ecco cos'è
con quelle gambe e quelle braccia
ci puoi provare pure te
guarda un po'
che bel sole che c'è
lo sai la gente che è annegata
e sembra viva più di te

Lui si vestì
cantando un'aria della Tosca
e una signora inorridì
e lui sorrise in una tasca
e poi, fumammo sigarette bionde
si galleggiava nel Pernod
su quelle onde...

Stile libero, ecco cos'è
con quelle gambe e quelle braccia
ci puoi provare pure te
guarda un po'
che bel sole che c'è
lo sai la gente che è annegata
e sembra viva più di te .

 

 

LA NOTTE DI SAN LORENZO

Era la notte di San Lorenzo
cadde una stella illuminando il lago
mentre un addio uccideva un sogno
piano suonavo...

seduto in mezzo tra la pietra e il pino
come un dolcissimo deserto
fatto di dune e di memorie
buio scoperto...

Ho visto nascere e morire luci
nel vento buono di collina
ho chiuso gli occhi la mattina
dormendo sul confine...

gli equilibristi sono erbe matte
sognano solo desideri
in viaggio fanno curve strette
senza pensieri...

Era la notte di San Lorenzo
fatta di atlantiche illusioni
e di pacifiche scoperte
indie deserte...

ho ridipinto gli orizzonti persi
lasciando solo tracce chiare
di questa tenebra lucente
voglio cantare....

Ho visto nascere e morire luci
nel vento buono di collina
ho chiuso gli occhi la mattina
dormendo sul confine...

gli equilibristi sono erbe matte
sognano solo desideri
in viaggio fanno curve strette
senza pensieri...

 

IL MILLEPIEDI

In un mattino di primavera
dai mille boccioli di rosa nera
posati a terra da un vento distante
da un amore grande

il millepiedi triste e senza scarpe
posò le braccia come fosse niente
dimenticò la sua tristezza assente
perso tra la gente

è la canzone del millepiedi
sei fortunato tu che lo vedi
cammina lemme lemme piano piano
fa ciao con la mano

è la fortuna dei calzolai
e passa indenne attraverso i guai
sorride e canta "vecchio scarpone"
che è la sua canzone

ma tu vorresti come un millepiedi
sentire anche i passi che non vedi
moltiplicando lacrime e sudore
sopra i prati in fiore

si tu vorresti come un millepiedi
sentire anche i passi che non vedi
moltiplicando lacrime e sudore
sopra i prati in fiore.

 

Claudio Sanfilippo con Filippo Davoli


"Come ben esprime la copertina, queste fotografie musicali sono ami che tendono tranelli e lasciano legati, ma sono anche ali che risalgono il mare e fanno arrivare alle terre sognate. Magari su onde di schiuma. Bravo Sanfilippo!"

Paolo De Bernardin - Musica! di "Repubblica"

 

 

VI RACCONTO DI MINA ... UN GUSTOSO ANEDDOTO

Siamo nel 1999, sono sul lago di Garda con mia moglie dove abbiamo la fortuna di avere una casa. A pochi chilometri, in quel di Salò c'è un magnifico albergo (una villa liberty che fu sede del ministero degli esteri durante la Repubblica di Salò). Lì Mina ritorna di tanto in tanto, a sorpresa, per mangiare con il suo compagno, memore del periodo in cui, nei sessanta, era ospite di quel posto per le riprese dello spot della cedrata Tassoni, che è appunto di Salò. La mia amica Nico mi chiama e mi fa "c'è qui Mina, se passi c'è il caso che vi conosciate, vediamo un po' com'è l'atmosfera ...". Mina, come ben sapete ha un concetto sacro della privacy. In due parole: se lei è lì a mangiare e viene riconosciuta e avvicinata c'è la possibilità che interrompa la cena e saluti tutti. Quindi, massima attenzione. Quando andai a Lugano a sentire in anteprima la sua versione di Stile Libero mi incontrai solo con Massimiliano, lei mi recapitò i suoi complimenti attarverso suo figlio. Così presi la macchina, e una copia cellophanata di Stile Libero, con la mia versione della canzone, che casualmente avevo a portata di mano. La mia amica sussurrò a Mina della mia presenza e a fine cena la incontrai al bancone del bar, io, lei e il bartender. Emozione a mille. Lei, splendida, di una semplicità luccicante, io senza molte parole. Avrei voluto chiederle una foto insieme, ma non avevo avuto il cuore di portarmi appresso la camera. Mi fece i complimenti per il provino di chitarra e voce che le avevo mandato, io confusamente balbettavo qualcosa, lei insisteva nel dire che quasi sempre l'autore di una canzone è il miglior interprete della canzone stessa. Mah, le dissi, è vero qualche volta, per esempio mi venne in mente di citare "Calling You", dalla colonna sonora di Baghdad cafè, che è sicuramente più intensa nella versione maschile dell'autore anche se la versione della cantante che aveva avuto successo era certamente più roboante. Lei attaccò a cantarla (giuro) e mi coinvolse nella partita. Insomma, stavo cantando con Mina ! Così, prima di salutarla, tirai fuori la copia del mio cd e gliela regalai. Lo aprì immediatamente e, colmo dei colmi (ma a me queste cose capitano spesso, chiedere a mia moglie) nella scatola non c'era il cd, un errore della macchina confezionatrice. Probabilità dell'errore, 1 copia su 50.000. Quella copia lì, porca vacca. Così la mia amica Nico corse a casa sua a perdifiato (tipo 300 metri da lì) e andò a prendere la sua copia, e così le consegnai l'intero malloppo, e ci facemmo due risate.

Claudio Sanfilippo

 

 

Claudio, che è un grande intenditore di buon cibo e migliori vini, stava un bel giorno lungo i Navigli a pasteggiare felice con amici, quando vedono un tipo che si spoglia e si tuffa in acqua !!! Choc generale, ma il tipo nuota sott'acqua e riemerge con un po' di belle ranocchiette che vorrebbe vendere ai presenti. Vive di quello, dice... Il "Sanfi" non si fa scappare l'occasione e, preso da un vento felicissimo d'ispirazione, compone STILE LIBERO.
Del resto, tutto il suo intero disco STILE LIBERO è di una bellezza inusitata (come, peraltro, il successivo ISOLE NELLA CORRENTE). Ecco, il Sanfi è uno che meriterebbe davvero un'attenzione diversa nel panorama autorale e cantautorale nazionale. Io, in compenso, sono felice di annoverarlo tra i miei migliori amici in assoluto.

Filippo Davoli

 

Quando "Sanfi" andò al Tenco (e vinse la Targa Tenco per la miglior opera prima), il suo discografico non aveva ancora pronto il disco. Che è uscito dopo qualche mese (bruciandosi più di qualcosa nelle vendite). Tuttavia riuscì ad andare egualmente esaurito e quindi mai più ristampato: della serie che chi ce l' ha ce l' ha. Oddio, una cosa potremmo farla, eh... (mi viene un'idea): posso chiedere a "Sanfi" se, ai primi di settembre (perché fino a quel periodo è incasinatissimo) organizziamo una cenetta per noi di questo forum (*) e lui ce la canta live!

Filippo Davoli

(*) : Forum del sito ufficiale di Ottavio Buonomo

 

 

STILE LIBERO ... ECCO COS'E' !

Sulla lavorazione di Stile Libero potrei annoiarvi, cerco di essere supersintetico. E' stata un'esperienza umanamente altissima ancor prima che sul piano musicale. Un mese circa di lavorazione, incastrando tutti i musicisti, gli impegni di lavoro, il budget che ansimava. Tasso alcolico sempre medio-alto, con vini di totale livello anche perchè sul versante enoico dico la mia. Ricordo che portai un studio uno scatolone di Riedel, bicchieri di cristallo austriaci da sommelier e un rifornimento di bottiglie piuttosto sontuose. Ricordo Umberto Tenaglia e Alberto Tafuri (insieme a Vittorio Cosma, i pianisti) registrare le loro parti sempre con la loro dose di Sauternes, che bene si addiceva a entrambi. Rinaldo Donati, il titolare dello studio che poi avrebbe anche arrangiato i miei dischi successivi, che cercava di mantenere la concentrazione altissima nonostante le mie continue offerte di calice. Savè, che non è un grande bevitore, che si trastullava di Bailey's mentre scriveva gli arrangiamenti, e poi Elio Rivagli e Paolino Dalla Porta che, senza saperlo, avevo riunito dopo vent'anni (insieme formarono la loro prima jazz band), e poi Marco Brioschi e il suo suono così vicino a quello di Chet, e Pierone Milesi che stava arrangiando il quartetto d'archi per Stile Libero e nel frattempo cominciava a ragionare sui primi arrangiamenti che poi avrebbe fatto per Anime Salve di Fabrizio De Andrè. E tutti gli altri. Ogni giorno in studio si vestiva di una magica elettricità, c'era davvero un'atmosfera da officina della musica, tutti hanno concorso a questo album in modo assolutamente squisito, senza calcolo e per puro amore della musica che dovevamo incidere. Il fatto che si trattasse dei miei brani passava come qualcosa di incidentale, come se davanti avessimo un vero obbiettivo comune che riguardava prima di tutto la propria sensibilità, la propria capacità di lavorare insieme. Irripetibile. Ricordo che quando abbiamo licenziato i nastri e siamo andati a masterizzare c'era perfino un velo di tristezza per una piccola storia che stava volgendo al termine. Mi fecero anche uno scherzo tremendo, Savè finse di essersi maciullato il tendine del polso destro con diversi complici che Scherzi a parte se li sogna, mi fecero correre a perdifiato dall'ufficio nel mezzo di un pomeriggio di pioggia, mi avevano diagnosticato una situazione piuttosto grave. Un finto medico che parlava di carriera musicale finita, Savè disteso su un divano pieno di sangue che si lamentava e fingeva di essere intontito da un sonnifero e Rinaldo che piangeva con lacrime vere (poi ho scoperto che piangeva dal ridere ma io, nel marasma, ci avevo creduto). Quando ho scoperto l'inghippo (dopo mezz'ora buona) li ho presi tutti a pedate nel culo per un quarto d'ora. Rossana Casale la conoscevo da qualche anno e insieme a Savè (Francesco Saverio Porciello) decidemmo che era lei quella giusta per Muchacha. Mi diede l'appuntamento , giorno e ora, con un mese e mezzo di anticipo. Arrivò puntualissima, ascoltò la canzone e in quarto d'ora avevamo cantato. Al Tenco dell'anno dopo le chiesi se per caso lei era lì per altre cose perchè in quel caso mi sarebbe piaciuto cantare dal vivo insieme a lei. Non aveva in progetto di andarci e così prese la scusa e si presentò sul palco con me, facendomi un bellissimo regalo. Grande Rossana. Eugenio è un mio amico da tanti anni, Marietto gli piaceva molto e ci mise pure la zampa scrivendo il testo del "ponte" prima dell'ultima strofa. Lui è un cantante eccezionale, credo sia l'unico in grado davvero di cantare tutti i generi. Un mostro di bravura vocale. Carlo Marrale, il bimbo dei Matia, è una persona squisita che abitava a Milano a un passo da casa mia. Finissimo chitarrista e morbidissima voce, quell'avventura fu l'inizio di un'amicizia che continua, abbiamo anche scritto delle cose insieme, chissà se un giorno saranno pubblicate.

Claudio Sanfilippo

 

 

In un'osteria di Milano - di Paolo Driussi

Questo raccontino nasce in un'osteria di Milano, tra una bevuta, un po' di formaggio e pane.

La giornata era grigia e lui non riusciva ad ammirare i naturali splendori di quella città ed era pure senza un tetto sotto cui ripararsi. Lavoro, che dico? Una sia pur minima occupazione: niente di niente. Bisogna anche dire che lui non faceva il benché minimo sforzo per procurarsene uno. Una sua scelta. Vagabondò un po' per la città. Un pittore verso mezzogiorno divise con lui uno sfilatino di pane. Gli offrì anche del formaggio e del vino. Poi gli sorrise e intanto che c'era lui gli rifilò anche un bacio. E il pittore si chiese meravigliato: "Ma che c'entra il bacio?". Ma si vedeva che era divertito. Il pittore gli disse che quello era il suo posto abituale e che lo avrebbe trovato sempre lì. Di venire quando voleva, ché si sarebbe mangiato e bevuto insieme. Almeno finché i tempi grami scomparissero, no? E lui lo ringraziò. Passò il pomeriggio vagabondando per Milano. Poi venne sera. Poi sopraggiunse la notte. La giornata era stata grigia e la notte si preannunciava fredda e lui era senza un tetto sotto cui ripararsi. Si avviò verso via Procaccini, dove ci stava un buon signore anziano che si faceva in quattro per ospitare i senza tetto. Bussò alla porta ma non fu accettato perché il luogo era ormai pieno di gente, come lui, derelitta. "Ma che rogna nera", pensò, "neppure tra i barboni mi vogliono, ma che vita di merda." Prese a sacramentare contro dio e i santi, madonne comprese, e, così concionando s’imbatté in un cartellone pubblicitario che raffigurava Ornella Muti, o forse era Barbara De Rossi, o chissà, magari Eva Grimaldi, e lui la vide danzare, la vide sorridergli, la vide spogliarsi. Quel povèr omèn scosse la testa, sorrise, e riprese il cammino finché arrivò nei pressi del Castello Sforzesco. C’era un parco e si disse che "Va bene così, dormirò su una panchina". Poi, curioso, si mise ad osservare qualche vetrina illuminata finché s’imbatté in un dipinto. Era una riproduzione della Venere del Botticelli, laddove, nuda, essa sorge dalle acque. E lui la fissò affascinato, si perse in quell’apparizione inaspettata grondante acqua fresca anche se non si vedeva una goccia da tanto il corpo era levigato e perfetto. Si perse in quel dono inaspettato. Poi si emozionò come successe con la Ornella Muti, o chi per essa. Ebbe paura che scomparisse anch'essa. La guardò a lungo finché riuscì ad evocarne i movimenti. E solitudini e angosce fuoriuscirono violentemente, mischiandosi alle onde del mare di Venere risorgente. Sentì come dei brividi corrergli per la schiena e si avviò di fretta nel parco. Si stese su una panchina e si raggomitolò come fanno i gatti. Sorrise pensando alla sua amata Venere.


Al mattino presto fu svegliato dal punzecchiamento di una scopa che lo infastidiva in tutte le parti del corpo. Era la scopa di uno spazzino, la quale lo invogliava a sloggiare immediatamente da quel luogo.
A mezzogiorno era al Naviglio. Desiderava ritrovare quel giovane pittore che con lui, il giorno prima, aveva diviso pane, formaggio e vino e gli aveva dato un bacio. Lo ritrovò, e il pittore gli sorrise e lui lo baciò come avrebbe baciato un amico perso da tempo e inaspettatamente ritrovato. Il pittore divise con lui i suoi viveri. E di nuovo venne notte. E il suo nuovo amico lo invitò a casa sua. E lui accettò con entusiasmo. Il pittore abitava in una soffitta, dove sul cavalletto c’era una tela che raffigurava, incompleta, la Venere del Botticelli sorgente dalle acque. Ebbe come un attimo di smarrimento, mentre additava il quadro al pittore. Era un muto interrogativo; e quello lo ragguagliò spiegandogli che, per campare, riproduceva per i rigattieri della zona dipinti di grandi pittori che poi loro esponevano nelle vetrine dei negozi.
E lui allora rise e lo baciò. E lo baciò a lungo. Golosamente. E il pittore rispose al bacio. Poi andarono a letto e la notte fu solamente loro.
Il mattino dopo rivide l'opera. Un raggio di sole si rifrangeva sulle spume facendole risplendere e lui, affascinato, non riusciva a distogliere gli occhi dalla Venere. Racconta, a mo' di conclusione di quella storia, che il pittore, vistolo perso in contemplazione di quell'opera scopiazzata, ridendo gli si avvicinò e gli disse che aveva delle belle labbra: "Posso baciarle?" e lui fece cenno di sì e ricambiò il bacio.
Dice che il pittore, poi, gli chiese, così, sul divertito, se amasse più Venere o lui. Pensò alle notti diacce, ai marciapiedi, a Ornella Muti, o chi per essa, e allo spazzino e alla fame e tanta fame, e gli disse che amava più lui che la Venere del Botticelli. Anche se sorgente dalle acque.
Lo guardo. Ha l'occhio spento. Tracanna vino e si perde nei sogni. Non racconta più. Bofonchia solo qualche cosa di incomprensibile. Poi arriva l'oste. Dice che è l'ora della chiusura. "Via, via, fiò, se no arivèn i ghisa e me dan la mùlta..." Poi l'oste mi guarda e mi chiede se ha raccontato anche a me la storia della Venere. E io gli rispondo che sì, l'ha raccontata anche a me quella storia... e l'oste scuote la testa e mormora: "L'è vint'ann chèl cunta la stesa storia. E ogni tanto cambia il nome dell'attrice del manifesto; qualche volta dice che si chiama Ornella Muti, a volte dice che si tratta di Barbara De Rossi, non ci faccia caso, eh? caro signore, 'sti tipi sono tutti uguali, dei gran casciaball, raccontano frottole... lo guardi, sta in piedi per miracolo...".


Lo accompagnai fuori dall'osteria e ci avviammo verso la Ripa Ticinese. Le case della Ripa – bellissime case – non si riflettevano nelle acque del Naviglio perché erano così sozze e untuose da non riuscire a captare neppure le luci del tramonto. Lui guardò, piegò i vestiti sulla strada e si tuffò nel Naviglio mentre il tramonto ci arrossava. Nuotò ed io e l’oste lo seguimmo dalle sponde tra gente, macchine tramvai su quelle onde. Poi lo vidi smettere di nuotare di colpo vicino ad una vetrina di rigattiere, fiocamente illuminata dalle luci della notte. Si mise a fissare un dipinto esposto. Rappresentava una ragazzina riccioluta dipinta nell'atto di lavarsi le sue affusolate gambe in un ruscello. Il pittore si era preoccupato di mettere in gran luce quelle gambe. Un dipinto di nessun valore. Riemerse dal Naviglio, si vestì cantando "Recondita armonia, di bellezze diverse! E’ bruna Floria, l’ardente amante mia, e te, beltade ignota cinta di chiome bionde!".
Guardai quel povèr omèn, quel poeta a sua insaputa, che riesce, evocando un desiderio, a far rivivere anche le nature morte. Il suo occhio era fisso sulle gambe di quella ragazza. Poi lo udii sospirare rumorosamente. Poi si volse e mi chiese se poteva darmi un bacio. Risposi di no "Grazie, sa, tengo un forte raffreddore, non vorrei influenzarla" e lui sorrise un po' storto, come sorride mio nonno quando è contrariato per qualche cosa, e poi mi sussurrò: "Ha visto anche lei?". "Visto che cosa?" "La ragazza, la guardi, non vede come si muove? Ora si sta lavando anche lì sotto, ma non vede proprio niente?" Non risposi. Fumammo sigarette bionde, si galleggiava nel pernod su quelle onde.


Sala d'ascolto

Ascolta il clip audio di 2 brani di Claudio Sanfilippo

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Ali

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Per ascoltare cliccare su "Ascolta", per scaricare il clip audio sul proprio hard disk cliccare con il tasto destro del mouse, scegliere la voce "Salva oggetto con nome" e  scegliere la directory da predestinare il file audio in formato wav.

Si ringrazia Paolo Driussi per il racconto "In un'osteria di Milano"

 

 

Visita il sito ufficiale di Claudio Sanfilippo 

www.claudiosanfilippo.it

 

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