Spazi laceri

LA LIBECCIATA

Ella porta via
strati di polvere
nell'aria.

Riparo il sentimento
dalla pioggia, d'offese
da tiranni.

Di queste mie ignoranti genti,
porto i brividi
del loro odio.

Desidero solo la morte ...

e abbandonandomi
vorrei sparire
alla fonte del mio male.

FONTE MORTA

L'amara sconfitta,
la voglia di belare
e aggredire il lupo
che divorava l'avaro Regno
di coloro che mangiano
stessi esseri
diverse ideologie,
era impetuosa
e la mente errava
e non pensava altro.

Orrido, come Efesto, 
allevato da mie dee,
mi sentivo felice
e tradito da un'assente madre.
Ero un comprato,
perso nei sassi
e nell'asfalto caldo ....
con la voglia di fuggire,
sentivo le urla
di sconosciute maestre
e di muti uomini
che mi barravano la via,
chiudevano i cancelli,
ammonivano i miei ritardi
e io muto,
inetto,
adottato da indegni
ma di cuore diverso da chi
mi abbandonò fanciullo.

Stanco,
continuavo a procedere
per le mie vie
lontane da quelle
percorse dall'ansia
e nella consapevolezza
di essere fuori
da una vita di norma,
e di essere inserito,
ahimè,
in un sistema lento,
che mi costruiva
la via per l'Inferno ...

Non son di fuoco
le visioni che m'appaiono,
sono bel altre.
Altre ...

E altre ancora morivano
all'ombra del senso
e io con loro
felice di finire ...
perso nello strano inizio.

Vita che va
inferno che ritrovo,
morti ciechi e 
anime in pena.

 

EPILOGO


Non amo più.

Ogni stimolo è morto,
ogni pensiero
è voltato all'impossibile.

Basta.

Io, tradito
e mortificato,
non sento la vita.

Addio.

Le ultime parole
perse nel dubbio
accompagnano la fine.

La vita.

Scompare
nell'inesistente
contemporaneità.

 

L'ESILIO

Traspare tra nessuno
e tra un perchè
confuso e superficiale
quest'anima lacerata
da anni di soprusi,
offesa e assassinata
da pensieri confusi
e mesti.

Nel caldo autunno
la mia persona
corpulenta e ingenua
scomparve nel nulla.
I ricchi d'avere
e i vuoti d'essere
e d'animo buono
si sporgevano al caso.

Chissà dov'è,
si chiedono ...
un perchè che
non avrà mai risposta,
e la motivazione
è la consapevolezza
del sapere che tali
non capiranno.

L'odore dell'erba
bruciata dai vili
è tale che mi soffoca
e mi trasporta.
Dannato fui e sono ...
ma della vita che
m'ha sempre illuso
ora ne resta solo
un pallido ricordo.

 

LE NUVOLE

Scheletri abbandonati
nell'infinito,
bianchi.
Muto ascolto
il pianto del giorno,
sereno al cielo
lo sguardo si posa.

 

PENSIERI MONDANI

La terrazza era colma di ignoti
che credevano d'essere padroni
di un universo a me sconosciuto.
Figli di un dio materializzato.

Il mondo mi crollava sotto i piedi,
e tutti intorno a me
giocavano le sorti della mia esistenza.
Io muto, li guardavo smaliziato.

Nessuno di loro
mi avrebbe mai rivolto la parola
i miei vestiti erano sporchi
e le mie parole sapevano di giustizia.

La mia mente spazia nelle altre,
i loro pensieri mi disgustano,
la superficialità e l'inesattezza
delle loro supposizioni mi rabbrividiva.

La pretesa di sapere di alcuni di loro,
mi tormentava e mi induceva a cedere
in uno studio disperato e inutile,
alla ricerca di parole mai nate prima.

L'Universo racchiuso in venti persone,
e la loro ignoranza accecava
i miei sogni e i miei desideri e 
la sete repressa della voglia di sapere.

Le parole, nemiche di queste genti,
negli ambienti crudi e spaziosi
servivano appena a riempire
un disgustoso senso di amarezza.

La solitudine mentale
e in un solo urlo
tante parole scandite
dalla voglia di fuggire.

I loro rettili reprimevano
il mio respiro,
e facevano cadere dal nulla
i miei pensieri più poveri.

 

STASERA SO' MUORTO

Nun me chiammate,
nun me cercate,
chiagniteme ...

Chiagniteme e priateme,
mò songh'ì 'o festeggiato,
stongh'ì "mmiezzo.

Guardateme,
vestiteme,
serviteme.

Sò "mmuorto nun vedite ?
aggia 'nzerrate l'uocchie,
nun me movo.

Songh'ì 'o festeggiato,
songh'i l'attrazione,
songh'ì ca me diverto e ...

... e vuje chiagnite !

 

ZUCCHERO E CAFE'

Condoglianze donna "Mmaculata,
comm'è "gghiute, comm'è stato !?
chillo steve accussì bello
se purtave buono 'o vicchiariello.

Puro si nun è niente signora mì
accettate chestu zucchero e cafè,
'ca ve dà forza all'anema
'ca fa scetà 'e muorto.

- Fa scetà 'e muorte ?
Fosse 'a Maronna !
Ma site venute 'pe fà 'a devuzione
o site venute a sfottere ? ... -

 

CHI MI HA UCCISO

I pregiudizi e
le parole miste
col sarcasmo e
la ferrea ironia

mi hanno ucciso e
dopo di me
un bambino che
piangeva solo
nel cupo nido.

Le storie vecchie
raccontate ai futuri,
rimasero tali. 
Da me sepolte giacevano
morte.

Sputarono sopra
il canto che morì
con me, per me.

Nobile è colui
che ama tacere,
che si spaventa.

Beato è chi pensa
di sentirsi criminalizzato
da parole sconosciute.

Sarà l'assassino muto
che mi ucciderà ?

Sperano in lui,
credendo in lui.

Un solo colpo e la mia mano
smetterà di scrivere.

 

SENZA TITOLO

(Composizione napoletana senza titolo del 16 agosto 2003)

'Nu ventariello me sfrangia 'e capille,
doce se ne fuje
e trase dint'e "ccase.

Và 'nu penziero int'a notte,
se culora
e se ne vola.

Da stu barcone asteca e cielo,
veco 'a muntagna ...
se squaglia 'nterra.

More affucata 'na voce,
sientela tu
p'allurdema vota.

 

A IGINIO UGO TARCHETTI

Io, come l'oggi sconosciuto Tarchetti,
vedo altre,
guardo altro 

l'interno,
il margine lo escludo,
il vuoto è immagine,
il fine c'è

nascosto giace.

La parte spettrale
non m'appare
ipocrita e falsa fanciulla
ti odio

e stranamente t'amo.

 

L'AMICO DI PINOCCHIO

Le mie gambe stanche
reggono il peso
di una giornata
di bagordi e ingordigie,
zingarate e monellerie,
e insieme e te
ho perduto l'onesto viso
ma ho ritrovato la libertà.

Non ricordavo più 
il sapore di frittelle rubate,
mangiate in fretta
e con il cuore in gola,
da tanto non venivo inseguito
per essere stato me stesso
e per aver vinto la lotta
contro i grilli della coscienza.

La nostra divertente ingenuità
fa paura ai moralisti,
ai divoratori di anime 
e non del caldo e puro fuoco.
Ho navigato il corpo della fata,
rendendola peccatrice
e a te ho lasciato
il silenzio di un ricordo.

 

JATEVENNE DA LU REGNO

(Ballata 'e Franceschiello)

Iatevenne piemuntise
nuje vulimme a Franceschiello
tarantella e susamielle,
tiritommole e pazielle,
allummate e caccavelle ...
'o ritorno 'e Masaniello.

Iatevenne iatevenne
'e spagnuole 'sti fetiente,
jesce fore jesce fore
tutto a nuje e niente a loro.

Sò turnate 'ncoppo 'o mare
'li sfrangiuse 'nfrangesate ...
"ccà nun se guaragna niente
'o putere è "dde fetiente.

Tiritì tirità
jesce fore paisà,
tiritì tiritè
primma a te e doppo a me,
tiritì tiritù
nun tenimme niente "cchiù ...

 

MI ARRENDO

Mi arrendo a un mondo
che non mi lascia ingrassare in pace,
che mi guarda dall'alto al basso
critica e giudica i miei movimenti.

Mi arrendo all'inabilità delle mie mani,
mi strazio ascoltando il rumore del vento
e con la vergogna di un pianto liberatorio
mi rannicchio sotto il peso dello studio.

Mi arrendo ai linguacciuti
che mi sputano addosso la loro ignoranza,
m'affogano in un mare a me sconosciuto
e mi lasciano morire dimenticandomi presto.

Mi arrendo ai milioni di parole
che io purtroppo, ancora non conosco,
che mi sottraggono tanto tempo per crescere
e per cominciare ad amare una cara fanciulla.

Mi arrendo a me stesso,
alla cattiveria delle mie parole e
dei miei assurdi e incompresi scritti ...

 

ALTRI

L' adre volto della castalda
m'aiutava a pensare
che c'è l'oltre .

Le genti aduste
m'insegnavano a correre
tra le foglie morte.

Le querimonie dei nati
m'apparivano ostacoli
al raro silenzio.

Indarno sognavo
una realtà desiderata
ma inesistente

e che mi distraeva.

 

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